Ambiente

Cattura e stoccaggio di CO2: si può fare di più

Crescono gli impegni di Paesi e industrie per puntare sulle tecnologie Ccus. Per l’IEA dovremo intercettare 7,6 miliardi di tonnellate all’anno di CO2. Oggi, sono circa 300 i nuovi progetti in via di sviluppo
Credit: Iea.org
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24 gennaio 2023 Aggiornato alle 07:00

Quanta anidride carbonica riusciremo a catturare? Stanno funzionando le tecnologie di cattura e stoccaggio? A che punto è lo sviluppo nel mondo di queste tecnologie?

Interrogativi leciti, vista la velocità della crisi climatica in corso, che molti Paesi si stanno ponendo nel tentativo di trovare strategie per porre un freno alle emissioni climalteranti.

Di recente, dopo aver incontrato Greta Thunberg e altre attiviste a Davos, il direttore dell’Iea - l’Agenzia Internazionale per l’Energia - Fatih Birol ha ribadito come è sempre più necessario non solo spingere sulle rinnovabili ed evitare di investire in nuovi impianti di combustibili fossili, ma anche lavorare e puntare sulle nuove tecnologie per assorbire carbonio.

La Iea stessa ha fissato un obiettivo utile per restare sotto soglie di innalzamento delle temperature nocive: catturare 7,6 miliardi di tonnellate all’anno di CO2 grazie ai nuovi sistemi. Quali? Si tratta soprattutto delle tecnologie note come Ccus che permettono - a seconda dei casi - di catturare, utilizzare e stoccare l’anidride carbonica per esempio legata alle industrie.

Molti Paesi stanno tentando di puntare su questi progetti utili alla decarbonizzazione ma per ora si va ancora a rilento.

Nello scenario Net Zero Emissions by 2050 la stragrande maggioranza della CO2 catturata viene immagazzinata ma attualmente esistono solo 35 strutture commerciali nel mondo che applicano Ccus ai processi industriali, alla trasformazione dei combustibili e la generazione di energia.

Finora, dice l’Iea, l’implementazione è stata al di sotto delle aspettative anche se lo slancio adesso c’è: sono circa 300 i nuovi progetti in via di sviluppo nel mondo e 200 sistemi di cattura del carbonio potrebbero entrare in funzione entro il 2030 catturando oltre 220 Mt di CO2 all’anno, una cifra importante ma ancora insufficiente per gli obiettivi climatici. Anche per questo la Iea sostiene che è necessaria una volontà politica per tradurre lo slancio in azione, fornendo sostegno e “garantendo al contempo che siano in atto quadri giuridici e normativi adeguati”.

Alcuni impianti importanti sono già operativi o in sviluppo in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Cina e Giappone, ma servono ulteriori sforzi in tutto il mondo.

A differenza dei sistemi Ccu (cattura e stoccaggio del carbonio solitamente all’interno di formazioni geologiche sotterranee) i processi Ccus puntano non solo a catturare la CO2 ma anche a comprimerla per permetterne il trasporto (tramite condotte, oppure via terra e mare) e utilizzarla per usi industriali, dal cemento alle biomasse per il comparto alimentare. Un ipotetico processo virtuoso per cui servono però risorse per ricerca e sviluppo, così come incentivi alle industrie che usano questi sistemi.

Attualmente diverse compagnie e multinazionali dell’oil and gas, compresa l’italiana Eni, stanno sviluppando sistemi di Ccus anche se ci vorrà tempo per vedere operatività ed effetti di queste strutture.

A investire nei Ccus sono stati di recente anche gli States con l’Inflaction Reduction Act presentato dal Presidente Joe Biden, oppure l’Europa con i fondi Horizon Europe e il Connecting Europe Facility. Come ha ribadito la Iea, siamo ancora lontani dagli sforzi necessari per implementare a livello mondiale queste tecnologie, ma la strada è tracciata e sembra crederci anche il mondo della finanza: si stima infatti che entro la fine del 2023 la capacità cumulativa della Ccus (prevista entro il 2030) potrebbe aumentare del 50%.

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