Diritti

Le afghane unite (in segreto) nella resistenza

Molte donne stanno creando una rete di solidarietà - con associazioni, movimenti e attività clandestine - per garantire spazi sicuri, difendere la propria autonomia e i diritti
Credit: aljazeera.com 
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5 dicembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Ci sono molti modi per resistere. Lo sanno bene le donne afghane, che si sono ritrovate a far fronte alla presa del potere dei talebani e a perdere molti di quei diritti che avevano faticosamente conquistato. Per questo, molte di loro si stanno organizzando per creare una rete di solidarietà in grado di garantire spazi sicuri per le donne in diverse aree del Paese. Attraverso associazioni, movimenti spontanei, centri di documentazione e attività clandestine le afghane stanno provando a difendere la propria autonomia e a ribellarsi contro un sistema di potere che le vorrebbe ai margini.

L’obiettivo è riorganizzare una rete su tutto il territorio, capace di promuovere i diritti femminili e eliminare ogni forma di discriminazione e di violenza contro le donne. In passato esperienze del genere avevano avuto un certo successo, ma ora sta diventando sempre più difficile. Oltre alla repressione dei talebani le attiviste devono anche affrontare la mancanza di fondi e di personale.

Secondo l’Onu nel 2022 il 77% delle associazioni per le donne non ha ricevuto finanziamenti. Il Ministero per gli affari delle donne e i suoi uffici provinciali sono stati smantellati, molte ong internazionali hanno lasciato il Paese, altre hanno dovuto chiudere e chi è rimasto sa quanto sia rischioso continuare questo tipo di attività.

In alcuni casi le associazioni hanno dovuto negoziare con i talebani o addirittura nascondere alcune attività intollerabili per la rigida applicazione della legge coranica che hanno instaurato. Nella provincia di Paktia, nell’est del Paese, un’associazione sta cercando di creare consapevolezza sui diritti delle donne e sta tenendo traccia dei casi di violenza di genere. Queste attività si svolgono all’oscuro del governo e delle autorità locali. Anche a Herat si continua a lavorare di nascosto con progetti educativi e di leadership per le donne.

Nonostante il grande sforzo delle attiviste che mettono a rischio la propria sicurezza, la loro attività non è sufficiente a risolvere le gravi criticità che le cittadine si trovano ad affrontare. La questione dell’educazione femminile rimane un nodo fondamentale. I talebani continuano a promettere che troveranno una soluzione per far tornare tutte le studentesse a scuola, ma a oggi la situazione è lontana da essere risolta.

Anche l’istruzione universitaria formalmente garantita per le donne è in realtà fortemente contrastata. Recentemente il Ministero per l’Educazione superiore ha annunciato che le donne non potranno studiare alcune materie, come giornalismo, agricoltura e ingegneria. Lo scorso 30 ottobre alcune ragazze sono state picchiate dopo aver protestato perché gli era stato impedito l’accesso alla Badakhshan University.

Escluse dalle scuole pubbliche secondarie, le ragazze afghane che ne hanno la possibilità frequentano corsi privati o studiano in casa. Oltre ai divieti ci sono poi le intimidazioni e gli attacchi agli insegnanti e agli istituti. Come quello avvenuto a fine settembre al centro educativo Kaj di Kabul, dove centinaia di studenti erano riuniti per preparare gli esami d’ingresso per l’università, che ha causato almeno 50 morti, in maggioranza ragazze della minoranza hazara.

Con il ritorno dei talebani l’autodeterminazione e le libertà delle donne si stanno progressivamente sgretolando. Dopo le promesse iniziali di equità il governo islamista non ha tardato a revocare i diritti fondamentali delle donne e a restringere sempre di più il loro ruolo all’interno della società. In un anno l’occupazione femminile è calata del 28% e l’Afghanistan si è posizionato all’ultimo posto del Global Gender Gap Index nel 2021. Secondo Amnesty International sono aumentate le violenze, le sparizioni forzate e le torture contro chi protesta.

Il codice di abbigliamento e di comportamento è diventato ancora più severo e la libertà di movimento ha subito forti limitazioni, con l’obbligo di un mahram, un uomo della famiglia che accompagna la donna nei viaggi più lunghi di 72 chilometri. In alcune aree il mahram è necessario anche per le visite mediche nelle strutture sanitarie.

Le donne afghane sono state escluse da molte professioni e dalla vita pubblica, perché il ruolo che i talebani hanno in mente per loro è relegato alle mura domestiche. È inoltre cresciuto il numero delle spose bambine e quello dei matrimoni forzati.

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