Ambiente

Un’agenda politica insostenibile, senza parole sulla siccità

La rigenerazione ambientale dovrebbe essere prioritaria per ogni governo del mondo. Perché, da sole, le piogge dei prossimi mesi non ci salveranno. Bisogna intervenire ora
Credit: EPA/Tamas Vasvari HUNGARY OUT
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31 agosto 2022 Aggiornato alle 06:30

Uno spettro si aggira per l’Europa: la siccità. E non una qualunque, ma la peggiore degli ultimi 500 anni. A rilevarlo è uno studio pubblicato ad agosto dall’European Drought Observatory, l’osservatorio della Commissione europea che monitora il sempre più dilagante fenomeno della carenza d’acqua.

Le condizioni climatiche eccezionalmente calde e secche che hanno colpito gran parte dell’Europa sono una anomalia che con ogni probabilità proseguirà fino a novembre in tutto il Mediterraneo occidentale.

Dunque i raccolti - in particolare quelli di grano, soia e girasole - continueranno a rendere poco o niente, i pesci d’acqua dolce a morire e gli incendi a propagarsi con sempre maggiore intensità.

Non di meno, si acuiranno i ritardi delle consegne nei trasporti fluviali (sul Reno sono già compromesse per il 70%) e le turbine delle centrali idroelettriche saranno costrette a fermarsi.

Senza contare i disagi per la popolazione che in alcuni casi si è già vista costretta al razionamento del prezioso liquido.

I numeri parlano chiaro: il 47% del territorio europeo versa in condizioni di siccità critiche, che diventano estremamente critiche per il 17%.

Ne sono particolarmente colpite Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Romania, Ungheria, Serbia settentrionale, Ucraina, Moldova, Irlanda e Inghilterra.

Un disastro annunciato, conseguenza diretta dell’assenza di precipitazioni che si perpetua dallo scorso inverno e su più vasta scala dei cambiamenti climatici in atto.

E più il livello di laghi e fiumi si abbassa, più in alcune zone d’Europa emergono reliquie, rottami, templi di cui s’era dimenticata l’esistenza.

Lungo il Danubio, per esempio, vicino alla città portuale di Prahovo, in Serbia, sono emersi i relitti di almeno 20 navi da guerra tedesche risalenti al secondo Conflitto mondiale, col loro carico di munizioni ed esplosivi. Si tratta di una parte della flotta nazista di stanza in Mar Nero, affondata durante la ritirata imposta dalle forze sovietiche nel 1944.

Così, dal fondale del più grande fiume navigabile d’Europa emergono oggi torrette, ponti di comando, alberi spezzati e lamiere contorte. Un pericolo a cui le autorità hanno per ora risposto con l’interdizione alla navigazione in aree circoscritte.

Già lo scorso marzo, all’affiorare dei primi relitti, il governo locale aveva indetto una gara d’appalto per la movimentazione delle navi e la rimozione degli esplosivi. Il costo dell’operazione è stato stimato in 29 milioni di euro. Per ora nulla si è mosso e gli inquietanti scheletri dell’armata hitleriana continuano a emergere dall’acqua.

E quello del Danubio non è l’unico caso di un passato che riaffiora. Anche il nostro fiume Po, che quest’anno è stato teatro di un prosciugamento senza precedenti, ha riportato in luce chiatte tedesche affondate dall’aviazione americana, un carro armato e persino una bomba inesplosa nei pressi di Mantova che è poi stata fatta deflagrare dagli artificieri.

Ma non finisce qui. Lungo tutto il corso del fiume Elba, che nasce nella Repubblica Ceca e sfocia nei mari del Nord, sono riemerse dopo centinaia di anni le cosiddette “pietre della fame”, incisioni realizzate su diverse rocce tra il XV e il XIX secolo come avvertimento, dato il basso livello delle acque, di imminenti carestie. “Se mi vedi, stai piangendo”, recita uno dei sassi della città ceca di a Děčín. Una profezia a dir poco allarmante.

In Spagna, il prosciugamento del fiume Tago, nella regione dell’Estremadura, ha riportato in luce il Dolmen di Guadalperal, monumento megalitico risalente a 5.000 anni a.C., costituito da 150 pietre di granito posizionate in cerchi concentrici, simili a quelli che si trovano a Stonehenge.

Scoperto nel 1926 il sito fu sommerso dal Tago nel 1963, in piena epoca franchista, per la realizzazione del bacino idrico di Valdecañas. Da allora, è riemerso completamente solo quattro volte in periodi di secca, una di queste poche settimane fa.

Sempre in Spagna, in Catalogna, è riemersa quasi per intero la chiesa di Sant Romà de Sau, posta all’apice di un villaggio di origine romanica abitato fino agli Anni 60 del secolo scorso. Poi i residenti furono sfrattati per lasciare spazio al bacino idrico ottenuto con la realizzazione della locale diga.

Ritrovamenti analoghi stanno avvenendo anche in Galizia come il sito romano di Aquis Querquennis, risalente al 1° secolo d. C. e il paese medievale di Portomarín, nel lago artificiale di Belesar. Lo stesso dicasi per il villaggio abbandonato di Aceredo, sul fiume Lima, al confine con il Portogallo.

In Irlanda del Nord, poi, nei pressi del grande lago Lough Neagh, il prosciugamento di una vasta area paludosa ha fatto riemergere un’isola artificiale realizzata dai celti.

E il problema naturalmente non riguarda solo il Vecchio Continente. Negli ultimi mesi sono tornati alla luce un insediamento risalente a 3.400 anni fa in Iraq, impronte di dinosauri di oltre cento milioni di anni in Texas (Usa) e un’isola con antiche statue buddiste del periodo Ming nel fiume Yangtze, in Cina.

Una gioia forse per archeologi e antropologi, ma anche un inquietante campanello d’allarme per tutto il genere umano.

Il processo di desertificazione è purtroppo una realtà in tutto il pianeta. E a tamponare la situazione non saranno sufficienti i fenomeni alluvionali che seguiranno nei prossimi mesi, perché quando il suolo è arido e secco l’acqua non viene assorbita, ma si accumula sulla sua superficie dando invece luogo a drammatiche inondazioni.

Per invertire la rotta occorre una presa di coscienza planetaria. Non possiamo più nasconderci dietro un dito.

La tutela non basta, bisogna cominciare ad agire concretamente per attuare un processo di vera e propria rigenerazione ambientale.

Un tema che dovrebbe essere al primo posto nell’agenda politica di ogni governo.

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