Diritti

Internet è davvero libero?

La libertà digitale globale è diminuita per il dodicesimo anno consecutivo e il controllo da parte dei Governi è in aumento. A dirlo è Freedom House, che ha mappato quasi l’89% dei Paesi che hanno accesso alla rete
Credit: Chris Yang/unsplash
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1 febbraio 2023 Aggiornato alle 12:00

Il controllo di Internet da parte dei governi è in aumento, e non solo negli Stati più autoritari. La causa principale sarebbe legata alla frammentazione della rete da parte delle normative nazionali. A dirlo è l’ong Freedom House, che tra giugno 2021 e maggio 2022 ha mappato la libertà online di 70 Paesi, pari all’89% degli aventi accesso a Internet nel mondo.

Secondo le ricerche, la libertà digitale globale è diminuita per il dodicesimo anno consecutivo. Dei quasi 5 milioni di persone con accesso a Internet, dice il report, il 76% vive in Paesi in cui gli utenti sono stati arrestati per aver condiviso contenuti di carattere politico o religioso. Il 69% in Paesi dove le autorità statali manipolano i contenuti e le conversazioni online.

Se i colpi di stato militari in Myanmar, Sudan e Nicaragua hanno contribuito al calo della libertà digitale, così come le elezioni in Ungheria, la libertà di Internet in Russia ha raggiunto il minimo storico in seguito all’invasione dell‘Ucraina. Qui le truppe russe hanno costretto le aziende delle telecomunicazioni a reindirizzare il traffico Internet attraverso le reti russe, lasciando gli utenti ucraini senza accesso alle principali piattaforme di social media e a un gran numero di siti di informazione nazionali e internazionali.

Ma per l’ottavo anno di seguito è la Cina a rappresentare il peggior ambiente al mondo per la libertà digitale. La censura governativa online si è intensificata nel periodo delle Olimpiadi di Pechino del 2022 e nel corso della pandemia, dopo che i residenti di Shanghai hanno condiviso le loro esperienze di restrizione durante il lockdown dell’aprile scorso. Il governo cinese ha anche intensificato la censura dei contenuti online correlati ai diritti delle donne e ha represso le campagne social contro le molestie sessuali a seguito della denuncia di aggressione della tennista Peng Shuai nei confronti di un alto funzionario del Partito comunista cinese.

Il controllo di Internet da parte delle autorità di Pechino è un tema sentito anche fuori dai confini cinesi. A dicembre gli Stati Uniti hanno deciso di bandire l’app cinese TikTok sui dispositivi governativi perché ​​considerata un potenziale rischio per la sicurezza nazionale. Da pochi giorni anche l’Olanda si sta muovendo nella stessa direzione a fronte della raccomandazione del ministero degli Affari generali di sospendere l’uso dell’applicazione “fino a quando TikTok non avrà adeguato la sua politica di protezione dei dati”.

Ma forti problemi di libertà online riguardano anche altri 46 Paesi, come Bielorussia, Cuba, Iran e India. Nel report di Freedom House emerge che le singole normative e le pratiche nazionali hanno contribuito a creare una frantumazione senza precedenti della rete globale, impedendo a miliardi di persone di esercitare i propri diritti online. Le autorità di oltre due terzi dei Paesi esaminati avrebbero quindi utilizzato i loro poteri legali e normativi per limitare l’accesso a fonti di informazioni straniere, lasciando i cittadini in una dimensione informativa modellata dallo Stato.

Mentre la grande maggioranza dei governi ha limitato l’accesso ai contenuti stranieri per preservare il proprio potere, secondo l’analisi dell’ong un’eccezione degna di nota riguarda l’Unione europea. A seguito dell’invasione della Russia in Ucraina, Bruxelles ha stabilito di bloccare i siti web dei media statali Russia Today e Sputnik per limitare la diffusione di fake news dal Cremlino. Ma il divieto europeo ha investito tutti i contenuti di questi siti anziché limitare solo le informazioni relative alla guerra. La mancanza di disposizioni chiare e sufficientemente trasparenti da parte delle autorità europee, inoltre, avrebbe provocato interventi di divieto disomogenei tra gli Stati membri. Per Freedom House il blocco ai media russi da parte dell’Unione europea avrebbe anche stabilito un precedente poco efficace su come le democrazie potrebbero rispondere in futuro alla diffusione di altre informazioni problematiche provenienti dai media stranieri.

Nonostante la repressione digitale dilagante, in almeno 26 dei Paesi analizzati si sono registrati miglioramenti sostanziali per la libertà di Internet grazie all’intervento della società civile, la cifra più alta dall’inizio del monitoraggio avviato da Freedom House. La crescita della libertà online però non equivale sempre a un aumento della libertà di espressione. L’organizzazione no profit Index on Censorship afferma che le tecnologie online hanno ridefinito il modo in cui le persone nel mondo mettono in pratica il diritto alla libertà di espressione. Nel progetto Index Index, che raccoglie dati relativi alla libertà di espressione nel mondo, l’ong riporta che i Paesi catalogati come “aperti”, ovvero che consentono la maggiore libertà in ambito digitale, restano una netta minoranza.

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