Diritti

Tumore: i concorsi nelle forze di polizia non sono per tutti

Essere in salute è uno dei requisiti richiesti, ma cosa succede quando si guarisce da una malattia? Lucia Palermo, candidata al bando per psicologi nella Guardia di Finanza, è stata esclusa perché ex paziente oncologica
Credit: Philip Schroeder
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13 settembre 2023 Aggiornato alle 20:00

“Purtroppo lei non è idonea”. È il verdetto che ha ricevuto Lucia Palermo, 32 anni, casertana, candidata al concorso per psicologi nella Guardia di Finanza. Nei primi mesi di quest’anno ha superato le prove mediche, fisiche e psicoattitudinali. Ma nel 2021 ha avuto un tumore al seno e, pur essendo guarita, è in follow-up: anche chi è in fase di monitoraggio può essere escluso dalle selezioni. «Tutte le visite mediche erano andate molto bene - spiega Palermo a La Svolta - Sentirmi dire di non essere idonea perché è la legge a dirlo è stata una doccia fredda».

Il Testo Unico sull’ordinamento militare prevede che chi ha alcune patologie non possa lavorare nelle forze di polizia: tra queste ci sono le neoplasie (i tumori, appunto) in forma maligna, ma anche benigna se provocano alterazioni funzionali rilevanti.

Una forma fisica ineccepibile e la buona salute sono fondamentali per lavorare nelle forze di polizia: avere un tumore compromette entrambe. Ma vale anche per le persone guarite? «Sono stata reputata comunque non idonea alla vita militare, perché sono in fase di controllo; la legge mi considera come se fossi ancora malata».

Dopo essere stata esclusa dal concorso, Palermo ha anche chiesto una visita di revisione per tentare di essere riammessa: «Ho portato i certificati di 2 diversi oncologi, che attestavano che sono guarita e che sono in fase di terapia. Per il tipo di tumore che ho avuto, i controlli durano 5 anni, ma per entrambi gli specialisti ero perfettamente in grado di svolgere qualsiasi attività, sia fisica che lavorativa». Il giudizio ricevuto è stato uguale: inidonea.

Nel mondo militare, l’accertamento dello stato di salute e della compatibilità al lavoro è così inflessibile che alcune discriminazioni sono considerate legittime. Come sottolineano gli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Raimonda Riolo, esperti in diritto amministrativo e raggiunti da La Svolta, «le persone non fisicamente prestanti o affette da handicap sono escluse dai concorsi; questo per la particolare rilevanza pubblica delle mansioni che dovranno svolgere».

I legali sottolineano che la normativa non esclude espressamente le persone guarite da alcune patologie, ma «solo chi abbia avuto “strascichi” della malattia, non compatibili con le particolari funzioni che il militare è chiamato a compiere nell’immediato e nel corso dell’intera carriera».

In effetti, un’interpretazione più soft della normativa arriva dai giudici amministrativi, che più volte hanno dato ragione ai candidati esclusi dai concorsi perché affetti in passato da tumore.

Il Tar del Lazio, per esempio, ha stabilito che una persona che ha avuto questa patologia può concorrere, specificando come le cause di non idoneità al servizio militare siano esclusivamente le patologie oncologiche in atto, tale non potendo ritenersi la situazione di c.d. follow-up, alla quale, a seguito della completa eradicazione del tumore, deve sottoporsi per un certo tempo la persona precedentemente affetta da tale patologia”.

Dello stesso avviso è il Consiglio di Stato che, in un altro caso, ha sancito che parificare chi è in follow-up a chi è malato “equivarrebbe a sottoporre chi ne è risultato affetto a un’indebita penalizzazione aggiuntiva, non prevista dalla legge”.

La recente proposta di legge per l’oblio oncologico non sembra risolvere la questione. La nuova normativa impone il divieto di chiedere informazioni agli ex pazienti affetti da tumore riguardo le loro condizioni di salute pregresse, per tutelarli da discriminazioni all’accesso a vari servizi, come i prestiti bancari, o l’apertura di polizze assicurative. La legge interviene anche sui concorsi pubblici per i quali si devono accertare i requisiti psico-fisici e lo stato di salute dei candidati. Perché il divieto scatti, il trattamento attivo della malattia deve essersi “concluso, senza episodi di recidiva, da più di 10 anni dalla data della richiesta”, 5 se la malattia è insorta prima dei 18 anni.

In sostanza, si può esercitare il diritto all’oblio se sono trascorsi almeno 10 anni dalla fine del ciclo di cure: una finestra temporale abbastanza lunga, se si considera che nella maggior parte dei bandi nelle forze di polizia c’è un limite di età. «Se per esempio mi ammalo a 20 anni, significa che potrò esercitare il diritto all’oblio oncologico dai 30 in poi, che è anche l’età massima per poter partecipare a diversi concorsi», spiega Palermo a La Svolta.

Gli ostacoli per gli ex pazienti oncologici sembrano aumentare invece che diminuire. Ma per evitare ulteriori discriminazioni basterebbe interpretare la normativa meno rigidamente. «Dovrebbe contare di più la verifica dell’idoneità attuale al servizio, considerando anche le aperture della giurisprudenza in materia», suggeriscono Leone, Fell e Riolo.

Intanto Palermo ha lanciato una petizione su Change.org (che ha superato le 52.000 firme) per chiedere una modifica della normativa. Le sono arrivate molte testimonianze di persone con il suo stesso problema: «Un ragazzo è stato in servizio per 5 anni all’interno di un corpo militare, e nel mentre si è ammalato di linfoma. È guarito, si è candidato per diventare effettivo in quello stesso corpo, ma è stato escluso per la sua patologia».

«Con questa petizione vorrei tentare di ottenere qualcosa di concreto – spiega– non più per me perché non potrò partecipare al prossimo concorso per il limite di età, ma per chi in futuro si troverà nella mia situazione».

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