Futuro

Cosa dirà mai Cingolani alla Presidenza del consiglio?

Oltre ad aiutare nelle trattative con i Paesi europei sulla crisi climatica, il consigliere di Palazzo Chigi potrebbe volare anche più in alto e suggerire nuove strategie
Credit: ANSA/ FABIO FRUSTACI
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27 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

Dopo la COP27 del 6-18 novembre, sul cambiamento climatico, ci sarà la COP15 del 7-17 dicembre, sulla perdita della biodiversità. Ovviamente le due questioni sono collegate. Ma l’attenzione riservata alla prima dovrebbe essere pari a quella che si presta alla seconda.

Negli ultimi due secoli, dopo l’inizio dell’industrializzazione, la temperatura si è innalzata di quasi un grado e mezzo e c’è stata l’estinzione di oltre un milione di specie. Senza biodiversità la Terra diventa inospitale. Anche Roberto Cingolani ne ha parlato a suo tempo.

Le urgenze imposte dalla crisi energetica sembrano aver reso indispensabile la permanenza di Cingolani nell’ambito del governo.

Darà una mano alla Presidenza del Consiglio nelle trattative avviate per la trasformazione delle regole del mercato del gas e dell’elettricità. Ma forse potrà anche dire qualcosa di strategico.

Tutti cambiano nel tempo, come dimostrano le posizioni dei politici quando diventano presidenti o dei cantanti che fanno esperienza come Bono Vox. E non c’è proprio niente di male. Ma Cingolani non è uno che perde di vista la prospettiva che nel tempo ha costruito con le sue parole e le sue idee.

E va ricordato che nel luglio del 2021, Cingolani ha fatto notare che gli scenari che descrivono le nuove possibili condizioni della Terra in relazione al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità non lasciano margini per prendere decisioni sbagliate.

Se tutto dovesse andare bene e i governi fossero davvero in grado di guidare l’umanità nella direzione di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050, la temperatura risultante sarebbe comunque elevata, la perdita di biodiversità continuerebbe a essere pesantissima, ma ci si potrebbe adattare.

Se invece si andasse oltre e si arrivasse, per esempio, a un aumento della temperatura di 4-5 gradi, allora la sopravvivenza dell’umanità sul pianeta dopo il 2090 sarebbe a rischio.

Non sono ipotesi allarmistiche: sono scenari scientifici.

Ci sono tutte le condizioni perché lo scenario peggiore possa restare solo nel libro nero delle ipotesi peggiori. Ma i governi si devono dare una mossa. E all’interesse particolare delle varie nazionalità devono assolutamente anteporre l’interesse generale dell’umanità. Se Cingolani avrà modo di far notare queste informazioni anche ai nuovi inquilini di Palazzo Chigi le scelte strategiche italiane potrebbero cambiare e diventare più lungimiranti?

Per rispondere alla perdita di biodiversità, alla COP15 si tenterà di fare in modo che i governi del mondo si impegnino a creare riserve naturali che coprano almeno il 30% delle terre emerse e degli oceani. Inoltre, saranno lanciati programmi di innovazione che possano trasformare i sistemi produttivi in modo da renderli compatibili con la biodiversità.

L’Italia è il Paese con la massima biodiversità in Europa. Ha un compito speciale e una responsabilità speciale da questo punto di vista. Con ottima visione strategica, il governo precedente ha avviato un grandissimo progetto di ricerca sulla biodiversità che può diventare fonte di conoscenza, innovazione e sviluppo. Il nuovo governo dovrà assorbire un po’ di quella lungimiranza per mantenere una rotta di valore e portare il paese in porto. Perché le crisi importanti non sono solo quelle immediate: sono soprattutto quelle strutturali. Del resto, le questioni strutturali non sono meno urgenti: i bambini nati in questi ultimi anni saranno i testimoni di quello che sarà della Terra nel 2090.

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