Ambiente

Flora e fauna, se difese, prosperano

Le aree protette e i parchi nazionali costituiscono oggi presidi sicuri per le specie selvatiche più vulnerabili. L’esperienza italiana lo dimostra, inequivocabilmente, anche nel World Wildlife Day
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
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3 marzo 2022 Aggiornato alle 07:00

Proteggere ciò che garantisce la sopravvivenza dei nostri ecosistemi, e dunque la nostra stessa esistenza. Nel World Wildlife Day, che si festeggia oggi, è la natura stessa a chiedercelo, presentandoci un conto a dir poco salato.

Secondi gli ultimi dati annunciati dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, oltre 8.400 specie animali e vegetali selvatiche sono a rischio estinzione. Altre 30.000 vengono considerate in pericolo o vulnerabili. Dall’antilope delle steppe fino al condor della California, dalle alghe ai coralli, l’elenco sembra infinito.

Eppure, le specie selvatiche, patrimonio di inestimabile bellezza e valore, sono alla base del soddisfacimento dei nostri bisogni. Milioni di persone ne fanno quotidiano e diretto affidamento, come fonte di sostentamento e opportunità economiche. Per questo la Giornata mondiale della natura selvatica 2022 è dedicata al loro recupero per il ripristino dell’ecosistema.

«Gli ecosistemi – ha ricordato António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite – sono sani solo quando le specie che vi sono ospitate prosperano. Se una sola specie chiave scompare, un intero ecosistema può iniziare a declinare e morire. Ecco perché le azioni a tutela delle singole specie devono andare di pari passo con il ripristino di interi ecosistemi».

Portando lo sguardo all’Italia, secondo dati Ispra, la fauna selvatica nazionale è stimata in oltre 60.000 specie, quella marina poco meno di 2.800. In totale, il 23% dei mammiferi e il 27% degli uccelli nidificanti sono minacciati.

Eppure, le soluzioni esistono. E quando vengono coltivate portano frutti. Lo testimoniano l’esperienza italiana dello stambecco, dell’aquila reale, del lupo, del camoscio appenninico, della scarpetta di Venere (tra le più belle orchidee della flora europea), del gatto selvatico e dell’orso marsicano. Si tratta di specie selvatiche presenti, alcune, nel Parco nazionale del Gran Paradiso e, altre, in quello d’Abruzzo, Lazio e Molise, i due più antichi d’Italia. Proprio quest’anno festeggiano cento anni.

Ebbene, le 7 specie sopracitate hanno due cose in comune: costituiscono esempi di biodiversità prioritari da tutelare e in alcuni casi, però, sono fortemente minacciate. Tuttavia, fa sapere Legambiente nel report Natura selvatica a rischio in Italia, i due parchi hanno rappresentato per loro presidi in grado di garantirne la conservazione attiva, mettendole al riparo dalle minacce indotte dalla perdita e frammentazione di habitat, dalla crisi climatica, dal bracconaggio. Dall’introduzione di specie invasive e dall’attività antropica.

Per ciascuna di queste specie, l’organizzazione ambientalista ha realizzato una carta d’identità, fornendo informazioni sulle loro caratteristiche, così come sulle minacce, sugli scenari futuri e le azioni da mettere in campo. «In questi anni il nostro Paese in termini di tutela della fauna selvatica ha raggiunto risultati positivi, ma deve trovare una più ampia concretizzazione nell’aggiornamento della Strategia Nazionale per la Biodiversità – ha spiegato il presidente nazionale dell’organizzazione ambientalista, Stefano Ciafani – Ciò da cui bisogna partire è l’incremento fino al 30% delle aree protette entro il 2030. Il modello “Parco” è un esempio da incentivare, aumentando la superficie protetta del territorio e adottando misure efficaci per affrontare le cause di perdita di biodiversità e salvaguardare le specie a rischio».

Guardando più da vicino alcune delle 7 specie citate, lo stambecco oggi popola il Parco del Gran Paradiso con circa 2.900 esemplari, cui se ne aggiungono altri 55.000 se consideriamo l’intero arco alpino. Suoi acerrimi nemici sono l’arte venatoria (che nel 1800 lo portò quasi all’estinzione) e la vulnerabilità agli effetti del cambiamento climatico.

Invece il camoscio appenninico, a rischio estinzione nel secolo scorso, oggi conta 3700 esemplari, distribuiti nel territorio di 5 aree protette: i Parchi Nazionali di Maiella, Gran Sasso e Monti della Laga, Abruzzo, Lazio e Molise, Monti Sibillini e Parco Regionale Sirente Velino. Una minaccia seria per lui è la bassa vulnerabilità genetica, «cui però i recenti interventi dei progetti di tutela stanno dando un grande contributo», ha spiegato Legambiente.

L’aquila reale è presente nel Parco del Gran Paradiso così come nel Parco d’Abruzzo. Nel primo si contano più di 20 coppie nidificanti, nel secondo tre. Minaccia più importante per questo rapace è il veleno impiegato illegalmente contro i predatori domestici e selvatici. Ma anche l’abbandono della montagna può limitarne la ripresa numerica.

Invece il lupo, che ha rischiato di estinguersi nella seconda metà del Novecento perché perseguitato dall’uomo, è oggi avvistato costantemente nel Parco nazionale del Gran Paradiso. Nel parco dell’Italia centro-meridionale è stabilmente presente e in espansione con circa 10 branchi.

Il loro destino, oggi più che mai, è nelle nostre mani.

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