Ambiente

Non rispondiamo all’ecoansia con l’ecopansa

Le lacrime della giovane Giorgia, preoccupata per il clima e il suo futuro, ci ricordano la necessità per le nuove generazioni di ricevere informazioni scientifiche e chiare. Ma la politica fornisce risposte “alla pancia”
Credit: ANSA
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1 agosto 2023 Aggiornato alle 16:00

Nel 1990 un gruppo di scienziati provenienti da 195 Paesi, non retribuiti e su partecipazione volontaria, ha realizzato il primo rapporto dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) che su per giù ci diceva questo: l’anidride carbonica contribuisce ad aumentare sempre di più l’effetto serra e le attività umane hanno contribuito considerevolmente ad aumentare la concentrazione di CO2 e dei gas serra nell’atmosfera.

Un primo messaggio, decisamente inascoltato ma comprensibilmente complesso da soppesare (ai tempi), da parte della scienza sulla stretta correlazione fra uomo e cambiamenti dell’atmosfera e dunque del clima.

Da allora sono passati 33 anni e nonostante i successivi rapporti (2001, 2007, 2014, 2022) che indicavano come il problema principale fosse la responsabilità delle emissioni da fonti fossili (carbone, petrolio, gas) è cambiato pochissimo: soltanto negli ultimi sette-otto anni, con una accelerazione recente in termini di transizione energetica e solo in certe zone del Pianeta, c’è stata finalmente un tentativo di risposta, politica e istituzionale.

E sempre e solo negli ultimi sette-otto anni - davanti all’evidenza dei fenomeni meteo estremi - è cresciuta realmente la presa di coscienza globale sulla crisi del clima, sulle sue cause e i suoi effetti.

Una presa di coscienza che fra i giovani è diventata più forte e approfondita, anche consultando rapporti, studi, pubblicazioni scientifiche, dal 2018 in poi, quando Greta Thunberg con i suoi “scioperi scolastici per il clima” ha in qualche modo raccolto, accompagnandoli nella stessa direzione, tutti quei giovani che erano già interessati all’argomento, oppure che volevano scoprirlo.

Lì, nella narrazione dei giovani, è nato il forte sentimento del senso di un “futuro rubato”. Lo stesso senso, davanti alle criticità climatiche che oggi sono sotto gli occhi di tutti, che ha portato la giovane Giorgia Vasaperna durante il Giffoni Film Fest a raccontare di soffrire di ecoansia, chiedendo al ministro Gilberto Pichetto Fratin (visibilmente commosso) se «lei non ha paura per i suoi nipoti?».

Le lacrime di Giorgia e gli occhi lucidi del ministro hanno rimesso al centro dell’attenzione l‘ecoansia, quella risposta a una minaccia reale che spesso nasce dalla preoccupazione, la paura o l’ansia legata al destino ambientale del Pianeta e dunque al nostro stesso destino.

Già, ma al di là delle immagini di un Pianeta in seria difficoltà, oppure di chi ha provato sulla propria pelle gli effetti delle alluvioni e gli eventi meteo più intensi, perché queste preoccupazioni sono così forti tra i giovani (e non solo)?

Perché non ottengono risposte o, se le ottengono, spesso sono vaghe, fuorvianti, lontane dal nocciolo della questione e, roba recente di questi ultimi tempi, sembrano voler parlare più alla pancia dei cittadini, che al cervello.

Si tende a rispondere all’ecoansia con l’ecopansa, chiamiamola così.

Ai giovani che studiano perfino i rapporti dell’Ipcc (non tutti, per carità, ma in molti leggono ricerche e documenti) le risposte che i decisori e i politici danno ai ragazzi, sono allarmanti non tanto per visione, connotazione politica, negazionismo o non negazionismo, ma perché non attingono dalla scienza, ma dal sentito dire, dal “l’ho letto ieri da qualche parte”, parlando più alla pancia che ad altro.

Per tentare di curare le ansie e le incertezze delle nuove generazioni, dagli adulti servirebbero invece risposte chiare: se il 97% degli scienziati globali è d’accordo sulla natura del problema e indicano una possibile soluzione, così come un modo di affrontare la questione, perché le risposte che diamo loro sono tutto tranne che scientifiche?

Si potrebbero prendere tanti esempi, ma guardiamo solo all’ultima settimana e all’interpretazione del problema da parte di 1) chi governa il Paese 2) il vice di chi governa il Paese 3) il ministro che dovrebbe occuparsi in prima linea delle questioni climatiche, emerge una fotografia limpida del ritorno che i giovani e non solo hanno sui loro dubbi.

Seppur non entrando nello specifico della questione, ma ragionando solo in termini emergenziali, la premier Giorgia Meloni (basta leggere i suoi tweet) definisce quello che sta accadendo prima come “maltempo”, poi come “maltempo difficile”, esattamente i due termini che 100 scienziati italiani tra cui anche il Nobel della Fisica Giorgio Parisi chiedono di evitare, suggerendo invece di rimarcare ciò che è: crisi del clima derivata dalle emissioni dell’uomo.

Il vicepremier Matteo Salvini riduce invece il tutto a “d’inverno è sempre stato freddo” e “d’estate “ fa caldo”, termini che la pancia digerisce benissimo. Non solo: quando dice «Io adoro la montagna. E quando vai sull’Adamello e sul Tonale e vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno ti fermi a pensare, poi studi la storia e vedi che sono cicli. Il ghiaccio non arretra perché Capezzone sgasa con la sua Golf turbo», non fa che alimentare quella digestione. Perché invece non ci spiega che storia ha studiato? Che cicli ha osservato? Oppure secondo quali basi scientifiche la giovane Giorgia non dovrebbe aver paura del futuro climatico che l’attende?

Forse, non se la sentisse per competenze ,il ministro dei Trasporti potrebbe rimbalzare tutta la questione climatica a quello dell’Ambiente, il titolare del ministero che deve occuparsi della salvaguardia dell’Ambiente in cui viviamo. Il problema è che se chiedi a esempio al ministro Gilberto Pichetto Fratin se il surriscaldamento in atto è colpa dell’uomo, nonostante le evidenze scientifiche ti risponderà come ha fatto semplicemente «non lo so».

Ecco, al di là di come la si pensi, di quali tesi si sostenga o della propria visione, se vogliamo davvero evitare che i ragazzi soffrano di ecoansie, di sfiducia nel futuro o semplicemente si carichino di troppe incertezze, chi guida il Paese dovrebbe dare risposte precise, scientifiche, serie, documentate, che puntino dritte al cervello anziché all’ecopansa.

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