Diritti

Naufragio Grecia: “La Guardia costiera ellenica è responsabile”

Secondo la ricostruzione di Guardian, ARD/NDR/Funk e Solomon, nel tentativo di trainare il peschereccio che trasportava almeno 700 migranti, le autorità ne avrebbero provocato il ribaltamento
Credit: Stringer/File Photo
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 luglio 2023 Aggiornato alle 15:15

Il 14 giugno, dopo che un peschereccio su cui viaggiavano almeno 700 persone si è capovolto nel Mediterraneo, a largo delle coste della Grecia, la Guardia costiera greca (Hcg) ha dichiarato che i migranti a bordo avevano rifiutato varie offerte d’aiuto prima del naufragio. Nelle settimane successive, diverse inchieste hanno tentato di ricostruire l’accaduto, rivalutando il ruolo della Limenikò Sòma − Ellinikì Aktofylakì. Ora, una nuova ricostruzione di quella notte, con l’utilizzo di un modello 3D interattivo, mostrerebbe che i tentativi della guardia costiera greca di rimorchiare l’imbarcazione potrebbero averne causato l’affondamento.

L’inchiesta è stata realizzata dal Guardian, dall’emittente pubblica tedesca ARD e dall’organizzazione senza scopo di lucro greca Solomon in collaborazione con l’agenzia di ricerca Forensis, fondata da Forensic Architecture, che indaga le violazioni dei diritti umani utilizzando tecniche e tecnologie architettoniche. Si tratta della “ricostruzione più completa, fino a oggi, della rotta che il peschereccio Adriana ha seguito fino all’affondamento - si legge sul sito di Solomon - con oltre 600 persone annegate mentre era sotto la supervisione di autorità greche ed europee”.

Per ricostruire quella notte, reporter e ricercatori hanno condotto 26 interviste con i sopravvissuti alla traversata, partita dalle coste della Libia, e attinto agli atti del tribunale e alle fonti della Guardia costiera. Le 104 persone migranti che si sono salvate contestano all’unanimità il racconto della Guardia costiera greca, che fin da subito ha dichiarato di aver offerto supporto alle persone a bordo, ma che queste non l’avrebbero accettato.

Inoltre, le autorità sostengono che la barca si sarebbe capovolta a causa di un improvviso spostamento di peso. Ma la verità, dicono i 104 testimoni, è un’altra: l’imbarcazione sarebbe affondata a causa del tentativo della Guardia costiera ellenica di rimorchiarla nelle acque italiane.

L’inchiesta avrebbe portato alla luce anche nuove prove, tra cui la presenza di una nave della guardia costiera ormeggiata in un porto più vicino, ma mai inviata per l’incidente, e la mancata risposta delle autorità greche non 2, come precedentemente riportato, ma ben 3 volte alle offerte di assistenza da parte di Frontex, l’agenzia dell’Ue per le frontiere e la guardia costiera.

La “piattaforma cartografica interattiva” realizzata dai ricercatori di Forensis mappa l’itinerario della barca di migranti dal punto di partenza sulla costa libica orientale fino al punto in cui è affondata all’interno della zona greca di ricerca e salvataggio (Sar) in acque internazionali”, spiegano. La ricostruzione riunisce “diverse fonti di informazioni, dalle interviste ai sopravvissuti, realizzate mostrando loro un modello 3D dell’imbarcazione, ai segnali di soccorso condivisi dai passeggeri della nave; da video e fotografie del peschereccio ripresi dall’Hcg, da Frontex e dalle navi mercantili vicine”, alle immagini satellitari e le testimonianze consegnate alle autorità greche dal comandante della nave Hcg ΠΠΛΣ 920, che era presente sulla scena.

I testimoni hanno anche descritto le condizioni del viaggio: secondo i loro racconti la barca si è persa, navigando senza attrezzatura e orientandosi principalmente con la posizione del Sole. Le scorte si stavano esaurendo, e prima ancora che avvenisse il ribaltamento 2 persone sarebbero morte per disidratazione. Poco prima delle 2 di notte il motore della barca si sarebbe fermato, ed è allora che la nave della Guardia costiera si sarebbe avvicinata alla loro imbarcazione, con la poppa che toccava la prua, e un uomo mascherato avrebbe legato una corda alla loro ringhiera.

I tentativi (fallimentari) di trainare la barca sarebbero stati 2: la prima volta la corda si sarebbe spezzata, la seconda la Guardia costiera si sarebbe allontanata più velocemente, “facendo oscillare la barca dei migranti a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e infine capovolgendosi a destra”. A quel punto, “il ΠΠΛΣ 920 è uscito di scena, creando grandi onde sulla sua scia che hanno reso difficile il nuoto e, secondo i sopravvissuti, hanno ulteriormente accelerato l’affondamento della barca”.

Solo dopo 20-30 minuti, con l’imbarcazione completamente affondata, a 47 miglia nautiche al largo di Pylos, nella Grecia sud-occidentale, la Guardia costiera avrebbe inviato un gommone per cercare i sopravvissuti. “La nostra analisi suggerisce fortemente che la Guardia costiera ellenica ha la responsabilità cruciale del naufragio” e che abbia tentato “di distorcere la narrazione dell’evento”.

In assenza di prove visive, però, le circostanze esatte del naufragio non possono essere provate in modo definitivo. Ma perché la nave della Guardia costiera greca, che ha confermato la sua presenza sulla scena, non ha registrato l’operazione con le sue telecamere termiche? La nave è stata finanziata al 90% dall’Ue per supportare Frontex in Grecia, che raccomanda, “se possibile”, di documentare via video “tutte le azioni intraprese dai mezzi cofinanziati da Frontex”. Nelle dichiarazioni ufficiali, Hcg ha dichiarato che l’operazione non è stata registrata perché l’equipaggio era concentrato sulle operazioni di salvataggio, nonostante le telecamere non abbiano bisogno di un costante controllo manuale.

Ma non sarebbe la prima volta che accade un episodio simile, secondo il Guardian: nel 2014 un tentativo di rimorchiare una barca di profughi al largo della costa di Farmakonisi è costato la vita a 11 persone. I tribunali greci hanno assolto la Guardia costiera, ma la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2022 ha condannato le autorità greche per non aver protetto la vita dei migranti durante l’operazione di salvataggio nel Mar Egeo.

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