Diritti

Nascere e crescere a 200 metri da B. (parte 2)

Sui social media chi è contro, chi è pro. Non si può non schierarsi su Berlusconi? E invece per me è una cosa che ha a che fare con la provincia nella quale sono nata. Non ne vado fiera, ma è casa
Il mostro ecologico di Villasanta
Il mostro ecologico di Villasanta
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 7 min lettura
16 giugno 2023 Aggiornato alle 15:00

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C’è un’area tra Villasanta e Arcore dove 20 anni fa è stato istituito un ecomostro. Un edificio sulla strada provinciale 60 che non rovina completamente la prospettiva, essendo di fatto il panorama dell’ingresso ad Arcore già piuttosto bruttino. È una costruzione di circa 20 piani rimasta mattone, dove verso la fine dello scorso anno si diceva fosse stato occultato un cadavere.

Non mi sono mai addentrata tra quelle mura seppur poco distanti da casa dei miei, un po’ perché simbolo del consociativismo degli anni ‘80 (un terreno agricolo di proprietà della Chiesa cambiò destinazione d’uso grazie a un prete affarista e un sindaco consenziente) e della fallimentare speculazione edilizia brianzola. Avrebbe dovuto essere tante cose quell’edificio, e invece è stato battuto all’asta lo scorso 29 marzo per un valore poco superiore a 1 milione di euro.

Metricubi costruiti e da costruire, forse 10.000. Quello che valgono più o meno 100 metri quadrati in via Vincenzo Monti angolo Via Rovani a Milano, l’altro posto importante per Silvio Berlusconi nella sua vita d’imprenditore milanese a cavallo degli anni ‘80. Oggi la casa di Via Rovani, 3 piani di circa 150 metri quadrati ciascuno, sta terminando una lunghissima ristrutturazione “modello superbonus” per accogliere il figlio più piccolo del re: Luigi Berlusconi. Quello che le ragazze ieri l’altro, durante il funerale in diretta, hanno notato per la somiglianza al padre e tuttavia anche per la bellezza. Sposato con l’event manager di Lecco Federica Fumagalli, ha 2 figli ed è l’erede designato del luogo che fu la prima casa di Veronica e Silvio. E che dopo Arcore diventò studio, luogo di incontri formali, e altro non so.

Il destino vuole che sia il posto in cui sono andata a vivere da grande, una volta via dalla Brianza detta da noi liceali anche “Brianza alcoolica”: il nome l’ha inventato la curva nord interista, nel 1985 e Aldo Giovanni e Giacomo ci hanno fatto pure una gag.

Fuggire dalla Brianza e ritrovarsi a 40 anni di nuovo a 200 metri da casa Berlusconi, ma più grande, più matura, dopo aver visto il mondo. Mio zio psichiatra dice che siamo circolari e che non possiamo sfuggire ai nostri errori, che continuiamo a ripetere senza tuttavia accorgercene. Sono fuggita da una casa gialla con le persiane marroni della Brianza e sono finita in una casa gialla con le persiane marroni a Milano.

Almeno, certe volte penso, la domenica non c’è questa cosa del calcio come al mio paese, dove ai tempi c’era la radiolina accesa la domenica anche se vai al parco, gli amici vittime dei pullman organizzati in direzione stadio e cori, sciarpe, urla e grida e tanta tristezza se la tua squadra perde. E il Fantacalcio con gli amici, le figurine, i calciatori come supereroi, gli allenatori come maestri di vita, gli schemi di Arrigo Sacchi come il teorema di Pitagora. La squadra, la fede della domenica più della Messa più della Chiesa, che non ci andava già più nessuno e non ci credeva più nessuno. La cosa veramente interessante della Chiesa del mio paese era che era proprietaria del cinema Lux, e che ci andava a far le prove un giovanissimo Eros Ramazzotti (non si capisce perché, visto che era di Roma). E anche lì, fuori dal cinema a sentire la musica. In Chiesa, no.

Perché oltre ai dané, l’altra cosa veramente importante per chi abita in provincia di Monza la domenica, l’unica fede, è la squadra di calcio. Non il Monza, che è importante solo da quando l’ha comprato Berlusconi adesso. Ma l’Inter, e il Milan.

E dal 1986, quando lui che comprava tutto ha acquistato per 15 miliardi di lire il Milan, anche casa nostra è stata diversa. D’un tratto finì il silenzio e anche tutti i rumori di sottofondo cambiarono. Il vuoto assordante (che regnava durante tutto l’arco dell’anno e che si spezzava solo a settembre durante il Gran Premio di Formula 1 di Monza) veniva meno. A rimpiazzarlo, il frastuono dell’elica d’elicottero del Cav che si recava alle partite. O il Cav che aveva qualche ospite. O il Cav che si spostava e stop. Il Cav, e il Milan. Il Cav, e i giocatori del Milan.

