Ambiente

Belem: fallito il vertice sull’Amazzonia

Infrante le speranze di un accordo forte e stabile per fermare la deforestazione e proteggere il “polmone verde” del Pianeta
Credit: EPA/Antonio Lacerda
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10 agosto 2023 Aggiornato alle 14:00

Si è concluso con un fallimento il vertice di Belem, l’incontro che aveva l’ambizione di tracciare il nuovo corso ambientale della foresta.

La riunione dei leader dei Paesi amazzonici – Brasile, Bolivia, Colombia, Equador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela – aveva suscitato attese e preoccupazioni per il futuro dell’Amazzonia, ma è arrivata a termine, sostanzialmente, con un nulla di fatto.

I buoni propositi, in apparenza, ci sono: i Paesi interessati hanno annunciato la creazione di un’Alleanza per combattere la deforestazione, un’alleanza che, come si legge nella dichiarazione, ha lo scopo di “promuovere la cooperazione regionale nella lotta alla deforestazione per evitare che l’Amazzonia raggiunga il punto di non ritorno”.

Ma il principale documento del vertice regionale ha deluso le aspettative. Gli esperti hanno infatti sottolineato l’assenza di un reale obiettivo comune per la deforestazione zero entro il 2030, che invece era sostenuto con forza dal Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. E, proprio in quest’ottica, la creazione dell’Alleanza.

Tuttavia, l’Amazzonia è rimasta oggetto di forti divergenze sempre più profonde tra i Paesi che la condividono. In particolare, il Presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha espresso forti critiche all’esplorazione petrolifera nella regione, mettendosi in opposizione a Lula, che sembra invece più favorevole ai nuovi blocchi offshore che la Petrobas vorrebbe avviare proprio alla foce del Rio delle Amazzoni.

Secondo Petro, l’esplorazione petrolifera nella foresta genera «un enorme conflitto etico, soprattutto per le forze progressiste che dovrebbero stare dalla parte della scienza». In linea con la Colombia Marina Silva, la ministra dell’Ambiente del Brasile, che si dice preoccupata per i potenziali rischi ecologici.

Una posizione sostenuta da Silva già nel mese di maggio, quando l’Ibama – Istituto brasiliano dell’ambiente aveva deciso di negare la licenza a Petrobas: «Non si possono rendere più flessibili le licenze ambientali come non si può rendere più flessibile la cardiochirurgia: i processi di licenza sono processi tecnici».

Le divergenze emerse riflettono dunque la complessità dei problemi legati all’Amazzonia, che coinvolgono non solo la conservazione dell’ecosistema, ma anche interessi economici e questioni etiche, e spostano l’attenzione sulla futura cooperazione e sulle azioni che verranno intraprese con la prospettiva della prossima Conferenza delle Parti a Dubai.

Alla Cop28 di Dubai, infatti, i temi saranno affrontati nuovamente a livello internazionale, con la speranza che, la prossima volta, il confronto possa portare a risultati più concreti e a un impegno davvero solido per la protezione e la preservazione dell’Amazzonia.

Nonostante tutto, il vertice ha lasciato una lezione importante: la cooperazione e l’impegno comune sono essenziali per affrontare le sfide ambientali globali, e, in questo senso, non possiamo permetterci ulteriori fallimenti. Il tempo è essenziale, e non possiamo restare a guardare.

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