Diritti

Lavoro: l’Ue valuta il diritto alla disconnessione

La Commissione europea ha avviato la prima fase di consultazione delle parti sociali sulla possibilità di tutelare maggiormente gli smart workers: secondo Eurofound, l’80% viene contattato dai propri manager anche fuori orario
Credit: cottonbro studio
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7 maggio 2024 Aggiornato alle 15:00

La Commissione europea ha avviato la prima fase di una consultazione delle parti sociali europee in vista di un possibile intervento per garantire il diritto alla disconnessione per i telelavoratori. L’ultimo accordo sulle regole comuni relative al telelavoro in Europa risale al 2002, ma negli ultimi anni il numero degli smart workers è aumentato insieme alle richieste di aggiornare la normativa sul telelavoro equo.

Secondo il sondaggio sulla forza lavoro dell’Unione europea, la quota di persone che lavorano da casa è più che raddoppiata negli ultimi anni, passando dal 11,1% del 2019 (prima della pandemia di Covid-19) al 20% nel 2022. Alcune ricerche, come quella della fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro Eurofound, hanno messo in luce come il lavoro da remoto abbia intensificato la connessione costante dei dipendenti, portandoli a lavorare ore aggiuntive e spesso non retribuite.

Lo studio di Eurofound rivela che coloro che lavorano regolarmente a distanza utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno maggiori probabilità di lavorare più a lungo di quanto richiesto da contratto. In particolare, oltre l’80% delle persone intervistate ha riferito di aver ricevuto comunicazioni di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro contrattuale durante una tipica settimana lavorativa.

Quasi tre quarti dei telelavoratori hanno inoltre riferito di essere contattati dai colleghi fuori orario ogni giorno o in alcuni giorni, mentre il 67% viene contattato dai propri manager. La stragrande maggioranza (quasi 9 su 10) degli intervistati ha risposto a queste comunicazioni, con 1 lavoratore su 4 che ha risposto a tutte le chiamate e ai messaggi ricevuti fuori orario.

Dal punto di vista della salute, i lavoratori di aziende senza diritto alla disconnessione hanno affermato di aver sperimentato più spesso problemi come mal di testa, stress e ansia. Tra i motivi più citati che spingono i dipendenti a rispondere a comunicazioni legate al lavoro fuori orario: l’82% perché si sente responsabile dei propri compiti, il 75% perché vuole rimanere “al passo con le cose” (ma anche perché così è previsto a livello aziendale), mentre il 61% risponde per timore di un impatto negativo in caso di mancata risposta e il 50% per l’aspettativa di avanzamento di carriera.

Nel 2021, a seguito di una consultazione, il Parlamento europeo ha chiesto una legge comune che consenta ai lavoratori da remoto di disconnettersi durante le ore non lavorative senza conseguenze e standard minimi per il lavoro a distanza, ma finora queste richieste non hanno avuto seguito. Così, nei Paesi Ue le norme restano variegate.

Sanzioni e divieti sono in vigore in Francia, Belgio e Spagna, dove è sancito il diritto dei lavoratori a non rispondere a mail, messaggi e telefonate fuori dal proprio orario di lavoro, ma i dettagli sul tema devono essere discussi durante la contrattazione aziendale. In Portogallo è in vigore invece una norma che vieta ai superiori di inviare mail e messaggi fuori dall’orario di lavoro, mentre in Italia una legge del 2021 stabilisce che la disconnessione “non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

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