Ambiente

Clima: la difficile ricerca di un equilibrio tra Paesi inquinanti (ricchi) e Paesi a rischio (poveri)

A pochi mesi da Cop 28 non è ancora stata presa una decisione circa l’erogazione dei fondi destinati ai Paesi meno abbienti e più colpiti dalla crisi climatica. 100 miliardi di dollari “in ballo”
Credit: Diego F Parra
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30 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

Il cammino verso la Cop28 è molto lungo e pieno di insidie. Se da una parte c’è una buona dose di polemiche relative alla sede di Dubai e alla possibile ingerenza dei lobbisti del fossile, prima su tutte la presidenza del sultano Al-Jaber che è anche un petroliere, dall’altra nello scacchiere della politica internazionale per una buona riuscita della Conferenza delle parti sul clima sono decisive una serie di mosse da qui a dicembre.

Alcune le ha analizzate a esempio il Financial Times partendo dagli ultimi incontri internazionali di Parigi e prima ancora da Bonn in Germania. Cosa si è deciso in questi incontri a cui hanno partecipato i leader del mondo? Climaticamente parlando poco.

Il punto cruciale, oltre alla questione decarbonizzazione, resta quello di trovare una visione comune sui finanziamenti - per esempio loss & damage - destinati dai Paesi più ricchi a quelli più poveri che, per colpa dei Paesi industrializzati, pagano un conto salato per l’effetto della crisi climatica.

A Parigi “è mancato la scorsa settimana un qualsiasi nuovo finanziamento sostanziale o cancellazione del debito per i Paesi poveri che soffrono in modo sproporzionato a causa del cambiamento climatico”, scrive il Ft.

Nonostante ciò il presidente francese Emmanuel Macron si è detto “fiducioso” affinché si aprano nuovi fronti compatti per i finanziamenti. Già, ma quando?

Le tappe possibili per una significativa riforma del sistema finanziario internazionale sono quelle che ben riassume il think tank italiano Ecco: “I vertici internazionali che si terranno da qui alla Cop28 saranno una cartina di tornasole importante per comprendere se a Dubai potremo parlare di avanzamenti o di pericolosi passi indietro nel finanziamento dell’azione climatica. I prossimi appuntamenti includono il vertice sull’azione per il clima in Africa (Nairobi, 4-6 settembre), il vertice G20 sotto la Presidenza indiana (9-10 settembre), il vertice sull’ambizione climatica durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 settembre e gli incontri annuali del Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale di Marrakech (9-15 ottobre). Per il nostro Paese, anche il vertice Italia-Africa, annunciato per l’autunno, rientra all’interno delle opportunità politiche”.

Queste sono le date che nel lungo cammino potranno dirci se la via che stiamo percorrendo verso Dubai è quella giusta o meno.

Decisivo sarà il ruolo dei rappresentanti dei Paesi meno abbienti: il fatto che ci sia una coalizione di questi stati, guidati da Mia Mottley delle Barbados, che comincia ad avere sempre più credibilità, è molto importante per i negoziati, ma sono necessari progressi sul capitale promesso dai Paesi più sviluppati così come chiarire la posizione delle banche. Stati Uniti, Regno Unito e Francia si sono impegnati ad attuare clausole sul debito entro fine anno e bisogna vedere se e come rispetteranno la promessa.

Come ragionano dal think tank Ecco, ormai “la finanza per il clima è ora in cima a tutte le agende negoziali. Come e in che misura dotare i paesi – soprattutto quelli più fragili e vulnerabili – di strumenti finanziari capaci di liberare le risorse (nell’ordine dei mille miliardi) necessarie per implementare gli impegni di Parigi, rappresenta il grande elefante nelle stanze della diplomazia climatica”.

Da Parigi si registrano passi avanti tra cui “il raggiungimento dell’obiettivo di ridistribuzione di 100 miliardi di dollari dei Diritti Speciali di Prelievo; impegni per l’utilizzo di clausole di sospensione del debito in caso di catastrofi climatiche da parte di Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Banca Mondiale; un Partenariato per una giusta transizione energetica per il Senegal (Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Unione Europea, BEI e Banca africana di sviluppo contribuiranno con 2,5 miliardi di euro – obiettivo primario è aumentare la quota di energie rinnovabili al 40% nel mix elettrico entro il 2030); e una proposta di ristrutturazione del debito per lo Zambia. Il risultato più importante è nella volontà politica mostrata dai leader presenti per il sostegno a un cambiamento trasformativo entro il 2025”.

Ora tutto sta nel capire come e se queste decisioni diventeranno operative e sempre se, giunti alla Cop28, ci sarà davvero quella spinta in più per la finanza climatica che nonostante le parole è mancata lo scorso anno in Egitto.

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