Ambiente

Francesca Verga: «Non è pensabile passare dal fossile al rinnovabile in una notte»

La professoressa di idrocarburi e fluidi nel sottosuolo al Politecnico di Torino ci ha spiegato perché il progetto della centrale che raccoglierà e stoccherà CO2 al largo di Ravenna potrebbe essere una buona idea
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18 gennaio 2023 Aggiornato alle 14:00

A fine anno è stato raggiunto un accordo tra Snam ed Eni per la centrale Ccs (Carbon capture and storage) al largo di Ravenna, il sistema di raccolta e stoccaggio della CO2.

Il progetto mira a porre come misura di contenimento della dispersione di CO2 nell’atmosfera, la cattura della stessa e lo stoccaggio nel sottosuolo, in giacimenti di gas esauriti. Secondo le intenzioni di Claudio Descalzi e Stefano Venier, amministratori delegati rispettivamente di Eni e Snam, il processo prevedrà varie fasi di studio e ricerca e l’assunzione di 500 lavoratori.

Stando a quanto ha dichiarato Descalzi, questo tipo di misure sono fondamentali per «evitare le emissioni di CO2 dei settori altamente energivori», come acciaierie, vetrerie e cementifici, e aiuteranno la transizione ecologica.

In un primo momento è prevista la cattura di 25.000 tonnellate di CO2 prodotte dalla centrale Eni di trattamento di gas naturale di Casalborsetti (sempre nel ravennate).

Da lì saranno convogliate verso la piattaforma di Porto Corsini Mare Ovest dove verranno iniettate nel giacimento di gas esaurito.

Abbiamo chiesto a Francesca Verga, professoressa di idrocarburi e fluidi nel sottosuolo presso il Politecnico di Torino, di spiegarci le origini di questo sistema, il suo funzionamento e se considera questo metodo uno strumento valido nel percorso di transizione ecologica.

Diciamo subito che lo stoccaggio sotterraneo del gas naturale risale come primo esperimento al 1915 e, allora come oggi, rispondeva all’esigenza di bilanciare la domanda e l’offerta, allineare, cioè, la produzione di gas naturale con la domanda perché la produzione è tipicamente costante mentre la domanda fluttua su base giornaliera, stagionale e in base ad altri fattori. Attualmente ci sono poco meno di 700 impianti di stoccaggio di gas naturale nel mondo. Perché si sceglie il sottosuolo? Perché da lì proviene il gas ed è quindi nata l’idea di utilizzare i giacimenti esauriti, da cui il gas era già stato prodotto, per iniettarlo ed erogarlo stagionalmente. Più recentemente, invece, almeno una trentina di anni fa, si è pensato di utilizzare il sottosuolo per smaltire la CO2 invece di liberarla nell’atmosfera: catturarla specie lì dove c’è una fonte di emissione concentrata e iniettarla nel sottosuolo in profondità. Quando parliamo di stoccaggio di gas e di CO2, si prevedono profondità superiori al km. Gli impianti di stoccaggio sotterraneo di CO2 sono circa 30 nel mondo, un numero intorno ai 160, invece, sono in fase di sviluppo. Si sta anche ragionando sullo stoccaggio sotterraneo dell’idrogeno perché la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è discontinua per natura. L’idea alla base, nel caso dell’idrogeno, quindi, è quella di usare l’eccesso di energia elettrica da rinnovabili per produrre idrogeno e stoccarlo come energia chimica per uso in tempi successivi. La grande differenza tra stoccaggio di gas naturale o idrogeno e di CO2 sta nel fatto che per i primi lo si utilizza per bilanciare domanda e offerta energetica, mentre nel caso della CO2 lo stoccaggio è permanente, è una misura, quindi, per toglierla di mezzo per sempre.

Secondo lei il sistema di stoccaggio della CO2 funziona? Quali sono i punti deboli?

Tecnicamente funziona. A Ravenna verrà stoccata solo CO2 e utilizzato un giacimento che conteneva gas naturale, che ha prodotto le riserve che conteneva e ora è esaurito. Può quindi accogliere la CO2 al posto del gas. Sicuramente, tra le criticità, vedo i costi. Uno smaltimento con questo processo ha un costo alto che non porta un valore aggiunto se non ambientale ed etico, cosa non da poco certo, ma non c’è un vantaggio industriale di tipo economico.

Al di là di questo, però, non vedo gravi altre problematiche, non comprendo le critiche rispetto al fatto che si tratti di un sistema che giustifica il ricorso ai combustibili fossili: non penso ci sia alcuna correlazione, nel caso di Ravenna parliamo solo di stoccaggio di CO2 e il tema affrontato è la riduzione delle emissioni della CO2. Poi certo è giusto portare avanti anche i molti progetti per la transizione verso fonti rinnovabili e per l’uso dell’idrogeno, ma gli uni non escludono l’altro.

Ma non c’è un problema di far ruotare tutto, in ogni caso, attorno al fossile? In altre parole ,di non scegliere una volta e per tutte di imboccare decisamente la via delle rinnovabili?

Non è pensabile passare dalla energia fossile a quella rinnovabile in una notte, si chiama transizione proprio per questo. Tutti sanno che ci sono industrie che non potranno mai fare affidamento sulle fonti rinnovabili e che quindi continueranno a usare il fossile. Io credo molto nella transizione e nello sforzo congiunto di liberarsi gradualmente del fossile, ma al tempo stesso penso sia corretto mettere in campo tutte le strategie che aiutano la transizione e, tra queste, lo stoccaggio di CO2. Poi immagino che bisognerà rivolgersi a ogni strategia possibile per ridurre le emissioni, basarsi su un’unica non è vincente e neanche lungimirante. A volte faccio fatica a comprendere certe posizioni che mi sembrano troppo ideologiche, io sono molto preoccupata per la crisi ambientale e credo che la decarbonizzazione sia molto più che urgente ma non penso sia un giusto approccio limitarsi all’ una o all’ altra tecnologia o escluderne alcune. Anche l’Europa si è espressa favorevolmente rispetto allo stoccaggio e non dimentichiamoci che, per quanto possa sembrare banale, il passaggio all’elettrico si fa producendo elettricità e al momento non è pensabile affidarsi al 100% alle rinnovabili”.

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