Ambiente

SOS siccità: sguardo su Roma aspettando un decreto

La crisi idrica peggiora ogni giorno di più, mentre diverse regioni premono per lo stato di emergenza. Ora si attende una risposta dalla Capitale, per un dpcm capace di reagire alla mancanza d’acqua
Una fontana della Capitale presa d'assalto il 20 giugno scorso
Una fontana della Capitale presa d'assalto il 20 giugno scorso Credit: ANSA/CLAUDIO PERI
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24 giugno 2022 Aggiornato alle 15:00

Gli occhi al cielo e lo sguardo su Roma in attesa di un decreto. L’Italia è a secco, dai fiumi ai laghi, dalle montagne sino alle riserve idriche: l’acqua sta iniziando seriamente a scarseggiare anche per un uso domestico.

L’agricoltura è già in ginocchio, con seri rischi di perdere metà della produzione al nord, mentre in decine di comuni è iniziata una fase di razionamento, per esempio con le chiusure dei rubinetti durante la notte oppure con multe per chi spreca acqua potabile per un uso non domestico.

Contemporaneamente, a risentirne è anche il comparto energetico (vedi centrali idroelettriche), quello degli allevamenti (dove scarseggia il foraggio) e in generale dell’agroalimentare.

Se la situazione continuerà a peggiorare - con temperature che rimarranno probabilmente elevate ancora per giorni e il Po che continua a vivere una emergenza di risalita dell’acqua salata - trovare acqua sarà sempre più complesso. Una vera corsa contro il tempo.

Per questo, a gran voce, diverse regioni hanno chiesto lo stato di calamità e attendono da Roma un dpcm che fissi i paletti su come affrontare l’emergenza, per esempio con fondi e aiuti per l’agricoltura. La stessa Protezione Civile è in attesa di istruzioni su eventuali mosse per i prossimi giorni.

Tra le regioni più colpite dalla carenza idrica ci sono Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Veneto, ma anche al sud si registrano criticità importanti in Puglia e Sicilia.

A mettere pressione all’esecutivo è per esempio il Piemonte, con il presidente Alberto Cirio che invita allo stato di emergenza da dichiarare al più presto. Anche la Lombardia è pronta a chiedere aiuto, cosa che invece hanno già fatto Veneto e Marche mentre il Friuli ha firmato lo “stato di sofferenza idrica”.

Serve l’acqua che non c’è, ma per lo meno potrebbero arrivare - tramite decreto - risarcimenti per il mancato raccolto delle imprese (probabilmente solo con danni superiori al 30% della produzione).

Poi si sta configurando il problema dell’acqua potabile nelle case. Verrebbe di fatto ridistribuita in maniera più efficace passando attraverso razionamenti e diminuzione della pressione, come già sta avvenendo in Piemonte e Lazio. Chi ha ancora riserve, nel frattempo, fa sapere di non volerle cedere: vedi Valle d’Aosta che non riuscirà ad aiutare i piemontesi, oppure Basilicata che prima di darla alla Puglia penserà alle sue imprese.

In generale, il decreto siccità atteso a inizio settimana dovrebbe definire gli interventi in primis in una sorta di area rossa, concentrata soprattutto nella Pianura Padana, dove indirizzare i primi aiuti. La Protezione civile, che in caso di decreto potrà emettere ordinanze per attingere agli invasi, per ora ha emesso solo una allerta gialla per Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Trentino per rischio temporali, ma si tratterebbe di situazioni che non riusciranno a colmare la sofferenza idrica dettata dall’emergenza.

Se la condizione di crisi dovesse perdurare ulteriormente, si ipotizzano anche stop a fontane pubbliche, a lavaggi veicoli (come già ordinato in alcuni comuni), all’ irrigazione di giardini e limitazioni di vario tipo al consumo di acqua.

Mentre il ministero delle Politiche agricole, per fronteggiare l’allarme siccità, fa sapere che è stato deciso «di istituire un coordinamento con le amministrazioni interessate (Protezione civile, MiPAAF, MiTE, Affari Regionali, MIMS, MEF)», si attendono nuove indicazioni sulle azioni da intraprendere. Nel frattempo, però, i terreni sono sempre più in sofferenza, nonostante l’allarme siccità fosse ben chiaro già da febbraio, con i fiumi a dare i primi segnali di crisi.

Del resto, come ha ricordato il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans: «la scienza è molto chiara», gli eventi climatici che si stanno verificando in tutta Europa «minacciano la sicurezza alimentare. Guardiamo ai suoli: il 70% è in cattive condizioni e questo limita la produzione di cibo in certe aree. Guardiamo agli impollinatori: uno su tre è in declino, anche se l’80% delle nostre colture dipende da loro. Guardiamo le grandinate in Croazia, le siccità estreme in Italia che stanno portando a un’orribile carenza d’acqua, o al Gota fría in Spagna. Se non è questo il momento di agire sul clima, quando?».

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