Culture

The Bear: la serie dove lo stress sonoro delle cucine diventa arte

Il comedy-drama americano, disponibile su Disney Plus, racconta attraverso rumori di pentole e utensili, cibo che cuoce e chef e brigate al lavoro, l’operosità frenetica di una cucina professionale
Credit: Via cinematographe.it
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6 novembre 2022 Aggiornato alle 13:00

Nel 2015 Charles Spence, docente di psicologia sperimentale dell’Università di Oxford e capo del Crossmodal Research Laboratory, condusse uno studio teso a mettere in risalto come la musica e i rumori di sottofondo di una cucina incidano o influenzino le modalità con cui uno chef e la sua rispettiva brigata ideano le proprie creazioni.

Secondo lo studioso, come i contesti sonori possono guidare o alterare gli aspetti percettivi delle persone in relazione al gusto, tanto da poterne opprimere le capacità olfattive e gustative, lo spazio sonoro di una cucina rappresenta il fulcro per comprendere il processo artistico e lavorativo che avviene all’interno di una brigata e le ritorsioni che comportano determinati suoni e ritmi sull’aspetto psicosomatico di ogni singolo componente.

Nonostante ciò la rappresentazione cinematografica della realtà culinaria ha spesso ignorato questo aspetto, concentrandosi unicamente sulla genialità degli chef, senza trasporre verso lo spettatore l’autenticità di tale contesto. Cosa che invece riesce perfettamente al nuovo progetto dello showrunner Cristopher Storer, The Bear.

La serie televisiva in onda su Disney Plus racconta la storia dello chef Carmen Carmy Berzatto (Jeremy Allen White) che, abbandonato il palcoscenico dell’alta cucina sul quale si era fino a quel momento cimentato, rileva dopo la scomparsa del fratello il ristorante di famiglia The original beef of Chicagoland che versa in una situazione economica apparentemente irreversibile. Ci sono ordini all’ingrosso sottoquotati, fatture non pagate e resti non riscossi; una brigata da riorganizzare e formare.

Come analizzato dalla giornalista Carina Chocano sul New York Times, The Bear è stato elogiato per la sua rappresentazione viscerale dello stress di una cucina professionale. Non devi aver svolto un lavoro in un ristorante per riconoscere il caos, il panico e la precarietà che lo spettacolo cattura in prima persona in modo così convincente. In The Bear il lavoro è un sistema stupido e sadico che ha lasciato Carmy con uno stress post traumatico dopo l’esperienza nell’alta cucina. Pensieri intrusivi e flashback gli fratturano la coscienza; cucina persino nel sonno, quasi dando fuoco alla sua casa in cui il fagocitarsi del fuoco viene alimentato dallo scandire sibilante degli ordini e insulti che uno chef sadico impartiva a Carmy durante la sua esperienza nell’alta ristorazione.

Uno degli elementi che viene messo fortemente in risalto è il disagio sonoro a cui è sottoposta la brigata mettendo anche a confronto le differenti esperienze lavorative che affronta Carmy passando da una cucina stellata asettica e alienante al caos che permea il The original beef of Chicagoland.

Sin dal primo episodio, grazie anche a un montaggio frenetico dato dalla tecnica hip hop (un sottoinsieme di tagli veloci utilizzati per ritrarre un’azione complessa attraverso una serie rapida di azioni semplici in movimento, accompagnate da effetti sonori), il sound design del compositore Jefferey Ameen Qayum trasporta lo spettatore all’interno del ritmo alienante che permea la cucina. Ogni elemento sonoro, dagli utensili sino al linguaggio di brigata per dettare i ritmi delle preparazioni, diventa parte della narrazione.

Con il racconto sonoro della cucina stessa, Storer vuole mettere in risalto il disagio, i traumi e le paure della brigata del The Original Beef of Chicagoland. Ogni singolo componente della squadra vive la cucina come un luogo di redenzione, uno spazio al di fuori della realtà apparente in cui ogni istante viene scandito dalla propria immagine sonora tra ricordi e sogni ricorrenti.

La strutturazione acustica della seria prende spunto da come la cucina ricordi, secondo un sistema musicale e gerarchico, per conformazione la struttura di un’orchestra. Le loro organizzazioni strutturali sono molto simili, poiché raggruppano i membri a seconda degli strumenti - legni, archi ecc. - nel caso dell’orchestra o delle loro aree di preparazione - freddo, caldo, pasticceria ecc. - nel caso della cucina.

I componenti seguono tutti una rigida gerarchia basata sull’esperienza e sulle capacità; dal commis al primo violino. In cima alla piramide c’è il direttore d’orchestra o lo chef, che spesso è anche il compositore o il creatore. È una costruzione sinfonica di suoni che porta a un’eruzione spontanea.

Come analizzato da Lauryn Boden, private chef e Food Editor, mentre guardi ogni episodio, apri le orecchie al suono di un pelapatate a Y che tira via striature di carote, tagli veloci di coltello, fiamme alte, salse gorgoglianti, urla dolorose da un’ustione, sbattere di tavoli, carne arrostita e il fruscio della carta per gli ordini da asporto.

Ognuno di questi suoni aiuta a costruire l’ansia palpitante del cuore di un ristorante frenetico insieme alla bellezza di come ogni parte della macchina lavora insieme per raggiungere il successo. C’è persino un fascino nell’urlare le comande, a simboleggiare che lo spettacolo deve continuare anche se gli chef hanno la sensazione che non raggiungeranno mai la superficie di un tumulto soffocante.

Non manca il suono metropolitano della stessa Chicago, raccontato nel penultimo episodio con l’utilizzo del brano Chicago di Sufjan Stevens, che rappresenta anche il principio di funzionamento della serie stessa.

In tutto questo meraviglioso caos sonoro quello che Carmy sta davvero cercando di fare è più difficile che ideare nuove ricette: tentare di ricostruire due famiglie in lutto. La sua e quella del ristorante.

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