Ambiente

Le navi emettono la stessa quantità di CO2 della Germania

Sotto la bandiera Onu, al vertice iniziato oggi a Londra, si punta a una intesa per ridurre le emissioni della navigazione marittima. Pesano interessi economici e commerciali, ma la speranza è alta
Credit: Tom Fisk
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3 luglio 2023 Aggiornato alle 14:00

Più impattante degli aerei, il sistema della navigazione marittima, dai cargo alle crociere, necessita di una importante revisione nel cammino della transizione ecologica ed energetica.

Le navi, alimentate a combustibili fossili o inquinanti, contribuiscono per oltre il 3% alle emissioni mondiali di CO2 e gas serra: si tratta più o meno della stessa quantità di quasi 250 centrali a carbone o di quanto emette l’intera Germania.

Ecco perché, nel vertice iniziato a Londra e a firma Onu, voluto nel tentativo di aprire una strada per la riduzione delle emissioni climalteranti nella navigazione, è molto importante che si trovi un accordo potenzialmente storico per rivedere l’impatto dell’industria marittima.

Nonostante la grande quantità di emissioni quello “via mare” è il più grande settore globale oggi senza un obiettivo chiaro e definito verso le zero emissioni.

Anche per questo, fanno intendere i delegati presenti al vertice delle Nazioni Unite, si punta a obiettivi precisi per arrivare a azzerare le emissioni entro il 2050 e dimezzarle entro il 2030. Per raggiungere lo zero netto è ovvio che il trasporto marittimo dovrebbe sposare sistemi di compensazione importanti oltre che nuove alternative green per l’energia.

Quello dei trasporti via oceano è un settore cruciale se si immagina che quasi il 90% delle merci consumate nel mondo viene trasportata via acqua. Navi che bruciano combustibili fossili e che, visto l’aumento del commercio globale, sono destinate a inquinare ancora di più se non verranno intraprese azioni di cambiamento e contenimento.

Per ora, a grandi linee, l’industria navale prevede solo un dimezzamento delle emissioni entro metà secolo, obiettivo che non è in linea con l’accordo di Parigi. Per questo durante la settimana l’Organizzazione marittima internazionale (Imo) delle Nazioni Unite e i delegati di 175 Paesi presenti a Londra sono chiamati alla complessa sfida di trovare una soluzione in termini di decarbonizzazione. Secondo Kerrlene Wills, direttore di Ocean and Climate, UN Climate Foundation, «se gli Stati dialogheranno davvero possono mettere il settore marittimo in linea per raggiungere gli obiettivi di temperatura di Parigi e promuovere investimenti in tecnologie verdi che trasformeranno completamente il settore».

Ci sono già compagnie di navigazione aperte al cambiamento e alcune grandi industrie del cargo pronte ad accettare la sfida, ma i precedenti tentativi finora dalla Cina all’India sino all’Arabia Saudita, per via degli interessi marittimi nazionali, sono falliti.

Però, spiegano gli analisti, se dalla capitale del Regno Unito dovesse uscire un accordo di impegno concreto, allora ci troveremmo davanti «al più grande progresso contro il cambiamento climatico dall’accordo di Parigi».Decisiva sarà la capacità di mettere da parte interessi specifici e fissare obiettivi chiari anche se costosi e impegnativi: per questo il segretario generale dell’Omi, Kitack Lim, ha esortato i delegati «a scendere a compromessi e trovare soluzioni” parlando del 2023 come “un anno di azione decisiva per il clima».

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