Diritti

Iran: aumenta sempre di più il numero di studentesse avvelenate

Dal primo episodio avvenuto nella città di Qom, il fenomeno non accenna a diminuire. Nella sola giornata del 1 marzo almeno 26 scuole sono state colpite da attacchi chimici
Female students attend a National Student Day ceremony at Tehran University in Iran, Dec. 7, 2022.
Female students attend a National Student Day ceremony at Tehran University in Iran, Dec. 7, 2022. Credit: West Asia News Agency
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3 marzo 2023 Aggiornato alle 12:00

Cresce la preoccupazione in Iran dove dal 30 novembre si stanno verificando numerosi avvelenamenti ai danni di studentesse.

Secondo BBC Persian fino al 26 febbraio sarebbero stati avvelenati circa 800 studenti, perlopiù ragazze, mentre Hrana, l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani, che cita Etemad News, parla di circa 1200 studenti avvelenati a scuola nelle ultime settimane.

Dal primo episodio avvenuto nella città di Qom, il fenomeno non accenna a diminuire. Nella sola giornata del 1 marzo almeno 26 scuole sono state colpite da attacchi chimici, mentre dopo i primissimi avvelenamenti, che costrinsero 18 studentesse al ricovero in ospedale, sempre nella città di Qom, il 4 febbraio più di 100 studentesse di 13 scuole sono state intossicate.

Martedì 28 febbraio, invece, come riporta l’agenzia di stampa affiliata allo stato Tasnim, nella scuola femminile Khayyam della città di Pardis, provincia di Teheran, un elevato numero di studentesse sono state avvelenate e 35 di esse hanno necessitato del ricovero.

Eventi simili si sono poi verificati in molte altre città, tra le quali Ardabil, Shahinshahr, Karaj e Kermanshah.

Sulla vicenda è intervenuto per la prima volta il 1 marzo il presidente Ebrahim Raisi che stando all’agenzia di stampa del regime Irna avrebbe ordinato alle autorità di indagare e chiesto al ministero dell’Interno, della Salute e all’Intelligence di rilasciare prontamente i risultati delle indagini.

Prima di quel momento il presidente, nonostante la gravità della situazione, non aveva mai commentato gli avvelenamenti.

Fino a ora dai test tossicologici effettuati non sono stati identificati né microbi né virus. Molte delle ragazze intossicate riferiscono di aver sentito, prima di stare male, odore di candeggina, menta, frutta marcia o gas, per questo si pensa che in questa serie di intossicazioni possa essere coinvolto in qualche modo il gas, un’arma molto usata dagli agenti di sicurezza.

A parte svolgere i test, durante questi mesi le istituzioni iraniane hanno trattato superficialmente il problema. Basti pensare che, come riferisce Iran International, il ministro della Sanità Bahram Einollahi, dopo una visita alle studentesse avvelenate a Qom, il 15 febbraio, dichiarò che «l’avvelenamento era di natura lieve», e che i sintomi includevano debolezza muscolare, nausea e stanchezza e nulla di più serio. Stando all’agenzia di stampa Tasnim, inoltre, sempre il ministro riferì che «scoprire come è stato prodotto il veleno, e se è stata una mossa deliberata non rientra nei doveri del ministero».

Se Bahram Einollahi definì questi avvelenamenti lievi, le testimonianze di alcune ragazze intossicate contraddicono le sue parole. «Dopo 20 giorni percepisco ancora un po’ di debolezza alle gambe, e ho problemi a muoverle», ha raccontato una studentessa a Radio Farda; mentre alla CNN la madre di un’altra vittima ha detto: «una delle mie figlie è stata avvelenata a scuola la scorsa settimana, e ora ha problemi con il piede destro e ha difficoltà a camminare», aggiungendo che la ragazza aveva avuto nausea, difficoltà nel respirare, e intorpidimento alla gamba sinistra e alla mano destra.

Seppur smentita dalle autorità governative e dai media statali come causa di morte, in questi giorni è arrivata anche la conferma del decesso per avvelenamento di una studentessa, Fatemeh Rezaei, di 11 anni, avvelenata e morta a Qom il 26 febbraio.

A intervenire sulla questione degli avvelenamenti è stato anche il ministro dell’Istruzione, Youssef Nouri che, a metà febbraio ha provato a silenziare la vicenda sostenendo che le ragazze che erano state portate in ospedale soffrissero in realtà di altre patologie, e che era stato proprio l’allarmismo mediatico a far scaturire la maggior parte dei sintomi, riconducibili allo stress.

Di diversa opinione è invece il vice ministro dell’Istruzione Younes Panahi che domenica ha asserito che l’avvelenamento seriale di studentesse nella città religiosa di Qom e in altre città è stato intenzionale e motivato dall’obiettivo di chiudere le scuole femminili. Si ipotizza che questi attacchi siano opera di fanatici religiosi ma proprio in queste ore, riporta Iran International, il sindacato degli insegnanti, Iran Culture House, genitori, attivisti e moltissimi cittadini rivendicano giustizia e incolpano il governo di voler silenziare gli studenti, in particolar modo le studentesse, definendo questi attacchi come bio-terrorismo.

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