Economia

Come possono le aziende tutelare ambiente e lavoratori?

Smart working e settimana corta riducono l’impatto ambientale e aumentano il benessere dei dipendenti. Tim, Unilever e Intesa San Paolo sono solo alcune delle aziende che si muovono in questa direzione
Credit: Patrick Untersee
Tempo di lettura 5 min lettura
31 agosto 2023 Aggiornato alle 09:00

Il lavoro da remoto e la settimana corta hanno tre grandi pregi: fanno risparmiare denaro alle aziende e ai lavoratori, consentono un maggior equilibrio tra vita professionale e vita privata e infine riducono l’inquinamento ambientale.

Sono proprio queste le ragioni alla base della scelta di numerose aziende di adottare una maggior flessibilità nelle proprie politiche aziendali.

Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano sarebbero il 52% delle grandi aziende, il 30% delle Pmi e il 25% delle Pa ad aver dato questa possibilità ai propri dipendenti. Numeri che nel 2022 si dimostrano comunque in calo rispetto al post pandemia, segno di un periodo di assestamento tra necessità e novità.

Dallo scorso febbraio e fino a febbraio 2024 tutti i venerdì gli uffici Tim resteranno chiusi per oltre 30.000 persone che trasformeranno le proprie case nel proprio posto di lavoro.

Una disposizione test con l’obiettivo di verificare l’effettiva relazione tra produttività e flessibilità e che secondo le stime di Tim dovrebbe portare a un risparmio energetico pari al 30/40%.

In questo nuovo percorso la seguirà presto anche Unilever che ha annunciato l’applicazione della misura Hibryd Working 2.0 fino al prossimo gennaio.

I lavoratori potranno dunque usufruire di 96 ore di flessibilità lavorativa al mese tanto in termini di orario che di luogo purché si raggiungano gli obiettivi produttivi prefissati.

Analogamente anche Banca Generali annuncia di proseguire con le politiche di smart working attuate dal 2021 continuando così con i benefici consolidati su larga scala.

Indiscutibili sono, difatti, gli effetti dello smart working che vanno ben oltre i dipendenti delle aziende coinvolte.

Per le aziende il risparmio monetario è di circa 500 euro annui per ogni postazione spenta, che può raggiungere i 2.500 euro se si introduce anche una riorganizzazione, e conseguentemente una riduzione, degli spazi fisici.

Per il lavoratore, invece, anche se si considera un aumento dei costi energetici domestici il risparmio è comunque, in media, di circa 600 euro l’anno. A questo si aggiunge il tempo guadagnato da dedicare a sé stessi e alla propria famiglia.

Secondo i calcoli del Politecnico di Milano per il tragitto casa-ufficio si impiegano in media 74 minuti, che all’anno diventano circa sette giorni, ovvero un’intera settimana che perdiamo nel traffico e che potremmo invece dedicare al nostro benessere mentale.

Da un punto di vista ambientale l’Osservatorio Polimi calcola che il lavoro agile consentirebbe il risparmio di oltre 450 kg di CO2 per persona. A livello nazionale se consideriamo gli attuali tre milioni e mezzo di lavoratori smart, il risparmio è pari a 1,5 milioni di tonnellate di CO2, che in termini volumetrici si traducono in una superficie boschiva pari a otto volte la città di Milano.

Chiunque di noi, chi più chi meno, nello svolgere la propria attività lavorativa contribuisce a inquinare: dobbiamo spostarci per raggiungere il posto di lavoro, dobbiamo utilizzare apparecchi elettronici o una strumentazione che comprende, comunque, l’utilizzo di energia. Tutto questo si traduce in un incremento dell’inquinamento dell’aria, dello spreco di risorse e nell’aumento degli interventi straordinari necessari per la manutenzione delle macchine. Ben diverso è il risultato se si introduce un sistema di lavoro agile, o ancora di più se i giorni lavorativi diventano quattro così da concentrare tutte le risorse in un lasso di tempo inferiore, portando spesso anche a un aumento della produttività e a una riduzione dei livelli di assenteismo.

Tra le aziende trainanti in questo nuovo modello di flessibilità lavorativa vi sono Baker Hughes, società leader di tecnologia energetica, che ha vinto il premio degli “Smart Working Award del 2022” e Intesa San Paolo, una delle prima realtà ad aver parlato di settimana corta in Italia.

La prima investe in una produttività legata al benessere dei suoi dipendenti che si concretizza nella creazione di spazi verdi comuni all’insegna della sostenibilità e dell’inclusione; oltreché un autonoma gestione da parte dei dipendenti del proprio orario lavorativo.

Il risultato? Circa il 70% dei lavoratori di Baker Hughes ha scelto di introdurre il lavoro da remoto nella propria quotidianità. Al tempo stesso Intesa grazie alle politiche avviate tra il 2019 e d il 2022 ha ridotto di oltre il 75% l’utilizzo di carta e toner e lo scorso anno è arrivata a produrre il 50% di rifiuti in meno. Ma non finisce qui.

Difatti, il Piano d’Impresa 2022-2025 ha fissato due obiettivi fondamentali: azzerare le emissioni per i portafogli prestiti e investimenti per il 2025, mentre per il 2030 stima di azzerare le proprie emissioni nette arrivando a utilizzare esclusivamente energie rinnovabili.

Obiettivi ambiziosi, ma non irrealizzabili se alla base delle agende aziendali vi è la sostenibilità del lavoro. Oggi più che mai le imprese hanno l’arduo compito di trainare il mercato verso un nuovo paradigma economico che comprenda delle politiche che tutelino tanto i lavoratori quanto il nostro pianeta. Due punti cardine per la redditività di qualsiasi impresa, anche della più strutturata, ma che troppo a lungo abbiamo dato per scontato.

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