Economia

Crisi climatica: modelli finanziari di rischio approssimativi

Secondo l’Institute and Faculty of Actuaries, molti analisti utilizzano schemi inattendibili per stimare gli impatti del riscaldamento globale e dei disastri ambientali sulla società
Credit: Levi Morsy
Tempo di lettura 4 min lettura
10 luglio 2023 Aggiornato alle 10:00

L’attuario è un professionista che si occupa di determinare l’andamento futuro delle variabili demografiche e economico-finanziarie del mondo attraverso l’analisi e la valutazione di specifici fenomeni economici nel medio, breve e lungo periodo. Sono figure molto richieste in campo finanziario, assicurativo e previdenziale per calcolare le tariffe riguardanti assicurazioni sulla vita e valutare l’equilibrio tecnico dei fondi pensione e dei prodotti finanziari in generale. Lo scopo principale degli attuari è proprio sviluppare gli strumenti strategicamente adatti per l’organizzazione di decisioni politiche ed economiche del futuro, comprese quelle da compiere nel campo dell’ambiente e della sostenibilità.

Lo studio condotto da un pool di attuari appartenenti all’Institute and Faculty of Actuaries della University of Exeter, ripreso dal Financial Times, lancia l’allarme sulla inattendibilità di parecchi modelli climatici utilizzati dalle istituzioni finanziarie per delineare i futuri rischi legati al clima e, conseguentemente, adottare politiche per evitarli.

Secondo gli attuari, infatti, gli analisti finanziari utilizzano strumenti che non considerano in maniera adeguata tutti gli indicatori, sottostimando di molto i reali rischi economici connessi al cambiamento ambientale e climatico. Per esempio, molti modelli utilizzati non danno la giusta importanza agli eventi naturali più estremi e dannosi come inondazioni, siccità e incendi, così come non viene data adeguata rilevanza al modo in cui il surriscaldamento globale impatta sulla società: come il fenomeno delle migrazioni climatiche, che nei prossimi 30 anni potrebbe coinvolgere decine di milioni di persone in fuga dalle zone del mondo sempre più vessate da disastri ambientali e clima insostenibile.

A ciò si collega poi l’insorgere di conflitti sociali per le risorse fondamentali per la vita umana, come a esempio l’acqua, messa in pericolo dalla cattiva gestione dei Governi locali e dalle prolungate siccità.

Gli scenari utilizzati per lo sviluppo di piani strategici ed economici nel mondo assicurativo e finanziario, invece, starebbero escludendo tutti questi gravissimi effetti del cambiamento climatico, fornendo modelli fin troppo ottimisti e di conseguenza poco attendibili (se non dannosi), in quanto “Non comunicano adeguatamente il livello di rischio che potremmo affrontare se non riusciamo a decarbonizzare abbastanza rapidamente” riporta il documento.

La «disconnessione» di fondo tra scienziati esperti del clima e il mondo finanziario ha dunque un effetto domino particolarmente rilevante nel caso degli obblighi di comunicazione che i vari ordinamenti statali impongono alle aziende, che da diversi anni sono tenute a riferire al mercato i rischi legati al clima che devono affrontare e la quantità di emissioni che la loro attività scarica sull’ambiente.

“Guardando indietro dal ponte di poppa del Titanic, nel pomeriggio del 14 aprile 1912, si potrebbe ragionevolmente prevedere un viaggio tranquillo per New York - si legge nella nota ufficiale dell’istituto inglese, che riassume il contenuto dello studio pubblicato - ma una mentalità di gestione del rischio presterebbe maggiore attenzione agli avvisi di iceberg e prenderebbe delle precauzioni”.

L’analogia con il disastro che coinvolse il famoso transatlantico britannico rappresenta al meglio l’esigenza di sviluppare modelli realmente capaci di leggere la realtà attraverso lenti di ingrandimento chiare e utili a prendere decisioni aderenti alla situazione ambientale del mondo. La consapevolezza dei forti limiti pratici che gli strumenti utilizzati fino a ora possiedono è il primo passo per uscire dalla nebbia di incertezza che avvolge il tema del cambiamento climatico.

È tempo di aumentare i mezzi capaci di fornire una giusta prevenzione, come “inviare più vedette, cambiare rotta, ridurre la velocità e agire per evitare l’iceberg”.

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