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Che cos’è un dissalatore?

Questo “apparecchio” permette di ottenere acqua a basso contenuto salino, così da poterla riutilizzare per scopi alimentari e industriali. E ci si chiede anche se non possa salvarci dalla siccità

Credit: Minera Escondida
Tempo di lettura 7 min lettura
18 luglio 2022 Aggiornato alle 19:30

Una delle prime tematiche che preoccupa in questo momento il Pianeta è sicuramente quella legata alla siccità. Molti hanno individuato negli impianti di dissalazione una possibile soluzione.

“Dissalatore sì o no” è tema di dibattito, visto l’allarme delle Nazioni Unite che denunciano la mancanza d’acqua che riguarda oggi 2 miliardi di persone, con il rischio di un aumento della domanda idrica con l’intensificarsi degli effetti dei cambiamenti climatici.

Il nostro Paese è sull’orlo della desertificazione: in mezzo secolo infatti ha perso 5 miliardi di metri cubi d’acqua. I cambiamenti climatici per l’Italia potrebbero causare una significativa riduzione della disponibilità di risorse idriche, fino al 40% a livello nazionale e fino al 90% per il Sud Italia nel lungo termine.

Un aiuto in questa emergenza idrica potrebbe arrivare dalle tecnologie di dissalazione, che permettono di disporre di volumi significativi di acqua dolce partendo da quella marina e salmastra. Un dissalatore è un apparecchio che viene utilizzato per rimuovere il sale dalle acque. Questo permette di ottenere delle acque a basso contenuto salino e riutilizzare l’acqua a scopo alimentare (acqua potabile) o industriale (come l’acqua di raffreddamento).

Ma cos’è un dissalatore e come funziona?

Dissalatore: cos’è e come funziona

Per capire a cosa serve un dissalatore, dobbiamo spiegare il cos’è la dissalazione. Quest’ultima è processo di rimozione della frazione salina da acque contenenti sale, con lo scopo di ottenere acqua a basso contenuto salino; l’acqua è poi impiegata spesso per uso alimentare, ma anche per uso industriale.

L’apparecchiatura utilizzata, il dissalatore, viene chiamato anche impropriamente “distillatore d’acqua”, ma in realtà il tipo di separazione non è mai stato una forma di distillazione. L’acqua potabile non deve essere priva di sali: se ne lascia una piccola parte 25-50 mg, per questioni sanitarie e perché l’apporto di molti sali è consigliato (un’acqua completamente deionizzata non sarebbe gradevole al palato).

Le tecniche di dissalazione sono tre: dissalazione evaporativa, dissalazione per permeazione, dissalazione per scambio ionico. La dissalazione evaporativa, impiegata per grandi produzioni, è ottenuta con l’evaporazione dell’acqua, che viene recuperata per condensazione: si ottiene di solito un rigetto a salinità più alta dell’acqua salmastra di alimentazione. In qualche caso, la parte solida (essenzialmente cloruro di sodio) viene recuperata in forma cristallina, dopo evaporazione della parte liquida.

La dissalazione per permeazione viene ottenuta mediante separazione su membrane semipermeabili. Qui non è possibile il recupero totale della parte acquosa in quanto le membrane per osmosi inversa non consentono il trattamento di fasi solide, se non prevedendo una sezione evaporativa.

Infine la dissalazione per scambio ionico, che viene impiegato per piccole portate, viene ottenuta mediante rimozione degli ioni Na+ e Cl- su resine rispettivamente in ciclo H+ e OH-; il rigetto è in questo caso costituito dai residui della rigenerazione delle resine.

Come desalinizzare l’acqua di mare

Nel caso del dissalatore di acqua marina, il solvente è rappresentato dall’acqua di mare e il soluto dal sale. La dissalazione dell’acqua di mare è il processo che serve a rimuovere la frazione salina dall’acqua marina contenente sale, per ottenere acqua a basso contenuto di sale. L’apparecchiatura utilizzata è il dissalatore marino DA, un impianto ad alta efficienza energetica che prende l’acqua dal mare e la fa passare attraverso dei filtri che la rendono potabile.

Ma quanta acqua riescono a dissalare gli impianti di dissalazione? Uno studio del 2018 commissionato dall’Onu rivela che la capacità di produzione di acqua più o meno dolce degli impianti di desalinizzazione è pari a circa 95 milioni di metri cubi al giorno, ossia circa 95 miliardi di litri al giorno.

