Ambiente

L’invasione dei pesci leone

Diffuso un manuale per cercare di contenere la pericolosa avanzata nel Mediterraneo (e in Italia) del pesce noto anche come “scorpione”: una specie invasiva che impatta sull’ecosistema marino
Credit: juandre nieuwenhuis
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19 aprile 2022 Aggiornato alle 21:00

Invasi da un leone molto più pericoloso di quello che ruggisce. Da ormai dieci anni, da quando per la prima volta nel 2012 è stato notato al largo delle coste libanesi, è stata comprovata la presenza del pesce leone nel mar Mediterraneo. Da allora, questa specie considerata invasiva e in grado di impattare anche sugli ecosistemi del Mare Nostrum, ed è stata osservata a più riprese in diverse zone dal mar Adriatico alla Sicilia, così come al largo della Croazia.

Chiamato anche pesce scorpione, questo animale proveniente da altri mari e ora presente anche nel Mediterraneo è famoso per le sue antenne dorsali che rilasciano veleno mortale al contatto. Micidiale con altre specie, anche per l’uomo è pericoloso, dato che il veleno provoca dolori molto forti a chi viene colpito. A preoccupare gli scienziati è però soprattutto la sua potenziale espansione che potrebbe arrecare danni alle specie del Mediterraneo, un mare già estremamente caldo e stressato dalla crisi climatica e le attività di sovrappesca.

Per questo motivo è da poco stata diffusa la nuova “Guide to Lionfish Management in the Mediterranean”, una guida che contiene una serie di raccomandazioni necessarie alle comunità costiere per tentare di ridurre al minimo l’impatto del “Pterois miles”.

Parlando di questi pesci, che nel 2015 sono ulteriormente arrivati nel Mediterraneo a causa dell’allargamento del Canale di Suez, gli esperti ricordano come c’è il rischio che “senza predatori la loro diffusione aumenti senza ostacoli”. «La proliferazione del pesce scorpione nel Mediterraneo è una grave minaccia per gli ecosistemi del nostro mare. Ecco perché è importante fare tutto il possibile per prevenirlo, inibirlo e limitarlo» spiegano i ricercatori dell’università di Plymouth nel Regno Unito e i colleghi di Cipro che hanno sviluppato il manuale. «L’aumento della densità di pesci scorpione, insieme alla dieta generalista della specie e al consumo di pesci importanti dal punto di vista ecologico e socio economico, ha il potenziale per provocare un’ulteriore perturbazione di un ambiente marino già stressato» aggiungono.

Per tentare di arginare l’avanzata del pesce leone gli esperti indicano la necessità di misure di contenimento che vanno da “opportunità per i pescatori commerciali e ricreativi di prendere di mira il pesce” a leggi da pensare per la “rimozione dei pesci scorpione”, così come “creare una filiera per i prodotti di questo animale”, per esempio incoraggiando l’opinione pubblica a cibarsene. Inoltre spingono affinché questi pesci vengano “inclusi nell’elenco dell’Ue delle specie invasive pericolose” e ricordano come è necessario “sostenere le misure di biosicurezza nel Canale di Suez”.

Tutte azioni che, se sostenute anche a livello legale, potrebbero portare a una forte diminuzione del pesce scorpione in tutto il Mediterraneo, come si legge nell’ambito del progetto europeo RELIONMED. Per il capo di questo programma, il ricercatore Jason Hall-Spencer, «l’invasione del pesce scorpione è la più veloce mai segnalata nel Mar Mediterraneo. La nostra ricerca ha dimostrato che solo tra il 2018 e il 2020 si è verificato un aumento del 400% nelle aree al largo di Cipro dove la pesca era limitata all’interno delle aree marine protette. Tuttavia, abbiamo anche visto che all’interno delle comunità c’è sia una comprensione della necessità di agire, sia una volontà di essere coinvolti.

È improbabile che le popolazioni di pesci scorpione del Mar Mediterraneo vengano eradicate e il nostro clima che cambia e il riscaldamento degli oceani significano che è più probabile che si diffondano ulteriormente. Solo migliorando la biosicurezza del Canale di Suez possiamo evitare che specie sempre più invasive si riversino nel Mar Mediterraneo».

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