Diritti

La sorveglianza tecnologica sui cittadini viola i diritti umani?

Alcuni Stati utilizzano “la retorica della sicurezza” servendosi di intelligenza artificiale e dati biometrici in modo improprio. Lo spiega, in un report, la relatrice speciale Onu Fionnuala Ní Aoláin
Credit: Ellie Burgin
Tempo di lettura 4 min lettura
28 marzo 2023 Aggiornato alle 17:00

L’uso di tecnologie di sorveglianza all’avanguardia senza regolamentazione è in crescita, ma con un “costo enorme” per i diritti umani”. A dirlo è la Relatrice speciale delle Nazioni Unite per la promozione e protezione dei diritti umani nella lotta al terrorismo, Fionnuala Ní Aoláin, in un report presentato nell’ultima sessione del Consiglio dei diritti umani.

Ní Aoláin ha spiegato che alcuni Stati e società private usano l’antiterrorismo e “la retorica della sicurezza” per alimentare politiche di sorveglianza utilizzando intelligenza artificiale e dati biometrici in modo improprio. Secondo la Relatrice speciale: «Le giustificazioni eccezionali per l’uso di tecnologie di sorveglianza antiterrorismo a tutela dei diritti umani spesso si trasformano in un banale uso regolare».

L’impatto maggiore riguarda restrizioni e violazioni di diritti fondamentali come la libertà di movimento, di espressione, di partecipazione politica e il diritto alla privacy.

Dal report emerge che le stesse Nazioni Unite sono impegnate a consentire e a sostenere l’assistenza tecnica e lo sviluppo di nuove tecnologie antiterrorismo, senza però riuscire a rendere pienamente operativi gli obblighi di protezione in materia di diritti umani e sottovalutando sistematicamente i rischi di abuso che queste tecnologie possono comportare.

Le Nazioni Unite offrono infatti supporto allo sviluppo di tecnologie definite “ad alto rischio”. Tra queste ci sono l’intelligenza artificiale, la biometria e la sicurezza informatica: tecnologie che, se utilizzate in contesti di antiterrorismo, devono essere applicate nel rispetto dei diritti umani internazionali, del diritto dei rifugiati e del diritto umanitario.

A indicare i criteri di utilizzo di queste tecnologie da parte delle Nazioni Unite, ha detto Ní Aoláin, dovrebbero essere le linee guida fornite dal Segretario generale Onu sulle nuove tecnologie.

L’obiettivo di queste linee guida è quello di utilizzare intelligenza artificiale, biometria e sicurezza informatica per accelerare il raggiungimento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nel rispetto dei valori sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dagli standard del diritto internazionale.

Ma la preoccupazione maggiore emersa nel corso della 52° sessione del Consiglio dei diritti umani è che queste tecnologie si stiano diffondendo nel mondo senza un’efficace supervisione legale, lasciando impuniti Governi e società private che violano “in modo devastante i diritti umani”. Il punto chiave, secondo la Relatrice speciale, è che le pratiche abusive sono radicate nell’ambito dell’antiterrorismo e del contrasto all’estremismo violento proprio perché, in assenza di una definizione internazionale concordata di questi fenomeni, gli Stati le utilizzano per promuovere una varietà di interessi che poco hanno realmente a che fare con la tutela dei diritti umani e dello Stato di diritto.

Per frenare questa diffusione e limitare gli abusi di tali pratiche, il report presentato da Fionnuala Ní Aoláin chiede agli Stati che le possiedono di smettere di vendere o trasferire le tecnologie “a rischio” a Stati che hanno una storia comprovata di violazioni dei diritti umani.

In linea con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il report chiede inoltre di sospendere il trasferimento di tecnologie di sorveglianza non regolamentato, di bandire a livello globale i sistemi d’arma autonomi letali (ovvero quegli ordigni che possono colpire un obiettivo militare senza l’intervento umano) e propone un modello per adottare un quadro normativo globale sull’uso delle tecnologie di sorveglianza.

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