Se gli impianti di dissalazione hanno dei costi ancora elevanti, l’acqua prodotta dai processi di dissalazione è la più economica nel mondo: 58 centesimi di dollaro per metro cubo, cioè 50 centesimi di euro al metro cubo, che significano secondo le stime dai 3 dollari all’anno per nucleo familiare.

Dissalatori: pro e contro

Come tutte le possibili nuove soluzioni ai grandi problemi, ancora da valutare e studiare, anche i dissalatori hanno pro e contro. Tra i vantaggi: è un processo che sicuramente può portare ad avere una risorsa che ora scarseggia, grazie a un’altra risorsa che si può considerare quasi inesauribile e cioè mari e oceani. La quantità d’acqua nell’oceano infatti è talmente vasta che può essere considerata inesauribile.

Questa quindi potrebbe essere una nuova via per tutelare il Pianeta, economicamente sostenibile e vantaggiosa per garantire energia, valore e risparmio sulle bollette idriche. Questo vale anche per alcuni cittadini che decidono di prendere un dissalatore privato e molti imprenditori, soprattutto nel campo del turismo.

Le attività ricettive e turistiche che si trovano in zone costiere, prossime ai litorali marittimi di villeggiatura potrebbero beneficiare di questa soluzione per abbattere i costi diventati molto onerosi, soprattutto adesso con il rincaro delle materie prime e delle bollette.

Uno strumento considerato utile alla comunità per quanto riguarda l’acqua potabile, ma che non risolverebbe il problema dell’acqua irrigua per le coltivazioni. Studi dimostrano infatti che le acque dissalate possono anche creare una mancanza di sali nelle coltivazioni con qualche problema di ordine sanitario. Ma il vero contro per il dissalatore sono gli elevati costi di produzione per l’energia e dei problemi di residui dei rifiuti prodotti difficili da smaltire, tipo la salamoia.

I dissalatori producono scorie?

Da una parte, quindi, uno degli obiettivi è abbattere i costi ancora elevati per l’utilizzo dei dissalatori su grande scala (circa 16.000 impianti di dissalazione nel mondo sono in Paesi come il Medio Oriente e in nord Africa), dall’altra si pensa alle conseguenze di produzione di questi impianti.

Secondo studi commissionati dall’Onu, la capacità di produzione di acqua più o meno dolce degli impianti di desalinizzazione è pari a circa 95 miliardi di litri al giorno, ma a fronte di questi gli impianti di desalinazione producono anche 142 milioni di metri cubi di salamoia ipersalina al giorno.

Un team dei ricercatori di istituti universitari di Canada, Olanda e Korea ha condotto uno studio sui dissalatori effettivamente operativi, scoprendo che buona metà della salamoia mondiale è prodotta da quattro Paesi: Arabia Saudita (22%), Emirati Arabi Uniti (20,2%), Kwait (6,6%) e Qatar (5,8%), che utilizzano le tecnologie di dissalazione termica/evaporativa e producono mediamente da due a quattro volte più salamoia per metro cubo di acqua pulita.

Secondo gli esperti bisognerebbe considerare la melma ipersalina ricca di anti-incrostanti, metalli e cloruri vari, come delle scorie industriali pericolose e quindi ci sarebbe bisogno di processi di smaltimento a hoc, economicamente difficili da sostenere. La corretta gestione di questo materiale è costosa e al momento, può rappresentare fino al 33% dei costi operativi dell’impianto.

Una soluzione che però richiede lo sviluppo ulteriore, potrebbe essere quello di valutare le opportunità economiche per la salamoia, che potrebbe essere usata per irrigare specie tolleranti al sale. Quindi i dissalatori producono scorie che potrebbero essere utili anche all’ acquacoltura: dalla melma si potrebbero recuperare sali, metalli e altri elementi come magnesio, gesso, cloruro di sodio, di calcio, di potassio, di bromo, di litio.

Per mitigare la prossima e futura crisi idrica del Pianeta, si potrebbe sfruttare questa strada, la valorizzazione dello scorie, solo però valutando l’ottimizzazione dei processi, delle tecnologie supportate dagli investimenti, dei sistemi di recupero energetico e dell’accostamento dei dissalatori con fonti di energia rinnovabili.

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