Ambiente

Zone umide, un patrimonio da salvare

Stagni, paludi e acquitrini sono fondamentali per contrastare la crisi climatica e gli equilibri ecosistemici. Lo racconta anche Legambiente, che ha presentato 12 pratiche per valorizzarli e 10 proposte per tutelarli
Credit: Alfred Schrock
Tempo di lettura 4 min lettura
2 febbraio 2023 Aggiornato alle 07:00

Ospitano una straordinaria varietà di creature, svolgono un ruolo fondamentale per il pianeta e la sopravvivenza umana, sono una preziosa fonte di acqua dolce e cibo e immagazzinano l’anidride carbonica, mitigando così gli effetti dei cambiamenti climatici.

Stiamo parlando delle zone umide, ambienti composti da terra e acqua come stagni, paludi, torbiere e bacini naturali e artificiali permanenti.

Per ricordarne il valore e alzare gli impegni globali di protezione, ogni 2 febbraio si celebra il World Wetlands Day, la Giornata mondiale delle zone umide.

Nel suo nuovo report Ecosistemi acquatici, Legambiente racconta la loro importanza, avanzando 12 pratiche e 10 proposte per tutelare e valorizzare al meglio questi scrigni di biodiversità.

Come si legge nel report, le zone umide presenti nel territorio nazionale sono 66, distribuite in 15 regioni: 57 riconosciute e inserite nell’elenco della Convenzione di Ramsar, il trattato firmato nel 1971 per la conservazione e la gestione degli ecosistemi naturali, e 9 in fase di istituzione.

Oggi come non mai, queste zone sono messe a dura prova dai cambiamenti climatici e dalla pressione antropica.

Secondo il Wwf, il 90% delle aree umide sono scomparse nell’ultimo secolo nella sola Europa. Questi ecosistemi svaniscono a un ritmo 3 volte maggiore di quello delle foreste.

Ma gli sforzi di conservazione in Italia stanno dando ottimi risultati: tra le 12 pratiche di valorizzazione dell’ambiente, vi è l’inaugurazione del laghetto delle libellule al Muse di Trento, dove è stato ricreato un ambiente naturale con circa 4.000 piante di oltre 80 specie, oltre a un laboratorio per lo studio e la conservazione naturalistica. Ma anche l’acquisto del Pantano Longarini in Sicilia da parte della Fondazione Pro Biodiversità, dove sarà realizzata una delle più importanti zone umide del Mediterraneo, tra le province di Ragusa e Siracusa.

E ancora, la nascita di Acqua Campus Natura, nuova area di tutela sperimentale delle zone umide nel Parco Regionale del Delta del Po, che si pone l’obiettivo della salvaguardia ambientale del sito, dei suoi corridoi ecologici e della biodiversità.

Nel Parco delle Groane, in Lombardia, è stato attivato un percorso per il contenimento delle testuggini esotiche abbandonate che mettono a rischio le popolazioni autoctone di pesci e anfibi.

Al Sud, è stata raggiunta l’intesa tra l’Acquedotto pugliese e Legambiente per la realizzazione di iniziative scientifiche e culturali e campagne di volontariato volte a formare e sensibilizzare sull’importanza di un uso corretto e consapevole delle risorse idriche e naturali.

Legambiente ha presentato anche 10 proposte per salvaguardare e valorizzare le zone umide: aumentare la tutela delle aree per raggiungere il 30% di territorio nazionale protetto; rafforzare la tutela della biodiversità e la sinergia normativa per garantire la gestione integrata delle risorse idriche; migliorare l’integrazione e la gestione unitaria delle aree naturali; tutelare il capitale naturale e rafforzare i servizi ecosistemici; ridurre l’inquinamento degli ecosistemi acquatici; combattere le specie aliene invasive dei sistemi acquatici; ripristinare gli ecosistemi acquatici degradati; migliorare la pianificazione integrata degli ecosistemi acquatici; contrastare le illegalità ambientali negli ecosistemi acquatici, frenando il bracconaggio e favorendo la pesca sostenibile; sostenere la bioeconomia circolare degli ecosistemi, migliorando la fruizione turistica, la crescita di green economy, imprese giovanili e green jobs.

Un focus viene dedicato anche al ritorno della lontra europea: classificata in Italia come specie vulnerabile, negli ultimi anni sta gradualmente tornando nelle zone umide d’Italia. Tuttavia, la popolazione più consistente, confinata al Centro-Sud e stimata a soli 1.000 individui, è ancora isolata dal resto di quelle europee, molto rara nell’arco alpino e assente nel Centro.

Leggi anche
Papillons, planche 19, dettaglio.
Pianeta
di Riccardo Liguori 7 min lettura
Agricoltura
di Ilaria Marciano 3 min lettura