Diritti

Al ristorante lo stress è servito

Uno studio condotto da Ambasciatori del Gusto e l’Ordine degli Psicologi del Lazio fotografa una situazione di criticità tra gli addetti alle cucine e alle sale italiane. Cuochi, camerieri, ristoratori sono vittime di turni e pressioni troppo pesanti. Al limite del burnout
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15 aprile 2022 Aggiornato alle 15:00

Che il lavoro potesse influenzare il benessere fisico e mentale della persona lo si era immaginato già a metà del secolo scorso, quando furono condotte le prime ricerche in ambito di psicologia e salute occupazionale, anticipando la necessità di indagare l’impatto che turni, orari, ambienti e condizioni lavorative possono avere sul corpo e sulla mente di chi lavora.

Da allora, sistemi e processi organizzativi sono cambiati, e vissuti e percezioni di stress lavorativo sono stati indagati in sempre più ambiti e settori. Incluso quello della ristorazione. In tal senso, la fotografia più recente di quanto emerge nel nostro Paese arriva da uno studio condotto da Ambasciatori del Gusto e l’Ordine degli Psicologi del Lazio che prima e durante la pandemia ha coinvolto un campione di ristoratori, chef, cuochi e personale di sala.

I risultati della ricerca parlano chiaro: stress, pressione e fatica sono clienti abituali e ospiti indesiderati delle cucine e sale italiane.

Tra i fattori di preoccupazione e criticità principalmente percepiti dagli addetti ai lavori vi sono uno scarso equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (56%), orari incomodi (55%) e elevati carichi di lavoro (54%).

Inoltre, si registrano sintomi psico-fisici quali alterazione del sonno e della pressione sanguigna, problemi alimentari, ansia, irritabilità e tristezza generale.

In psicologia del lavoro, i fattori sopra citati costituiscono alcune tra le variabili alla base dello stress lavoro-correlato, una condizione legata all’attività lavorativa associabile a disfunzioni di natura fisica, psicologica e sociale e derivante da uno squilibrio tra le richieste dell’ambiente di lavoro e le capacità del lavoratore di affrontarle.

A livello organizzativo, alti livelli di stress possono sfociare in cali di performance, allontanamenti e licenziamenti volontari, con il rischio di lasciare i ristoratori - già provati dalla pandemia - a corto di personale.

A confermarlo è lo stesso report italiano in cui si evince che il turnover dei dipendenti è considerato la prima criticità nel settore (80%).

Un andamento simile si registra anche negli Stati Uniti, Paese in cui il fenomeno della Great Resignation ha interessato in larga misura bar, hotel e ristoranti.

Secondo quanto riportato su The Economist sono infatti 1,3 milioni (su 16,9) i lavoratori del settore della ristorazione e dell’hotellerie ad aver lasciato volontariamente il proprio impiego a seguito della pandemia, con un tasso di abbandono aumentato del 18,5%, raggiungendo 6,4 punti percentuali.

Anche a causa dell’emergenza sanitaria, infatti, l’insorgenza di stress lavoro-correlato o di specifiche sindromi occupazionali come il burnout si rivelano condizioni comuni e ormai consolidate in molti settori.

Il rischio è che gli effetti negativi che ne derivano non si manifestino solo nelle persone interessate ma si generalizzino alle prestazioni e ai risultati dell’intera organizzazione.

Il mondo del lavoro infatti è sempre più dinamico e connesso: all’interno di questo paradigma, l’interdipendenza tra le persone è un elemento cruciale.

Oggi più che mai si tende a lavorare in team, squadre e brigate in cui il contributo di ogni persona diventa essenziale per il successo generale e perciò, le conseguenze di stress e malessere organizzativo coinvolgono inevitabilmente colleghi e utenza, provocando ripercussioni a livello personale, economico e sociale. Anche alla luce di ciò, diventa sempre più necessario promuovere all’interno delle aziende dell’hospitality e delle organizzazioni tutte, iniziative sistematiche e capillari in cui la prevenzione e il supporto psicologico siano considerate strategie funzionali per stare bene e lavorare meglio.

Accanto a queste, interventi attivi su processi, comunicazione, clima e sistemi organizzativi, così da trasformare la cultura del rischio in cultura del benessere e far sì che il lavoro permetta a ogni persona di “accendersi”, non di bruciare.

*Palma Scarano è Well-being & Operations Assistant di Mindwork, servizio di consulenza psicologica per le aziende

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