Bambini

Usa: boom di test fai da te per scoprire i genitori biologici

Grazie alle banche del Dna, che offrono l’analisi del patrimonio genetico a poco prezzo, sempre più americani rintracciano i donatori anonimi che li hanno “generati”
Credit: THAVIS 3D
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22 giugno 2023 Aggiornato alle 12:00

Scoprire di aver vissuto con un padre che non è il tuo, almeno biologicamente. È quello che sta succedendo a migliaia di adulti americani concepiti, a loro insaputa, con l’inseminazione artificiale soprattutto negli anni ‘80 e ‘90.

Molti di questi ex bambini nati grazie alla donazione anonima di sperma (potrebbero anche essere 1 milione, ma è solo una stima) oggi hanno una chance di rintracciare il genitore biologico attraverso le banche del Dna che offrono l’analisi del patrimonio genetico a poco prezzo. Scambiandosi informazioni sui siti e gruppi social come We are donor conceived, intrecciano le loro coordinate genetiche con quelle di altri possibili fratelli o sorelle che sospettano o vogliono rintracciare le proprie reali origini.

Il tema è stato sollevato nell’articolo apparso di recente sul Wall Street Journal in cui si racconta la storia di Tiffany Gardner, avvocata di Atlanta e attivista per il riconoscimento dei figli generati da donazione anonima. La donna ha avuto 3 padri: il primo è morto precocemente di malattia, il secondo è il compagno della madre e figura paterna che l’ha cresciuta, il terzo è stato scoperto grazie alle rivelazioni della mamma «quando ero incinta del mio terzo figlio: ha sentito il bisogno di dirmelo e per me è stato come cadere nel vuoto» racconta Tiffany al giornale.

Tramite un test del Dna con un’azienda trovata su Internet, l’avvocata ha potuto vedere i nomi delle persone che più si “matchavano” con lei. Non ha trovato solo il vero padre: l’azienda le ha fornito anche il nominativo di un fratello con il quale ha stretto poi legami fortissimi. Con il genitore biologico, dopo una frequentazione iniziale in cui hanno potuto riconoscere gusti e passioni artistiche simili, il rapporto si è interrotto per espressa volontà dell’uomo.

Il punto, come evidenziato anche nell’approfondito intervento pubblicato dalla Gardner stessa sul Mercer Law Review intitolato Forgotten Parties: Shifting the Focus of Donor Conception to Donor-Conceived Persons Through Reasonable Regulation, è proprio la garanzia di anonimato che i centri di fertilità americani (passati da poche dozzine a centinaia nel giro di un paio di decenni) hanno offerto ai donatori e ai clienti stessi che non volevano far trapelare l’utilizzo di queste tecniche di riproduzione assistita.

Una zona d’ombra e di privacy che ha protetto tutti tranne i figli generati dalle donazioni, che negli Stati Uniti non godono di alcuna tutela legale, etica, economica. Anche se, diversamente da un tempo, “oggi i genitori sono fortemente incoraggiati a dire la verità; inoltre, con i test del Dna non potrebbero nasconderlo anche se lo volessero” riporta The Atlantic in una inchiesta sui molti chiaroscuri dell’industria della fertilità.

Un settore deregolato “che non vede i figli né come suoi clienti né i suoi pazienti anche se è direttamente responsabile della loro esistenza”. L’inchiesta non manca di sottolineare come la poca trasparenza abbia permesso in passato di ricorrere a donazioni estemporanee di medici, studenti, uomini che hanno mentito riguardo la propria identità e cartelle cliniche con dati del tutto inutili.

Oggi la segretezza si è dissipata perché “più donne single e coppie lesbiche hanno usato apertamente le banche dello sperma” scrive l’Atlantic. Anche il comitato etico dell’American Society of Reproductive Medicine (Asrm) incoraggia i genitori a dire la verità ai figli, così come i centri della fertilità ormai ordinano campioni di sperma congelato da banche che possono più accuratamente tracciare i donatori e limitare il numero di nascite a 25 su una popolazione di 800.000 persone.

L’anno scorso Brittany Gardner ha promosso una legge in Colorado che obbliga i futuri donatori di sperma e ovuli a rivelare la propria identità se i figli adulti chiedono le informazioni alle banche. Ma le leggi negli Stati Uniti sono disomogenee e orientate a proteggere più i donatori e i riceventi dei gameti che i figli che verranno.

Nel suo essay, l’avvocata Gardner spiega che “nonostante la Società americana per la medicina riproduttiva abbia riconosciuto come ogni persona abbia un interesse fondamentale a conoscere le proprie origini biologiche, nonostante il cambiamento delle norme sociali, l’aumento dell’uso e i progressi tecnologici, la donazione commerciale di gameti negli Stati Uniti rimane in gran parte non regolamentata o controllata”.

Gardner fa anche il punto riguardo la situazione nel resto del mondo: “Oggi, Germania, Finlandia, Portogallo, Svezia, Regno Unito, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Austria, Norvegia, Svizzera, Irlanda, Uruguay, Argentina e gli Stati australiani dell’Australia Occidentale, dell’Australia Meridionale, di Victoria e del Nuovo Galles del Sud consentono a chi ha concepito da un donatore di identificare il donatore al compimento del 18° anno di età, o anche prima. Nel 2022 la Francia si è aggiunta alla lista”.

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