Diritti

Afghanistan: quanto costa non istruire le ragazze?

Secondo l’analisi dell’Unicef si tratta di una perdita da 500 milioni di dollari: se le donne completassero gli studi e lavorassero, contribuirebbero con almeno 5,4 miliardi di dollari all’economia nazionale
Una cerimonia di consegna dei diplomi a Kabul, in Afghanistan, il 28 dicembre del 2021. Dei 200 presenti, solo 60 sono donne.
Una cerimonia di consegna dei diplomi a Kabul, in Afghanistan, il 28 dicembre del 2021. Dei 200 presenti, solo 60 sono donne. Credit: EPA/STRINGER
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
17 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Il 15 agosto di un anno fa Kabul veniva riconquistata dai talebani. Rispetto a vent’anni prima, avevano cercato di presentarsi come più moderati e distanti dal governo brutale imposto in precedenza, che impediva alle donne di studiare e lavorare. Ma, di fatto, è tutto un grande déjà-vu.

Solo pochi giorni fa, in vista del primo anniversario del ritorno al potere dei talebani, a Kabul una quarantina di donne hanno marciato davanti al ministero dell’Istruzione, lo stesso che aveva assicurato che le scuole avrebbero riaperto per tutte, al grido di “Pane, lavoro, libertà”. Tenevano uno striscione che diceva: “Il 15 agosto è una giornata nera”. Sono state picchiate e disperse da colpi di arma da fuoco esplosi in aria da alcuni combattenti talebani, intervenuti per mettere fine a una delle rare manifestazioni femminili nella capitale.

Secondo l’ultimo report di Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, la decisione di privare le ragazze dell’istruzione costa all’Afghanistan il 2,5% del suo prodotto interno lordo annuale. “Se l’attuale coorte di 3 milioni di ragazze fosse in grado di completare la propria istruzione secondaria e partecipare al mercato del lavoro, le ragazze e le donne contribuirebbero con almeno 5,4 miliardi di dollari all’economia dell’Afghanistan”, spiega l’analisi.

Secondo l’organizzazione internazionale Save the Children oltre il 45% delle ragazze non va a scuola in Afghanistan, rispetto al 20% dei ragazzi. Unicef sostiene anche che il Paese “non sarà in grado di riguadagnare il Pil perso durante la transizione e raggiungere la sua vera produttività potenziale senza soddisfare i diritti delle ragazze di accedere e completare l’istruzione secondaria”.

L’analisi potrebbe avere dettagli ancora più impressionanti, se tenesse conto anche dell’impatto non finanziario della negazione dell’istruzione alle ragazze dalla scuola secondaria in su: includerebbe anche la carenza di insegnanti, dottoresse e infermiere, e la diminuzione della frequenza delle più piccole nella scuola primaria, con un aumento dei costi sanitari legati alla gravidanza adolescenziale. Perché l’istruzione, in Paesi sotto regime come l’Afghanistan, ha anche altri benefici oltre all’apprendimento in sé: la riduzione dei matrimoni precoci e della mortalità infantile, per esempio, in un Paese in cui il 28% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni.

Infatti, non educare le ragazze è costoso perché non si tratta solo di mancato guadagno, ma bisogna considerare anche il rapporto tra il livello di istruzione e le ragazze che ritardano il matrimonio e la gravidanza, la partecipazione alla forza lavoro, le scelte sul proprio futuro e sull’investire di più nella salute e nell’istruzione dei propri figli, quando li avranno.

Il rappresentante dell’Unicef in Afghanistan, Mohamed Ayoya, ha definito la decisione del 23 marzo di non consentire alle ragazze di tornare alla scuola secondaria «scioccante e profondamente deludente: non solo viola il diritto fondamentale all’istruzione delle ragazze, ma le espone a un aumento dell’ansia e a maggiori rischi di sfruttamento e abusi, compresi il traffico di bambini, i matrimoni precoci e forzati. Ora, questa nuova analisi articola chiaramente il terribile impatto economico di questa decisione sul Pil del Paese».

Anche prima che i talebani riprendessero il potere, in Afghanistan circa 4,2 milioni di bambini non andavano a scuola, e il 60% di loro erano ragazze. Secondo una recente analisi di Save The Children, Unicef e dei partner Education Cluster, ora anche la maggior parte delle ragazze delle scuole secondarie, circa 850.000 su 1,1 milioni, non frequentano le lezioni. Dei bambini in età scolare si stima che quasi 8 milioni di loro abbiano bisogno di sostegno per accedere all’istruzione in questo momento in Afghanistan.

«Non solo l’istruzione è un diritto per ogni bambino», ha spiegato Ayoya, «ma è anche la base per la crescita futura in Afghanistan». E la scuola è il posto più sicuro in cui potrebbero essere: negli ultimi 12 mesi, spiega Unicef, i servizi sanitari e nutrizionali nelle scuole hanno raggiunto 272.386 ragazze adolescenti con integratori di ferro e acido folico, fondamentale per le donne in gravidanza perché tende a proteggere e favorire lo sviluppo dell’embrione. Per questo lo stop all’istruzione compromette anche la loro salute e quella dei loro figli. E continuerà a farlo finché il regime non riaprirà le aule anche alle ragazze delle scuole secondarie.

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