Economia

Licènziáti: chi sta perdendo il lavoro oggi a Twitter?

Sono colossi che hanno accumulato profitti per anni. E ora licenziano. Stiamo parlando di multinazionali e Bigtech. Se vuoi sapere quali, hai scelto la rubrica giusta
Credit: cottonbro studio.    
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13 aprile 2023 Aggiornato alle 17:00

Per le grandi imprese del settore tech e multinazionali non è decisamente un buon momento: incertezza finanziaria e riduzioni significative degli investimenti hanno colpito le enormi aziende. Come accade per ogni crisi economica, a patire le vere conseguenze sulla propria pelle è il mondo del lavoro: non bastano riduzioni di capitale sociale e ricorso a sovraindebitamento per salvare i titoli sui mercati, spesso sospesi per eccessivo ribasso. Bisogna licenziare, tagliare le posizioni ormai superflue.

I licenziamenti nel mondo delle big tech continuano a inondare il mercato del lavoro di ex dipendenti di grandissime società un tempo ritenute formidabili e indistruttibili, che tuttavia sono piegate da investimenti troppo rischiosi e politiche organizzative confuse. Ciò che è successo (e continua a succedere) a Twitter dà la misura di questa tendenza.

Per riassorbire le perdite successive all’acquisizione da 44 miliardi del social network, Elon Musk ha attuato un massiccio taglio del personale che, oggi (come affermato dallo stesso imprenditore alla Bbc) ha mandato a casa ben 6.500 dipendenti su 8.000, risparmiando il lavoro a poco più di 1.500 persone. Una scelta «dolorosa» che per l’enorme quantità di organico da licenziare si presenta impossibile da attuare di persona, ripiegando invece sulla disattivazione dei propri account aziendali e sulla successiva mail standard fatta di scuse e compassione.

Il settore delle grandi imprese ad alto valore tecnologico vive una crisi senza eguali, frutto di scelte strategiche sbagliate, troppo agganciate al presente e scarsamente lungimiranti. Lo ammetteva lo stesso Zuckerberg in un recente messaggio aziendale, in cui si scusava con i 20.000 dipendenti licenziati per aver accelerato eccessivamente le assunzioni durante il periodo più difficile della pandemia.

Proprio nel biennio maggiormente colpito dal Covid-19, infatti, le aziende avevano aumentato vertiginosamente il proprio organico incentivati dalla fortissima presenza online di tutto l’occidente, costretto a vivere fra le 4 mura di casa e immerso nel web per lavoro, studio o qualsiasi altro tipo di contatto sociale. Una domanda crescente da parte dei consumatori che ha portato guadagni enormi e vigorosi investimenti, oltre che nuovo personale.

Di conseguenza, il settore tecnologico (dai social network all’e-commerce, fino ai servizi di streaming e messaggistica istantanea) ha registrato una crescita significativa con un aumento medio dell’86% delle proprie quotazioni in borsa.

Un periodo sicuramente inebriante per colossi del web e per inserzionisti pubblicitari, ma che con lo sgonfiarsi dell’emergenza e l’aumento generalizzato dei prezzi, ha visto rapidamente il proprio entusiasmo calare. E così i lavoratori delle big tech, in maggioranza giovani e convinti fino a poco tempo fa di essere inseriti in realtà forti e in perenne espansione, con un impatto notevole sulla società e un potenziale in continuo aumento, si ritrovano in massa senza lavoro e un possibile tracollo psicologico, ma con un mercato circostante che potrebbe sorprendere.

Laddove le grandi aziende della Silicon Valley licenziano e oscurano annunci di lavoro, ecco che emerge all’orizzonte la possibilità delle piccole e medie imprese: startup innovative finalizzate allo sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico, assetate sì di finanziamenti, ma anche di talenti capaci di spingere e potenziare il loro business.

Parliamo di imprese emergenti e operative in ambiti ancora poco stabilizzati ma che il mercato (in perenne ricerca di una nuova New New Thing su cui investire) osserva con curiosità, come quello dell’energia pulita, dei veicoli elettrici e della tanto discussa intelligenza artificiale. Settori in cui tanti ex lavoratori delle big tech si immergono per creare progetti stimolanti e innovativi, con spirito di sacrificio e nella forte consapevolezza di non poter aspirare a guadagni immensi (per lo meno nell’immediato).

Non ha dubbi in merito Laurent Descout, fondatore e amministratore delegato della società fintech Neo di Barcellona, per cui «Il danno per le big tech è diventato un vantaggio per le startup» che beneficiano della migrazione dei talenti delle grandi società tech ad aziende più piccole.

I lavoratori infatti, soprattutto neolaureati, «hanno dubbi per la loro stabilità e si rivolgono ad aziende emergenti piuttosto che ai giganti del settore» non più capaci di garantire sicurezza e benefit a chi cerca occupazione. In una complessiva rivalutazione della propria ambizione personale e professionale, secondo Descout i giovani di oggi preferiscono sempre più «svolgere un ruolo più importante in una piccola azienda, e ottenere una partecipazione significativa» rispetto a essere «un piccolo ingranaggio di una macchina immensa in un’azienda tecnologica più grande», con evidenti ricadute nel numero sempre più alto di candidature da parte di lavoratori altamente qualificati in settori tecnologici, anche verso aziende ben più grandi delle startup ma attive in tutt’altri mercati.

In massa tornano infatti a bussare alle porte di aziende operanti in ambiti completamente differenti come quello finanziario, logistico, ma anche industrie produttrici di alimenti o la grande catena di supermercati Walmart Inc., business lontani fra loro ma capaci tutti di assorbire la forza lavoro appena licenziata e giovarsi della loro expertise tecnologico-digitale.

Alcuni osservatori ipotizzano che questa tendenza potrebbe rappresentare l’ennesima bolla destinata a scoppiare nel momento in cui le big tech, superato il periodo nero, ritorneranno in pista recuperando di colpo tutta l’attrattiva persa. Per il momento l’esigenza di snellire la propria forza lavoro sembra essere comunque l’unica impellente preoccupazione dei grandi colossi dell’internet, orientati al risanamento delle perdite senza esclusione di colpi.

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