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Monica Frassoni: «L’ambientalismo è una lotta esistenziale»

L’ex eurodeputata dei Verdi si è candidata alle regionali in Lombardia: «In Italia il cambiamento climatico non è percepito come un tema capace influenzare gli elettori. I partiti ne parlano poco e male», ha spiegato a La Svolta
Monica Frassoni, durante l' European Green Party Council di Berlino, il 23 novembre 2018
Monica Frassoni, durante l' European Green Party Council di Berlino, il 23 novembre 2018 Credit: EPA/FILIP SINGER
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5 gennaio 2023 Aggiornato alle 18:00

«L’Italia ha bisogno di un ambientalismo “contaminato”, che metta al centro la lotta al cambiamento climatico proponendo nuovi modelli sociali e si apra anche alle battaglie sui diritti civili come quelle dei referendum di Marco Cappato». Monica Frassoni, ex eurodeputata dei Verdi e da 30 anni esponente dell’ecologismo italiano, ha chiaro qual è il futuro di Brescia Attiva, il suo nuovo movimento ambientalista lanciato a dicembre.

Brescia attiva è nata in prospettiva delle Comunali che si terranno a maggio nel capoluogo lombardo, ma ha una valenza nazionale: si tratta di un incontro tra figure storiche e nuove leve dell’ambientalismo italiano. Non a caso i portavoce sono proprio Frassoni e Giovanni Mori, uno dei leader di Fridays for future.

Da dove nasce Brescia attiva?

L’idea di far nascere un nuovo movimento che intercettasse le nuove energie ambientaliste esisteva già da tempo. Ci stavamo preparando per le elezioni politiche che si sarebbero dovute tenere nel 2023. Poi la decisione di andare al voto a settembre ci ha tolto dei mesi preziosi e abbiamo deciso di concentrarci su Brescia dove avremo il tempo di prepararci e presentare agli elettori le nostre proposte.

In attesa di Brescia lei è candidata alle regionali in Lombardia in una lista civica a sostegno del candidato Pd Pierfrancesco Majorino.

Si tratta di un percorso diverso da quello di Brescia attiva. Anche se con diversi punti in comune: insieme ad attivisti ed esponenti della società civile abbiamo deciso di creare la lista Patto civico per Majorino presidente. La storia di questa regione mostra plasticamente come le politiche di destra danneggino l’ambiente. Basti pensare a quanto poco la Lega parli di questo tema e ai ritardi inaccettabili della Regione sulle rinnovabili. Per questo servono forze nuove come le nostre.

Lei conosce bene il mondo europeo dove l’ambientalismo continua ad avanzare anche in termini elettorali. Perché in Italia gli ambientalisti non riescono ad avere lo stesso peso?

I motivi sono diversi: per prima cosa va detto che in Italia il cambiamento climatico non è ancora percepito come un tema che fa cambiare opinione agli elettori. Questo avviene perché i partiti ne parlano poco e male. Ma anche per colpa di un sistema mediatico che in questi giorni si concentra sulla “notizia” di Giuseppe Conte in vacanza a Cortina senza denunciare le temperature sopra la norma a cui stiamo assistendo.

Tutta colpa degli altri quindi?

Assolutamente no. Se l’ambientalismo in questi anni non ha fatto breccia nel cuore degli italiani è perché chi doveva rappresentarlo in politica è rimasto chiuso. In Germania e in Francia abbiamo tanti esempi di attivisti provenienti dalla società civile arrivati poi in posizione di potere politico. Qui in Italia invece accade molto più raramente.

Perché?

I nostri partiti ecologisti, Verdi in primis, non hanno mai voluto davvero aprirsi per conservare i loro poterini interni. Diventare una forza popolare significa anche diventare contendibili. E questo spaventa i nostri politici. Ecco allora che nasce l’esigenza di una forza nuova come la nostra, capace di attrarre le esperienze emerse in questi anni come i Fridays for Future.

Anche lei è in politica da tanto tempo. Non c’è il rischio che ambientalisti “vecchi” come voi tarpino o appesantiscono le ali alle nuove leve?

Molto dipenderà da loro. Noi siamo per il dialogo, anche molto schietto. E l’esperienza di Brescia attiva si basa proprio su questo. Voglio anche chiarire che il nostro obiettivo non è portare i Fridays come organizzazione in politica, ma permettere ai loro esponenti di portare in politica le loro competenze.

Lei ha attraversato quasi 30 anni di ambientalismo italiano. Cosa distingue questa nuova generazione di attivisti da quelle precedenti?

Credo che Greta Thunberg riassuma molto bene le caratteristiche di questi ragazzi: hanno principi saldi, ma sono concreti, sono molto attenti a non lasciare in astratto il loro desiderio di cambiamento. Inoltre badano molto meno all’ideologia rispetto alla mia generazione e si pongono il problema di come gestire la leadership.

Intanto gli attivisti di Ultima generazione sono finiti nell’occhio del ciclone per avere lanciato vernice lavabile sul Senato.

Mi sembra assurdo che di fronte alle sfide enormi del cambiamento climatico ci si accanisca così tanto su chi fa suonare l’allarme. La reazione della politica è stata sproporzionata. Il problema non sono quelli che imbrattano, ma quelli che non agiscono. È chiaro che se si trattasse di azioni violente sarebbe un altro conto.

Non c’è il rischio di percepire quella ambientalista come una semplice lotta generazionale?

Visti gli effetti del cambiamento climatico, il termine più appropriato mi sembra quello di lotta esistenziale.

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