Economia

Licènziáti: chi sta perdendo il lavoro oggi a Lyft?

Sono colossi che hanno accumulato profitti per anni. E ora licenziano. Stiamo parlando di multinazionali, banche e Big Tech. Se vuoi sapere quali, hai scelto la rubrica giusta
Credit: Wendy Wei
Tempo di lettura 3 min lettura
12 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

Per le banche, le grandi imprese del settore tech e multinazionali non è decisamente un buon momento: incertezza finanziaria e riduzioni significative degli investimenti hanno colpito le enormi aziende. Come accade per ogni crisi economica, a patire le vere conseguenze sulla propria pelle è il mondo del lavoro: non bastano riduzioni di capitale sociale e ricorso a sovraindebitamento per salvare i titoli sui mercati, spesso sospesi per eccessivo ribasso. Bisogna licenziare, tagliare le posizioni ormai superflue.

L’ondata di tagli al personale sbarca nel settore del ride hailing, ossia il servizio che connette, tramite app o portale online, utenti che necessitano un passaggio e conducenti di veicoli privati, ossia i driver. Negli ultimi anni, complice anche la pandemia, tra le molte imprese tecnologiche che si sono affacciate a questo business particolarmente redditizio c’è su Lyft, azienda fondata a San Francisco nel 2012 che offre servizi di trasporto privato e un sistema di condivisione di biciclette e noleggio di auto, attivo negli Stati Uniti e in alcune città canadesi.

Si tratta della seconda compagnia di ride sharing negli Usa subito dopo Uber, anch’essa di San Francisco. Quest’ultima (che a dicembre 2022 contava un fatturato di 8,61 miliardi) è riuscita a piazzarsi come principale player nel mercato del trasporto automobilistico privato statunitense grazie a investimenti mirati e diversificazione del proprio business attraverso Uber Eats, piattaforma di consegna di cibo online operativa in oltre 6.000 città di 45 Stati, che proprio a marzo 2020 ha registrato un aumento del 30% dei nuovi clienti.

Sul versante opposto, Lyft non è riuscita ad allargare la sua influenza sul mercato mondiale, pagando la sua minore elasticità con ricavi di 1,2 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2022 e una perdita netta di 588,1 milioni, in forte aumento rispetto allo stesso periodo del 2021. Un risultato che, pur essendo il più alto nella storia dell’azienda, secondo il suo direttore finanziario Elain Paul, appare tuttavia deludente rispetto alle stime di Wall Street e dei vertici della società.

Ecco perché David Risher, già dirigente a Microsoft e Amazon e che, proprio questo aprile, ha assunto la carica di amministratore delegato, ha dichiarato in una nota aziendale che entro la fine del mese ci sarà un significativo taglio al personale. Anche se non è stato chiarito l’ammontare del ridimensionamento dell’organico, una fonte attendibile e vicina ai piani alti dell’impresa fa sapere al New York Times e al Wall Street Journal che la decisone potrebbe mandare a casa circa 1.200 persone, pari al 30% dell’intera forza lavoro di Lyft, che conta già 4.000 dipendenti.

Non è certo una novità per i lavoratori della compagnia di San Francisco che, dopo il licenziamento di 683 dipendenti deciso nel novembre scorso, avvertivano nell’aria il rischio di ulteriori (drastiche) riorganizzazioni interne finalizzate a «ridurre i nostri costi per offrire corse convenienti, guadagni convincenti per i conducenti e una crescita redditizia», spiega Risher, che intende canalizzare il denaro in precedenza destinato alle buste paga dei dipendenti «per investire in prezzi competitivi, tempi di ritiro più rapidi e migliori guadagni per i conducenti».

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