Ambiente

Libertà di emettere CO2: spesso a pagare è chi inquina meno

Quanto sono coerenti e disinteressate le iniziative nate per limitare le emissioni di anidride carbonica? Alcune, poco. Qui te ne raccontiamo due
Credit: Nathan Watson
Tempo di lettura 4 min lettura
11 aprile 2023 Aggiornato alle 06:30

Nel nobile tentativo di limitare le emissioni di anidride carbonica, varie sono le iniziative assunte in tutto il mondo, non tutte però genuine e disinteressate e quantomeno coerenti.

Non mi riferisco tanto alla polemica sorta su Verra (la società che attesta le certificazioni in relazione ai carbon credit) e alla validità delle certificazioni stesse, quanto alle modalità con le quali i risultati auspicati o effettivi sono raggiunti.

Due sono i casi che stanno richiamando l’opinione pubblica internazionale: il piano di riforestazione che la Total Energies ha intrapreso già dal 2021 nella Repubblica Democratica del Congo e il piano promosso in Kenya, che sfrutta la pastorizia per ridurre le emissioni di anidride carbonica.

Il primo caso si riferisce a un piano di riforestazione molto importante, con la piantumazione di alberi di acacia su un territorio vasto 4.000 ettari in un arco di dieci anni nell’area del Batéké Plateau: un piano rilevante che dovrebbe avere benefici effetti per il pianeta.

Come spesso accade, però, ogni medaglia ha due facce e l’altra è legata all’allontanamento delle comunità locali, che coltivano a manioca parte delle aree oggetto di riforestazione, con il duplice effetto negativo di snaturare la vita delle comunità stesse e di privare una regione già povera del proprio sostentamento alimentare.

Ovviamente queste sono le obiezioni sollevate da alcuni organizzazioni operanti in questa tormentata regione; la Total Energies, invece, nega che vi siano trasferimenti forzati. L’esperienza di queste regioni angustiate, non solo dalla fame ma anche da fenomeni di guerriglia cui i Governi reagiscono in maniera autoritaria, purtroppo insegna che la volontarietà degli spostamenti può essere dubbia, al di là delle buone intenzioni delle parti interessate.

E, mentre si sviluppa tale progetto, la stessa Repubblica Democratica del Congo ha messo in vendita delle concessioni di estrazione petrolifera in aree che ben potrebbero rimanere verdi: un’organizzazione americana (EQX Biome) ha offerto di acquistare la concessione di estrazione che riguarda il Virunga Park proprio per evitare le estrazioni e il loro devastante impatto sull’ambiente e mantenere la biodiversità di quest’area dove, tra gli altri, vivono i gorilla. Al momento, la proposta non risulta essere stata ancora accolta.

Ma si sa: l’uomo è misura di tutte le cose e allora perché non distruggere prima per poi ricostruire dopo come novelle Penelope? Almeno Penelope era animata dalla necessità di dovere guadagnare tempo, laddove - in base ai dati degli scienziati - di tempo ormai ne abbiamo veramente poco.

L’altro caso oggetto di polemiche è il progetto condotto in Kenya denominato Northerland Kenya Grassland Carbon Project: l’idea sottostante è un poco come l’uovo di Colombo.

L’erba assorbe anidride carbonica mentre cresce, tramite la pastorizia essa viene costantemente tagliata e quindi spinta a una continua rigenerazione. Il progetto benedetto dal Presidente del Kenya e premiato in sede internazionale, è sotto osservazione da parte della stessa Verra, dal momento che i risultati proclamati dai suoi ideatori non sembrano essere così certi, in quanto non avrebbero considerato il fatto che le greggi, quando pascolano, non sono facilmente manovrabili in spazi non soggetti a recinzioni, che i pastori seguono il ciclo delle stagioni e che l’erba cresce soltanto dove è benedetta dalle piogge.

La validità del sistema, ai fini del contenimento delle emissioni di anidride carbonica, non è però il punto che mi interessa sollevare in questa sede: la critica che viene da molti sollevata sul progetto è legata al fatto che lo stesso, per essere efficace, richiede un cambiamento radicale delle abitudini delle popolazioni pastorali interessate, che sono comunità nomadi.

Come nel caso del Congo, riemerge il fattore ricorrente: nella caccia al carbon credit e alla libertà di inquinare, è l’uomo che non inquina e che è diverso da noi che deve pagare il prezzo, la biodiversità vale solo per gli animali e le piante, gli uomini diversi dai cosiddetti “civilizzati” no, forse perché ci ricordano come eravamo noi decenni fa e forse il guardarci nello specchio del tempo non ci piace.

Questo, ovviamente, non vale per tutti, ma sembra che valga per molti.

Leggi anche
Cambiamento climatico
di Giacomo Talignani 3 min lettura
Cambiamento climatico
di Redazione 5 min lettura