Diritti

Iran: cresce la prostituzione, ma solo le donne vengono punite

Le iraniane sono spesso costrette a vendere il proprio corpo per sopravvivere. Lo Stato, però, condanna solo loro, con il carcere, le violenze fisiche o la morte. Nessuna pena per i clienti
Credit: Mateusz Klein
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16 marzo 2023 Aggiornato alle 10:30

Il recente film Holy Spider del regista Ali Abbasi ha acceso un faro su una tematica poco conosciuta: la prostituzione in Iran, vietata per legge dal 1979, anno della rivoluzione islamica in cui salì al potere lo Ayatollah Khomeini (nell’agosto del 1980 fu infatti dato alle fiamme il famoso quartiere a “luci rossi” Shahr-e No di Teheran).

Condannata dalla Repubblica islamica e dall’establishment religioso, riguardo la prostituzione non si hanno statistiche ufficiali. Nonostante ciò, tuttavia, qualche numero emerge. L’articolo firmato da Nasrin Bassiri per Iran Journal riporta che, secondo il sito in lingua persiana Eghtesaad24, nell’aprile 2021 si potevano contare diversi milioni di donne iraniane coinvolte nella prostituzione, mentre Rouydad24 ha stimato che nella sola Teheran, nel 2020, c’erano circa 8.000 “centri di intermediazione” (agenzie) per poter praticare questa attività.

Numeri che in questi anni, soprattutto a causa della crisi economica e dell’inflazione, possono essere raddoppiati, riferisce alla Bbc Amir Mahmoud Harrichi, professore di social welfare alla Tehran University. Dietro queste statistiche, però, si celano storie di donne che, per mancanza di alternative, sono state costrette a percorrere questa strada.

Le iraniane che si prostituiscono vivono una condizione di povertà, di tossicodipendenza, di violenza domestica o di marginalità sociale. L’inchiesta video di Radio Farda mostra proprio la testimonianza di una ragazza che, ancora minorenne, è stata costretta dalla sua famiglia a prostituirsi.

All’interno della Repubblica islamica, la parità di genere non esiste e per le donne è molto difficile farsi strada nel mondo del lavoro. Per questo, a volte, l’unica via che resta per guadagnare, poter pagare gli studi e mantenere la famiglia è vendere il proprio corpo.

Oltre alla condizione di povertà, dal video di Radio Farda emergere un altro aspetto riguardo la prostituzione in Iran: il 50% delle prostitute iraniane sono donne sposate con problemi economici, mentre nel suo articolo Bassiri scrive che, stando ai dati diffusi da Rouydad24, l’età media di chi si prostituisce è scesa da 20 anni a 18-12 anni negli ultimi 8 anni.

Ricordiamo che, indipendentemente dall’età, per la Repubblica islamica la prostituzione è un reato che prevede il carcere e/o una serie di frustrate, oppure la pena di morte nei casi in cui la donna risulti essere sposata, ma non solo. Ricordiamo il caso di Leyla Mafi, 21enne condannata a morte nel dicembre del 2004 per prostituzione. All’epoca, Amnesty International aveva comunicato che Mafi era stata costretta a prostituirsi all’età di 8 anni, che era stata violentata e che la sua capacità mentale equivaleva a quella di una bambina di quell’età. Nonostante questo, fu comunque condannata a morte.

La storia di Mafi, come quella di molte altre donne, mostrano uno Stato molto più severo con le donne, anziché con i clienti. Conferma che giunge anche dalle testimonianze raccolte da Radio Farda o dalla Bbc, in cui le prostitute confessano di subire spesso abusi o di non essere pagate dai clienti. «Gli uomini sanno che la prostituzione è illegale in Iran e che comporta gravi punizioni per le donne, quindi la usano a proprio vantaggio - racconta all’emittente britannica una prostituta, studentessa alla Teheran University - Mi è capitato in varie occasioni di non venir pagata, ma la mia condizione non mi permette di rivolgermi alle autorità».

Se da una parte, la Repubblica islamica condanna con ogni mezzo la prostituzione o, meglio, le prostitute, dall’altra permette la pratica del Sigheh (nikah mut’ah in arabo) i cosiddetti matrimoni temporanei, o di piacere. Attraverso la stipulazione di questo contratto, un matrimonio può durare da pochi minuti a 99 anni, concordando una somma fissa di denaro che spetta alla moglie per diritto.

Se generalmente gli uomini usufruiscono del matrimonio temporaneo durante i loro viaggi di lavoro, per non rimanere soli, le donne che stipulano questi contratti lo fanno solitamente per esigenze economiche. Ancora una volta, dunque, il genere femminile appare in una condizione di inferiorità.

Quello che sta accadendo in questi mesi, anche con l’avvelenamento alle studentesse iraniane, dimostra come il regime voglia escludere sempre di più le donne dalla vita sociale. Per questo, riporta Iran International, il ministero dell’Interno ha annunciato l’arresto di oltre 100 persone, definendo gli aggressori “appartenenti a gruppi ostili” che avevano l’intenzione di provocare paura e panico tra la gente e gettare la colpa sul regime. Il ministro ha però anche attribuito alcuni degli attacchi di avvelenamento a scherzi da parte degli studenti.

Il dubbio che dietro a questi episodi ci sia invece il Governo, per “zittire” le donne e non farle studiare. Questa ipotesi sembra essere la più probabile per il popolo iraniano e gli attivisti.

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