Futuro

Oggi il genere umano può accendere una stella

Gli scienziati di EuroFusion per 5 secondi hanno ottenuto una fusione nucleare, con risultati straordinari. Si va verso un’energia pulita (e quasi illimitata)
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11 febbraio 2022 Aggiornato alle 07:00

Nelle campagne inglesi di un paesino di 500 anime chiamato Culham, all’improvviso è come se si fosse accesa una stella. Se la immaginate in cielo vi sbagliate: tutto è avvenuto a terra, nel grande impianto europeo JET (Joint European Torus). Lì dentro è accaduto qualcosa di storico: una fusione nucleare per soli 5 secondi in cui sono stati prodotti 59 megajoules di energia, quasi il triplo di quanto si era riusciti a ottenere in un esperimento del 1997 (21,7). Si tratta di un primo gigantesco passo verso il futuro: se si riuscirà a ottenere la fusione nucleare in terra, che di fatto è la stessa dinamica che alimenta il sole e le stelle, potremmo avere una energia quasi illimitata e soprattutto pulita, a bassissime emissioni di CO2 e sicura.

Un sogno, di questi tempi in cui paghiamo a caro prezzo per la crisi climatica ed energetica, con un caro bollette di elettricità e gas alle stelle, per cui probabilmente dovremo però aspettare sino al 2040 o 2050, periodi in cui gli sviluppi scientifici e tecnologici possibili porteranno si spera a utilizzare la fusione nucleare per fini commerciali generando energia elettrica.

Se è vero che per trarre i benefici della fusione serviranno ancora diversi anni, l’esperimento realizzato grazie alla potente macchina tokamak va però considerato come una pietra miliare nello sviluppo della fusione nucleare, da non confondere con la fissione, quella a cui siamo già abituati.

Quest’ultima è alla base delle centrali nucleari di tutto il mondo in cui si ottiene energia dalla divisione degli atomi all’interno dei reattori: la produzione di scorie radioattive e i passati incidenti di Chernobyl e Fukushima non permettono però oggi di considerarla una fonte di energia totalmente affidabile e priva di rischi.

La fusione nucleare, invece, un sogno che l’uomo insegue da oltre quarant’anni, si basa sull’unione di nuclei di elementi leggeri, come l’idrogeno, per formare atomi più pesanti come l’elio e generare una enorme quantità di energia sotto forma di calore. Grazie a questo processo si arriverebbe a una energia quasi illimitata, con pochissime emissioni di CO2 e residui radioattivi.

Il problema è che, sebbene l’esperimento inglese sia durato appena 5 secondi, siamo ancora lontani da ottenere una energia a uso commerciale: in quegli istanti infatti si è ottenuta una potenza di 11 megawatt sufficiente per far andare giusto 60 bollitori d’acqua.

Nonostante questo, per gli esperti si tratta di un risultato che apre le porte al futuro e conferma l’impegno che diversi Paesi del mondo, tra cui Usa, Russia, stati dell’Unione Europea e Cina, stanno mettendo nel realizzare nel sud della Francia ITER, ovvero la versione più grande e avanzata di JET, un progetto che mira a dimostrare la fattibilità tecnica e scientifica dell’energia da fusione.

Se si è arrivati a centrare questo primo obiettivo lo si deve grazie al consorzio EUROfusion, cofinanziato dalla Commissione Europea, che raduna oltre 4.800 scienziati internazionali fra cui anche un team di italiani coordinati da ENEA (Agenzia nazionale per nuove tecnologie, energia e sviluppo economico sostenibile).

Secondo Joe Milnes, capo delle operazioni di JET, «abbiamo dimostrato che possiamo creare una mini stella all’interno della nostra macchina e tenerla lì per 5 secondi e ottenere prestazioni elevate, il che ci porta davvero in una nuova era». Per Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), «i risultati annunciati attestano il raggiungimento di un obiettivo estremamente importante, la conferma sperimentale su JET che in una configurazione tokamak è possibile ottenere elettricità da fusione, e sono un passo cruciale verso la produzione in futuro di energia abbondante ed eco-sostenibile».

Anche Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare di ENEA, parla di «grande emozione e, in rappresentanza di tutta la compagine italiana che ho l’onore di coordinare nel programma europeo della fusione, mi congratulo per l’importantissimo risultato raggiunto dal JET. Questo record potrà convincere anche i più scettici che, condividendo competenze e risorse, il cammino che porterà alla fusione come fonte energetica si è fatto più breve».

L’esperimento a fusione di JET, che è in grado di generare plasmi che raggiungono temperature di 150 milioni di gradi Celsius, 10 volte la temperatura al centro del sole, è un banco di prova di importanza vitale per i futuri progetti ma come detto è solo un passo, seppur decisivo, in un percorso ancora molto lungo. La fusione è il punto di arrivo, ma in mezzo restano ancora molti problemi a livello mondiale di approvvigionamento energetico pulito: mentre stiamo cercando di decarbonizzare abbandonando petrolio gas e carbone, per la maggior parte della comunità scientifica mondiale è sì doveroso pensare a nuove forme come la fusione, ma anche spingere in maniera globale sulle energie rinnovabili oggi ancora troppo poco utilizzate.

Se infatti la fusione è attesa fra non prima di 20 o 30 anni, a oggi le rinnovabili appaiono come la principale soluzione sul breve termine per garantirci energia pulita. L’altra, per chi intende inserire la fissione nucleare nella tassonomia verde, è appunto puntare sulle centrali nucleari.

Paesi come l’Italia, che per referendum hanno detto no a quel tipo di nucleare, non potranno farlo, e nemmeno altri a stretto giro, visti i tempi medi di costruzione delle centrali di una quindicina di anni. Oltretutto, proprio mentre nel mondo veniva annunciato il risultato della fusione nucleare, in Finlandia è stata finalmente allacciata alla rete elettrica, dopo ben 13 anni di ritardi e costi triplicati, l’ultima centrale nucleare a fissione divenuta operativa in Europa, Olkiluoto 3. Sarà la più potente di tutte, ma avrà anche il merito di ricordarci quanto anche per la fissione dell’atomo i tempi - che non abbiamo visto la crisi climatica che corre veloce - sono strettissimi: doveva essere pronta già nel 2009.

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