Eni acquisisce Novamont, e punta su bioplastiche e chimica verde
L’eccellenza delle bioplastiche italiane e della chimica verde sta per essere totalmente acquisita dal colosso dell’Oil&Gas italiano Eni.
Versalis, società del cane a sei zampe che si occupa di petrolchimica e della chimica da fonti rinnovabili, ha infatti annunciato di essere vicina all’acquisto del 100% di Novamont, azienda di Novara nata dalla ceneri di Montedison e oggi fra i leader mondiali delle bioplastiche sotto la guida dell’amministratore delegato Catia Bastioli, ex presidente Terna.
La società chimica di Eni già deteneva il 36% di Novamont e ora sta per concludere l’acquisto dell’intero pacchetto azionario puntando ad acquisire le quote di Mater-Bi, società controllata da Investitori Associati II e NB Renaissance, che possiede il restante 64% del capitale.
Proprio Mater-Bi è anche il nome del fiore all’occhiello di Novamont, il materiale forse più famoso brevettato e commercializzato dall’azienda piemontese, una bioplastica, nota per esempio per sacchetti e imballaggi, biodegradabile e compostabile nata da origini vegetali come amido di mais e utilizzata in tutto il mondo.
Tutta la parte “bio” e di sviluppo di materiali sostenibili e legati alla chimica verde fanno gola a Versalis, prima azienda chimica italiana, che punta a espandere il suo portafoglio attraverso la chimica da fonti rinnovabili e che già nel 2011 aveva costituito una joint venture con Novamont impegnandosi su Matrìca, azienda nata a Porto Torres e specializzata nella produzione di bioprodotti da fonti rinnovabili, operazione che aveva portato la partecipazione di Versalis in Novamont al 36%.
Acquistando Novamont - in una operazione che potrebbe valere mezzo miliardo di euro - Eni inoltre intensificherebbe il suo impegno nella transizione ecologica ed energetica, mantenendo le sei zampe in scarpe diverse, da quelle che la vedono ancora protagonista di petrolio gas e fonti fossili a quelle per l’impegno per la decarbonizzazione o la sostenibilità ambientale.
Oltre ai numerosi premi ricevuti da Novamont e dall’Ad Catia Bastioli (Cavaliere del lavoro, inventrice Europea dell’anno nel 2007 solo per citarne alcuni), la società di Novara come si legge sul suo sito in trent’anni di attività ha “messo a punto 5 tecnologie proprietarie prime al mondo e circa 1400 tra brevetti e domande di brevetto”.
Come fanno sapere dall’azienda, “investiamo costantemente in attività di ricerca e innovazione (50 milioni di euro nel 2021) e il 20% del nostro personale è dedicato ad attività di ricerca, sviluppo e innovazione”.
Attualmente Novamont oltre alla sede di Novara ha stabilimenti produttivi a Terni, Bottrighe (Rovigo), Patrica (Frosinone) e laboratori di ricerca anche a Piana di Monte Verna (Cesena). Spazia dal noto Mater-Bi a vari prodotti utilizzati nella chimica verde così come al lancio di soluzioni innovative come le recenti solette per scarpe riciclabili negli Usa, paese dove il gruppo è attivo con sedi oltre a Germania, Francia e Spagna e un ufficio a Bruxelles. Circa 600 i dipendenti.
Nel 2021 l’azienda ha acquisito anche BioBag International, gruppo norvegese leader nello sviluppo e commercializzazione di applicazioni biodegradabili e compostabili certificate. Dal Piemonte puntano soprattutto al continuo sviluppo di materiali che possano essere inseriti in un contesto di bioeconomia circolare, basato sulla trasformazione e riconversione di prodotti anche agricoli con un focus particolare proprio sulle bioplastiche compostabili e su quei sacchetti, come quelli per l’umido, diffusi ovunque.
La stessa attenzione c’è anche per ingredienti biodegradabili destinati a cosmetici, bio erbicidi, bio lubrificanti e altri prodotti in cui è fondamentale una azione preventiva pensando alla dispersione in ambiente dato che, come ricorda Novamont, la società ha a cuore gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.
“I nostri prodotti sono concepiti per la tutela e il ripristino di due preziose risorse naturali strettamente connesse: il suolo e l’acqua”, ricorda l’azienda.
La forza di Novamont sta infatti nell’aver creduto negli ultimi decenni nell’idea di mettere a sistema scarti agricoli, organici, chimica, industria e altri settori per puntare su quelle bioplastiche che oggi in Italia contano circa 275 imprese con oltre 1 miliardo di fatturato e migliaia di posti di lavoro.
In questo, l’Italia è una dei leader europei, un primato e un impegno oggi - alla vigilia di una possibile completamento dell’acquisizione di Novamont da parte di Eni - messo in parte in difficoltà dalle politiche europee.
Di recente infatti l’Ad Catia Bastioli ha ricordato, anche sui social, come “mentre l’Europa si mostra incerta e contradditoria, Cina e Usa lottano per il primato nella bioeconomia e nei bioprodotti, settori di innovazione in cui Italia ed Europa sono pioniere con impianti e prodotti innovativi primi al mondo”.
Il riferimento è a esempio alle direttive Sup dell’Ue e quella sul packaging dove ci sono stati più limiti che aperture alle bioplastiche. Direttive e visioni che però non sembrano preoccupare il colosso italiano del petrolio, deciso ad andare fino in fondo nel nuovo investimento sulla chimica verde.