Diritti

Test di medicina: perché andrebbe abolito

Alimentano il business dei corsi per chi ha soldi. Ed escludono chi ha talento ma non può pagare. O chi non ha tempo, perché magari lavora
Credit: Shedrack Salami

È stato definito come il più grande scandalo relativo ai test universitari per l’ingresso a Medicina quello di recente scoperto, e denunciato, da uno studio di avvocati.

In pratica, le risposte dei futuri test venivano passate su Telegram dietro versamento su paypal.

Tuttavia, se ben si riflette sulla notizia, lo scandalo appare altro.

Certamente, non si tratta della prima volta, probabilmente esiste un vero e proprio mercato nero di queste risposte. Ma di fronte a casi del genere la risposta punitiva è sbagliata e inutile, perché se esiste questo scambio il motivo va cercato altrove. Ovvero, semplicemente, nell’assurda complessità di questi test.

Difficilissimi, ardui, tanto che, diciamolo, servirebbe già una laurea in fisica, biologia, medicina per rispondere.

Un business sulle spalle delle famiglie

Tempo fa acquistai il libro per i test per le professioni sanitarie. Per curiosità.

Un tomo da migliaia di pagine dove personalmente non riuscivo neanche a rispondere alle domande di italiano. Non difficile, di più.

E la domanda che mi passava in testa era questa: ma che senso ha richiedere queste competenze prima di entrare quando sono quelle che andrebbero acquisite dopo?

Perché mettere questo collo di bottiglia spaventoso, che genera mostri come la compravendita su Telegram? Ma genera anche altri mostri, come le decine di manuali costosissimi, oppure, ormai tanto in voga, le settimane di preparazione a migliaia di euro?

Diciamo la verità: dietro ai test per le professioni sanitarie si è creato un business vergognoso sulle spalle delle famiglie.

Un business che andrebbe abolito, ma possiamo solo immaginare la pressione di queste lobby, che con l’eliminazione dei test perderebbero le loro notevolissime entrate.

Se anche i migliori restano fuori

Bisogna poi domandarsi: questi test davvero selezionano i migliori? Sono inclusivi oppure escludono?

Perché chi ha molto tempo per studiare, chi ha una famiglia alle spalle disposta a pagare per la preparazione, forse può farcela. Ma chi non ha i soldi? O chi, pure, già lavora, ma vorrebbe lasciarsi alle spalle un impiego precario e malpagato per prendersi una laurea che gli consentirebbe una vita migliore? Come fa a studiare migliaia e migliaia di quiz, che sono, ripeto difficilissimi?

Abbiamo bisogno di medici. Che senso ha questo numero chiuso che strozza anche i più bravi?

Certo, forse non si possono accogliere tutti, ma com’è noto esiste una scrematura naturale e fisiologica dopo il primo anno.

Non basterebbe dare un punteggio più alto a chi ha un alto voto di maturità, aggiungendo magari un colloquio motivazionale? Perché non si fa diversamente?

Non basta aumentare il numero dei posti, questo tipo di selezione andrebbe eliminato o radicalmente cambiato. Perché soffocante e anche, direi, letteralmente persecutorio.

La frustrazione di chi lavora ma vorrebbe formarsi

La questione porta con sé un altro tema, pure distinto. Quello degli studenti lavoratori.

Ho conosciuto una estetista molto brava che vorrebbe specializzarsi in podologia. Laurea triennale che rientra nelle professioni sanitarie, dunque sempre il solito angosciante test.

Non ha tempo per studiare, ha un’attività in proprio. Per questo non riesce a passare il test.

Per lei il problema è anche un altro, però. Avrebbe bisogno di lezioni serali, o durante i week-end, perché, appunto, lavora. E questo è un altro enorme problema, perché gli studenti lavoratori le università pubbliche praticamente li ignorano.

L’offerta didattica e l’organizzazione del corso è sempre rivolta ai diciannovenni privi di lavoro. Ed è insensato, a mio avviso, visto che le università sono in crisi, perché gli studenti sono sempre meno. È insensato perché là fuori c’è un mondo di lavoratori stanchi o frustrati dal loro lavoro che vorrebbero imparare, vorrebbero ri-formarsi e non riescono: per gli ostacoli, primo tra tutti il test di ingresso.

La piaga delle università telematiche

Per come sono fatti, i test di ingresso a mio avviso andrebbero tolti. Ormai sono dovunque, e appaiono solo un modo molto comodo per le università per ridursi il lavoro. Ma non sono inclusivi, ripeto, perché le condizioni di partenza non possono essere uguali, anche a parità di intelligenza.

Non ci scandalizziamo poi se tutti quelli che hanno difficoltà o lavorano finiscono in queste università on line, di qualità spesso bassa, talvolta persino coinvolte in inchieste giudiziarie.

Equiparate dal Miur anni fa a quelle vere e proprie, con una scelta folle e dissennata, ora fanno laureare la gente spesso proponendogli facili dispense scritte da loro ed evitando tutta la burocrazia possibile.

E chi lavora non può fare altrimenti che pagare enti a cui nessuno chiede ricerca, e che nessuno, a quanto pare, valuta davvero seriamente. Che preparazione ha chi esce da queste università?

Inoltre, per ovvi motivi non forniscono i corsi di laurea più difficili ma anche più richiesti dal mondo del lavoro, come medicina e le altre professioni sanitarie, per esempio.

Università, un quadro desolante

Ragazzi che cercano disperatamente di entrare a Medicina.

Ragazzi che falliscono e devono ripiegare su altro perché non hanno i soldi per i famigerati corsi. Lavoratori che vorrebbero studiare e sono respinti dai test e dalla burocrazia, oltre che dagli orari delle lezioni.

Nessun reddito se sei povero e vuoi studiare, le borse di studio si contano sulle dita di una mano.

Infine, mettiamoci anche un altro tema di questi giorni, la difficoltà assoluta di trovare un alloggio a prezzi decenti, oppure, figuriamoci, una residenza universitaria, come in tutta Europa e non solo.

Questo è il quadro desolante della nostra università e non c’è da stupirsi che i laureati siano pochissimi. Ma pochi laureati significa anche, è bene ricordarlo, persone che votano alle elezioni con molte meno competenze.

Significa persone che scrivono in rete come molte meno competenze e troppe emozioni sbagliate, per la cultura è un’educazione morale, anche.

Insomma l’università non è un luogo chiuso e la questione della possibilità di accedervi riguarda la società. Per questo dovremmo occuparcene molto di più.

E intanto, aboliamo quei test persecutori, Che non servono a nulla, solo a creare disperazione. E mercato nero, ovviamente.

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