Ambiente

L’estate 2023 corre a due velocità

L’Italia sperimenterà nei prossimi mesi gli effetti di un Paese diviso. Il Nord con una crisi idrica che, nonostante le alluvioni, permane e il Centro-Sud dove è piovuto fin troppo. Con conseguenze sull’agricoltura anche negative
Credit: Takahiro Taguchi
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21 giugno 2023 Aggiornato alle 06:30

Con il solstizio inizia un’altra estate che sarà calda, ma forse non quanto quella del 2022, la più bollente degli ultimi vent’anni in Europa. Ci saranno, e sta già accadendo in questi giorni dalla Sardegna sino alla Pianura Padana, fin da subito punte estreme di oltre i trentacinque gradi.

E ci saranno, ormai lo sappiamo bene con il collasso del clima in corso, estremizzazioni: periodi secchi alternati a fortissimi temporali, capaci di devastare i territori in poco tempo. Così come tanta instabilità a seconda dei giorni e delle regioni. Suderemo, anche quest’anno, in un clima che ci priva delle risorse idriche, prolungando la siccità e rendendo i territori secchi, esposti agli incendi, forse il pericolo maggiore qui da noi nel Mediterraneo.

Magari l’energia a disposizione per i nostri condizionatori da quest’estate sarà un po’ più rinnovabile, pulita, ma sicuramente ne arriverà meno dal comparto idroelettrico.

Di energia ne servirà a luglio, agosto e settembre ma anche dopo, perché dall’autunno persino in Europa gli effetti di El Niño potrebbero farsi sentire. Sicuramente saranno devastanti altrove, con gli scienziati che immaginano già un 2024 capace di battere tutti i record visto che il fenomeno naturale esploderà in tutta la sua potenza.

L’Italia, Niño o non Niño, quest’estate sperimenterà gli effetti di un Paese diviso in due: il Nord con una crisi idrica che nonostante le alluvioni permane, e dove la siccità, legata soprattutto alla neve che ancora manca sulle Alpi e ai livelli dei fiumi, potrebbe diventare più complessa col tempo.E poi un Centro-Sud dove è piovuto fin troppo, con conseguenze importanti sull’agricoltura, spesso in termini negativi, dai parassiti sino ai funghi. Per tutto il resto, sarà un’estate come le altre, se non fosse per un dettaglio che ormai, dopo quasi dieci anni, non possiamo più fingere di ignorare.

Il sistema satellitare Copernicus ci ricorda infatti con i suoi dati che gli ultimi otto anni sono stati i più caldi di sempre a livello globale. Di sempre. E in buona parte vale per le estati, sempre più bollenti. Estati dove le ondate di calore - come sta accadendo in India in queste ore, con già oltre 100 morti in poche ore - anche se non lo si dice abbastanza, uccidono. Già, ammazzano.Nel 2022 in Europa, dove i gradi salgono di quasi il doppio rispetto alla media, hanno colpito direttamente 156.000 persone e provocato 16.365 morti.

Quei morti hanno nomi e cognomi. E se usassimo un conteggio delle vittime, un elenco di nomi per ribadire con forza cosa sta accadendo? Potrebbe servire a farci aprire gli occhi? Siamo abituati ad appellativi altisonanti e talvolta spaventosi - come Caronte, Lucifero, Apocalisse - per descrivere in qualche modo quel grande caldo che, una volta attenuato, tendiamo a dimenticarci, così come per i morti che fa, soprattutto tra anziani e bambini.

Eppure il caldo non dovrebbe sbiadire la nostra memoria, ma rafforzarla, perché gli elementi per capire che siamo davanti a un cambiamento epocale - quello dettato dalla crisi del clima - ci sono tutti. Per superare un’altra calda estate, ci vorrebbe dunque memoria: ricordarci che per evitare altre estati ancor più bollenti dobbiamo impegnarci per promuovere la decarbonizzazione e l’addio al fossile, le armi che permettono di abbassare le emissioni.

Ricordarci che la risorsa acqua non è infinita e che possiamo talvolta evitare di riempire piscine, lavare auto o innaffiare campi da golf e grandi giardini in tempi di siccità.Ricordarci cos’è successo in Emilia Romagna, dove il fango lascia ancora il segno e la vita è totalmente stravolta per chi è lì, ma non è poi tanto cambiata per gli altri anche se, lo sappiamo, nessuno e nessun territorio è escluso dall’intensità di questa crisi.

Ricordiamocene, magari sotto un ombrellone in Riviera, di quella Romagna che prova a rialzarsi e ha bisogno di ripartire, non tanto per “non dimenticare” come spesso si dice, ma per iniziare finalmente a programmare, con una spinta anche dal basso, un futuro climatico diverso fatto di estati come quelle di un tempo, con più tormentoni e meno tormente.

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