Economia

La formula giuridica delle comunità energetiche è questa

Le analisi del Consiglio Nazionale del Notariato aiutano a comprendere meglio quale struttura dovranno avere le Cer per beneficiare dei contributi pubblici. Fondamentale sarà lo scopo altruistico a beneficio della collettività
Credit: Johny Goerend  

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12 aprile 2024 Aggiornato alle 10:00

Il mondo delle comunità energetiche rinnovabili (Cer), ossia un gruppo di persone, come cittadini, privati, enti pubblici, piccole e medie imprese, che si uniscono volontariamente per produrre, consumare e condividere energia da fonti rinnovabili su scala locale, è entrato in conflitto con le istituzioni qualche mese fa, all’indomani dell’approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica delle Regole Operative riguardanti le modalità e le tempistiche per accedere ai benefici economici. Secondo cui le tariffe incentivanti e i contributi pubblici per coprire le spese di installazione sarebbero stati distribuiti a tutte le Cer già regolarmente costituite come soggetti giuridici alla data dell’entrata in esercizio degli impianti.

Nell’ordinamento italiano, un soggetto giuridico è un’entità che è titolare di diritti e obblighi.

In altre parole, è un soggetto che può essere parte di un rapporto giuridico, come per esempio una persona fisica (un individuo con capacità giuridica e di agire) oppure una persona giuridica, ossia entità create dall’ordinamento giuridico e composte di una o più persone sotto forma di società, associazioni o fondazioni, le quali esercitano la loro capacità di compiere atti giuridici validi (compravendite, rapporti con altri enti ecc.) attraverso i loro appositi organi.

A trovare il bandolo della matassa sulla disciplina da rispettare è stato il Consiglio Nazionale del Notariato, con uno studio pubblicato a fine marzo secondo cui le Cer che ambiscono a ricevere contributi economici pagati dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) - società pubblica garante e promotrice dello sviluppo sostenibile del Paese - potranno costituirsi in svariate forme di soggetti giuridici.

Il fenomeno conta al giugno 2023 ben 35 Cer accreditate regolarmente presso il Gse, con 271 clienti finali come membri, anche se il ministro dell’Ambiente sostiene che le nuove misure di incentivazione comporteranno la costituzione di ben 15.000 comunità energetiche nei prossimi anni.

Ognuna di queste Cer dovrà essere prima di tutto un soggetto distinto dai propri membri, a differenza dei sistemi di autoconsumo collettivo che invece si compongono di due o più persone dello stesso condominio che condividono l’energia autoprodotta senza costituire un soggetto giuridico per ricevere i contributi del Gse.

La Cer dovrà nascere esplicitamente come un nuovo soggetto, oppure dalla trasformazione di un’entità già esistente a cui si modifica l’atto costitutivo, purché il suo obiettivo principale non sia quello di realizzare profitti finanziari destinati a essere successivamente suddivisi tra i soci.

Da questo vincolo si evince come le comunità energetiche non possano formarsi come società semplice, società benefit, per azioni (S.p.A) oppure a responsabilità limitata (S.r.l.), che invece hanno come propria natura il perseguimento dello scopo di lucro.

Anche se, come sottolinea lo studio, non sembra essere vietata la possibilità che le Cer perseguano questo fine in via secondaria, per esempio sotto forma di cooperativa a mutualità prevalente, le quali svolgono la loro attività prevalentemente a favore dei soci e ricevono da essi la maggior parte dei beni e servizi necessari per l’attività sociale.

Si potranno invece costituire in forma di fondazione, costituita da uno o più soggetti che destinano un patrimonio a uno scopo determinato e specifico.

Fra le sue varie sfumature, spicca la fondazione di partecipazione, che permette di distribuire il potere deliberativo in modo non democratico e concentrarlo in capo a un ristretto numero di persone, con una maggiore flessibilità di gestione.

Tuttavia, ciò va contro il requisito di necessaria democraticità delle decisioni e della distribuzione di voti imposta a qualsiasi Cer, a prescindere dalla forma utilizzata per costituirla. Dunque tutti i membri dovranno essere legittimati a votare sulle materie più importanti come nomina, compenso, revoca e responsabilità degli amministratori, ma anche la destinazione degli eventuali utili e lo scioglimento dell’ente stesso.

Un’altra forma decisamente comune è quella di associazione, in cui una pluralità di persone si riunisce per perseguire uno scopo comune di varia natura. Da qui la differenza principale tra associazione riconosciuta, la cui costituzione richiede un atto pubblico redatto da un notaio e risponde verso i terzi solo con il proprio patrimonio, da quella non riconosciuta.

Quest’ultima è stata la forma più popolare fra le Cer accreditate dal Gse fino al 2023, grazie specialmente alle ridotte formalità burocratiche per la costituzione e ai costi decisamente più bassi.

Eppure il consiglio più frequente fra i consulenti e gli esperti è proprio quello di privilegiare una comunità energetica in forma di associazione riconosciuta, in modo tale che i vari rappresentanti della Cer, che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, non si ritrovino a rispondere

Illimitatamente e con i singoli patrimoni verso i terzi.

In alternativa, la Cer può avere la qualifica di Ets, ossia ente di terzo settore o impresa sociale, ossia un tipo di ente che svolge un’attività economica di interesse generale, senza scopo di lucro e con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

In modo da beneficiare di un trattamento tributario più favorevole e sviluppare una migliore interazione con la pubblica amministrazione.

In qualsiasi forma giuridica si costituirà, qualsiasi Cer avrà come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, attraverso l’utilizzo prioritario dell’energia prodotta per l’autoconsumo istantaneo o la condivisione verso gli altri membri.

Sarà inoltre possibile destinare una parte dei propri utili per sostenere i poveri energetici, categoria composta da coloro che hanno difficoltà nel soddisfare i propri bisogni energetici primari, come riscaldamento, raffrescamento, illuminazione e cottura dei cibi.

Fra le cause di questa condizione spiccano il basso reddito, l’aumento dei prezzi dell’energia e la scarsa efficienza energetica delle abitazioni, che consumando più energia comportano elevati costi per le famiglie, con inevitabili ripercussioni in termini di salute personale ed esclusione sociale.

I numeri dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica dimostrano l’estensione del fenomeno, che nel 2021 ha inciso per l’8,5% a livello nazionale ma anche fra le regioni, arrivando fino al 16,7% in Calabria.

Sono sempre di più i progetti di Cer che contemplano la lotta alla povertà energetica all’interno della propria disciplina statutaria, specialmente quando a partecipare alle comunità energetiche sono le amministrazioni locali, con l’ambizione di rendere questi soggetti giuridici degli strumenti capaci di salvaguardare l’ambiente, producendo energia pulita a ridotto impatto climatico, ma anche di realizzare l’obiettivo di uguaglianza sostanziale previsto sin dall’art. 3 della Costituzione. Un doppio beneficio su più livelli, per tutta la comunità.

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