I ragazzi della zona erano fieri dell’acquisto. Noi ragazze, la domenica, eravamo ancora le ragazze con i padri che comandano a tavola e alla televisione, prima senza telecomando e poi col telecomando. 90° minuto, Domenica Sprint, i film di Sergio Leone. E zitte senza fiatare. Papà la domenica il calcio. Mamma boh. Lunedì accompagna i bambini a fare sport dopo la scuola. Lunedì la piscina.

Di fronte a Villa San Martino, quella comunale dove tutti noi piccoli della zona abbiamo imparato a nuotare. La piscina ha un piccolo parco accanto e fa parte di un complesso sportivo a poca distanza dalla stazione ferroviaria e dal centro di Arcore. Tuttavia lo spazio che occupa è molto inferiore a quello del parco proprio di fronte, quello di Villa San Martino. Seppur circondato da alte mura e da fitti pini, ha sempre avuto qualche curioso guardone intorno che cercava d’intravedere qualcosa al suo interno. Ma sbagliava lato, perché l’unica parte della casa di B. che trapelasse visivamente “da fuori” era dalla parte della provinciale per Lesmo.

Se la prendevi e guardavi a destra intravedevi, tra un pioppo e l’altro, il mausoleo. Il monumento creato dall’artista Pietro Cascella. Bianco, geometrico, serioso. Oggi ospita i genitori di Silvio, e ospiterà lui. Anzi le sue ceneri reduci da un funerale in cui i suoi tifosi hanno fatto la differenza, più che gli elettori. Perché, come ha detto il cardinale Mario Deplini nella sua omelia, “Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita”. E per essere amato, Silvio, ha investito molto.

Il sito Calciofinanza.it ha fatto i conti in tasca al Milan e vuoto per pieno ha calcolato che, tra il 1985 e il 2015, Silvio ha speso 865 milioni di euro per risanare le casse della squadra. O forse conquistarsi l’eterno consenso dei suoi tifosi. Più o meno 30 milioni a stagione per le sue star: Marco Van Basten (3 Palloni D’Oro, 3 Champions League, 3 Supercoppa Uefa, 2 Coppe Intercontinentali e 4 Campionati), George Weah (11 miliardi), Andriy Shevchenko (25 milioni di dollari dal Dinamo Kiev) e Kaká ma anche Roberto Donadoni, acquistato dall’Atalanta giovanissimo per 10 miliardi. Ruud Gullit non lo so. E ancora, Zvonimir Boban, acquistato per 10 miliardi di lire dalla Dinamo Zagabria, e Dejan Savicevic, arrivato dalla Stella Rossa anche lui per 10 miliardi, e il difensore francese Marcel Desailly dal Marsiglia, costato quasi 11 miliardi.

Tutti quei 29 titoli in 31 anni di Presidenza del Milan, ora penso fossero per loro, per quelli che abbiamo visto accalcati in Piazza Duomo a salutare il feretro. Per quelli che accanto ai fiori ad Arcore lunedì hanno appoggiato la sciarpa rossonera. Se dividi i soldi spesi in 30 anni per quei 4 milioni e rotti di tifosi del Milan (la squadra con la seconda maggiore tifoseria dopo la Juve) Silvio ha speso 216 euro per comprare il cuore di ciascuno.

Sapeva che sarebbe entrato in politica? Non credo. Era un investimento-divertimento. Era uscire dall’insicurezza ed entrare nella Serie A degli imprenditori. Era giocare a fare il gigante come gli Agnelli.

A Torino Villar Perosa, 19 posti letto e una cappella esterna. Ad Arcore Villa San Martino, 137 stanze, una cappella interna, migliaia di volumi antichi e un Tiziano, che mi è stato ben raccontato l’ultima volta che ho fatto il mio ingresso al suo interno, insieme alla stanza del “bunga bunga”. C’era Francesca Pascale a fare gli onori di casa con 2 cagnolini carini. L’ho rincontrata Francesca, 3 settimane fa in saletta Trenitalia, a Milano, con sua moglie Paola Turci e si ricordava ancora di quello strano sabato in cui attraversai i controlli per una visita al re.

Anche lei, ora, nonostante abbia ereditato un’importante villa in zona, non ci è voluta più restare in Brianza. Perché deve avere qualcosa la Brianza che non va giù alle persone libere. Credo, prima di tutto, che in Brianza le donne non hanno mai toccato palla. E ancora, credo, il gioco sia più o meno a quei livelli lì. Non solo per il calcio. (segue…)

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