Ambiente

A scuola di fauna selvatica

Durante le ore di master dell’UniTe e del Parco Nazionale della Maiella, gli studenti dovranno strutturare un sistema di sorveglianza sanitaria per gli animali dell’area. Obiettivo: arginare le possibili epidemie
Credit: cottonbro studio/pexels
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1 febbraio 2023 Aggiornato alle 10:20

Indagare le relazioni tra i comportamenti umani dannosi per l’ambiente e la diffusione dei microrganismi e dei virus, come il Covid-19. È questo uno degli obiettivi del nuovo master di secondo livello in Medicina della conservazione e gestione sanitaria della fauna selvatica, organizzato dal Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Teramo e dal Parco Nazionale della Maiella.

Ma non è un semplice corso per la cura degli animali: il tema principale è l’equilibrio nel rapporto tra essere umano e natura, analizzando le conseguenze che le pratiche di conservazione possono avere sulla salute pubblica, secondo il principio One Health.

Con l’avvento del Covid “abbiamo dovuto confrontarci con alcuni concetti di epidemiologia, prima sconosciuti ai più”, hanno spiegato gli organizzatori in una nota di presentazione. Primo fra tutti quello di spill over, o salto di specie, cioè la migrazione di un virus da un animale - per esempio il pipistrello - a una persona. Perciò “abbiamo capito come le relazioni tra noi, le popolazioni animali e l’ambiente debbano essere viste con un approccio integrato, olistico”.

Gli studenti del master, da una parte, dovranno mettersi in gioco per trovare e applicare misure più efficaci per tutelare le specie vulnerabili oppure a rischio di estinzione. Dall’altro dovranno “strutturare un sistema di sorveglianza sanitaria sulle popolazioni selvatiche sia nelle aree protette che negli ambienti” abitati dagli esseri umani. La formazione passerà dall’ecologia, alla biologia, fino alle tecniche di controllo dell’igiene e della sicurezza delle carni derivate dalla caccia e dall’allevamento”. L’obiettivo è imparare a comprendere le dinamiche delle epidemie, come il Covid, ma anche la Mers o l’Ebola, in modo da arginarle in tempo.

“Abbiamo sentito spesso dire che oltre il 70% dell’origine delle malattie infettive emergenti dell’uomo è di origine animale, perlopiù da animali selvatici, ed è vero: ma è altrettanto vero che tali malattie sono effetto di relazioni complesse tra uomini, animali domestici e selvatici – si legge ancora nella nota – Queste trovano spiegazione, quando riusciamo ad averla, nell’analisi di fattori quali densità di popolazione umana, diversità e abbondanza di animali selvatici, e cambiamenti dell’ambiente messi in atto dall’uomo, primi fra tutti deforestazione, espansione di pratiche agricolturali e produzione zootecnica intensive, commercio di animali”.

Nata negli anni ‘90, la medicina della conservazione - o conservation medicine - cerca di indagare proprio questi legami. La figura del veterinario diventa fondamentale come intermediario, non solo tra il mondo umano e animale, ma anche tra “competenze ecologiche”, di tutela della biodiversità e dell’ambiente, e quelle “sanitarie”, come l’epidemiologia o la virologia.

La classe del master in Medicina della conservazione e gestione sanitaria della fauna selvatica è composta da 30 alunni fra medici veterinari, liberi professionisti, funzionari di enti pubblici impegnati nella gestione della fauna, dirigenti di aziende sanitarie locali e ricercatori provenienti da tutta Italia. Le lezioni sono strutturate in 2 parti: una teorica, online, l’altra pratica, grazie all’attività sul campo a cura del Wildlife Research Center del Parco della Maiella, nella sede scientifica di Caramanico Terme (Pescara) e in altre aree di interesse, in collaborazione con la Società Italiana di Ecopatologia della Fauna Selvatica (Sief).

La particolarità geografica e la ricchezza di aree protette dell’Appennino abruzzese hanno già permesso in passato di avviare i primi studi in Italia relativi al rapporto tra lo stato di salute delle specie protette e i loro effetti sull’essere umano. Nei suoi parchi naturali sono infatti diffusi il lupo, il camoscio e l’orso bruno marsicano, tutelati anche da programmi di conservazione dell’Unione Europea.

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