Diritti

Iran: chi non indossa il velo non potrà frequentare la scuola

Aumentano i divieti contro le donne che decidono di non portare l’hijab. In fase di valutazione una legge che, in caso di approvazione, punirebbe le ragazze che trasgrediscono con una multa fino a 60.000 dollari
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7 aprile 2023 Aggiornato alle 11:00

«L’uso dello hijab è una restrizione basata sulla legge islamica (Sharia) e sulla costituzione. Rimuovere l’hijab è inoltre religiosamente e politicamente proibito»: queste le parole, riportate da Iran International, con cui si è espresso Ali Khamenei, leader supremo della Repubblica islamica, durante un recente incontro con alcuni funzionari governativi.

Khamenei, che per marcare il divieto di togliere lo hijab ha utilizzato il termine arabo haram (ossia proibito), ha poi aggiunto: «Le proteste contro l’uso obbligatorio dello hijab in Iran sono orchestrate dalle agenzie di spionaggio dei Paesi nemici», riferendosi implicitamente a Israele e agli Stati Uniti.

Questa dichiarazione giunge appena un giorno dopo la comunicazione del 3 Aprile emanata dal ministero dell’Istruzione: in concomitanza con la riapertura delle scuole dopo le festività del Nowruz, il capodanno persiano, Radio Farda riferisce che il Ministero ha annunciato il divieto di fornire servizi educativi agli studenti e alle studentesse delle scuole e delle università che non seguono i codici di abbigliamento. Sintetizzando: le donne che non indossano l’hijab non saranno ammesse in classe.

Una misura necessaria, secondo il Ministero dell’Istruzione, per rilanciare la cultura, le credenze islamiche e portare avanti i valori religiosi, come la castità, in linea con quanto asserito 24 ore prima dal Ministero della Scienza, della Ricerca e della Tecnologia, «tutte le università e i centri di istruzione superiore sotto la supervisione del Ministero della Scienza non sono in grado di fornire servizi educativi, assistenziali, e vitto e alloggio, agli studenti che non osservano dignità studentesca e l’uso dello hijab».

Pensare che a una ragazza che non indossa il velo possa essere vietata l’istruzione e una formazione educativa riporta alla mente i recenti casi di avvelenamenti di studentesse che, secondo molti attivisti, dissidenti e lo stesso sindacato degli insegnanti, era opera del regime per impedire alle ragazze di studiare.

Se riguardo la vicenda degli avvelenamenti il Governo si è dichiarato estraneo, i provvedimenti dei Ministeri dell’Istruzione e della Scienza confermano una Repubblica Islamica che impedisce e non vuole l’integrazione delle donne. Sorvegliare le studentesse, punendo ed escludendo dalla vita scolastica coloro che non rispettano le regole, vuol dire negare un diritto alla conoscenza e a un futuro migliore.

Questa stretta sull’hijab, tuttavia, non riguarda esclusivamente le studentesse, ma è estesa a tutte le cittadine iraniane. Iran International riporta che a metà marzo sono state annunciate ulteriori misure per contrastare la disobbedienza civile e imporre l’uso corretto dello hijab; inoltre, è in programma una nuova legge che, se venisse approvata, punirebbe le donne che trasgrediscono con una multa fino a 60.000 dollari, la revoca delle patenti di guida e dei passaporti, e il divieto di utilizzo di internet per celebrità e influencer.

Per monitorare le cittadine e poter così identificare che non rispetta le regole, le autorità iraniane utilizzerebbero apposite telecamere di sorveglianza dotate di un software di riconoscimento facciale.

Non c’è comunque bisogno di attendere la nuova legge. Infatti, già in queste settimane, in molte città iraniane si sta assistendo a azioni fortemente restrittive e sanzionatorie verso gli esercizi commerciali e di ritrovo dove non viene osservato il rispetto delle leggi islamiche e delle regole dell’hijab da parte di proprietari o gestori. Molte attività, come a esempio ristoranti, bar, e addirittura farmacie, sono stati chiusi, mentre è stato ordinato ai funzionari di banche e uffici pubblici di non fornire alcun servizio alle donne senza hijab.

A proposito un video pubblicato su Twitter il 1° aprile, e divenuto poi virale, mostra il rifiuto da parte del personale dell’aeroporto di Shiraz di concedere i biglietti alle donne che non indossano l’hijab, informandole che se vogliono salire sull’areo devono mettersi il velo.

Questi divieti, va precisato, non sono una novità in Iran, e la vicenda di Jina Mahsa Amini ce lo insegna. Secondo la legge islamica le donne che si tolgono o si presentano nei luoghi pubblici senza il velo rischiano la reclusione o il pagamento di una multa; ma con lo scoppio delle proteste a metà settembre, sempre più ragazze hanno sfidato questa legge. Per questo motivo, ora il regime impone una stretta e minaccia interventi più severi.

Nei giorni scorsi a ritornare sulla questione dell’hijab sono stati anche il capo della Magistratura Gholamhossein Mohseni Ejei, che ha avvertito che le donne che non indossano il velo saranno perseguite senza pietà, e il Presidente Ebrahim Raisi, che ha dichiarato: «Se alcune persone dicono di non credere all’uso dell’hijab è bene usare la persuasione, ma il punto fondante è che indossarlo è un requisito e una questione legale».

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