Futuro

Ue, Digital Markets Act: cosa cambia nella concorrenza per le Big Tech?

La legge approvata il 7 marzo ridefinisce il rapporto tra le grandi piattaforme digitali, gli utenti e le altre aziende, spingendo le prime a essere più leali e limitando il potere delle piattaforme gatekeeper
Credit: Claudio Schwarz  

Con l’approvazione del Digital Markets Act (Dma), lo scorso 7 marzo, ci troviamo di fronte a una potenziale rivoluzione nel panorama della comunicazione digitale e non solo.

Una delle innovazioni più discusse che potrebbe scaturire da questa legge riguarda l’interoperabilità tra diverse piattaforme di messaggistica. Questa prospettiva solleva interrogativi intriganti sul perché WhatsApp, il colosso della messaggistica globale, abbia mantenuto finora un sistema chiuso, impermeabile agli scambi diretti con altri servizi di messaggistica.

Fin dall’ascesa delle grandi piattaforme digitali, l’esclusività e la ritenzione degli utenti sono state strategie centrali per mantenere e accrescere il loro dominio di mercato. WhatsApp, per esempio, ha costruito il proprio successo non solo sulla facilità d’uso e sulla sicurezza, ma anche sull’ampia base di utenti che rende la piattaforma indispensabile per molti. L’idea di un ecosistema chiuso, dove gli utenti sono limitati a comunicare solo all’interno della stessa piattaforma, ha rafforzato questa posizione dominante, creando un circolo virtuoso di crescita attraverso l’effetto rete.

Tuttavia, l’introduzione del Dma, delinea una potenziale rivoluzione nel modo in cui interagiamo digitalmente. Questa nuova legislazione europea, mirando a garantire mercati digitali più equi e aperti, potrebbe sfidare la logica stessa di piattaforme esclusive come WhatsApp.

Imponendo la necessità di interoperabilità tra servizi concorrenti, il Dma non solo amplierebbe le possibilità di scelta per gli utenti, ma potrebbe anche stimolare l’innovazione attraverso una concorrenza più vivace.

Immaginare quindi la possibilità di inviare messaggi da una piattaforma non nota a un utente WhatsApp ci fa riflettere sulle dinamiche di potere nel settore tecnologico e sull’importanza di promuovere un ambiente digitale dove la libertà di scelta e l’accessibilità diventino i principi fondamentali.

Questo cambio di paradigma potrebbe non solo alterare il modo in cui le piattaforme che conosciamo operano, ma anche come noi, in quanto utenti, percepiamo e utilizziamo i servizi digitali nel nostro quotidiano.

Partiamo dall’inizio.

Cosa sono le piattaforme gatekeeper?

Nel gergo tecnico strumenti di comunicazione come Telegram, Whatsapp, Facebook, Instagram, Messenger e TikTok, sono definite “piattaforme”. Una piattaforma è un’architettura progettata per organizzare le interazioni tra utenti. Le piattaforme sono alimentate da dati, organizzate attraverso algoritmi, formalizzate attraverso rapporti di proprietà orientati da precisi modelli di business e governate da specifici termini di utilizzo: quelli che banalmente spuntiamo quando accediamo a un sito, senza pensare troppo a cosa stiamo accettando.

A partire dai primi anni del 2000 un insieme di piattaforme si è evoluto in modo da concentrare molto potere nelle mani di poche corporation. Parliamo nello specifico delle cosiddette Big Five: Alphabet-Google, Meta, Amazon, Apple e Microsoft.

A queste si aggiunge ByteDance, la società cinese fondata da Zhang Yiming nel 2012 che a novembre 2017 ha acquisito Musical.ly unificandola, nel 2018, all’app Tik Tok.

Possiamo distinguere, in base alle loro funzioni, due tipi di piattaforme: piattaforme-infrastruttura e piattaforme di settore. Queste ultime offrono servizi specifici, mentre le più influenti sono quelle infrastrutturali, che sono gestite e possedute dalle Big Five. I servizi che offrono includono motori di ricerca, messaggistica istantanea, social networking, App Store, sistemi di pagamento, servizi di navigazione, sevizi di identificazione e altro.

Alphabet è l’azienda ombrello che comprende tutti i servizi Google come il motore di ricerca Google Search, il browser Chrome e il sistema di geolocalizzazione Google Maps. Possiede anche il sito di video sharing YouTube. Meta invece possiede Facebook, Instagram e WhatsApp e assieme a Google controlla il 60% della pubblicità online. Amazon invece si classifica come una delle più grandi piattaforme di vendita. Apple è uno dei principali produttori di telefoni, tablet e orologi digitali e dispone di un proprio sistema operativo e software. La società offre anche migliaia di applicazioni per i dispositivi mobili. Microsoft offre servizi online come LinkedIn e Microsoft Azure.

La crescita incontrollata di queste piattaforme-infrastruttura lascia poco spazio ai competitor che vogliono entrare in questo ecosistema. Ma in ogni caso, tutte le piattaforme che stanno al di fuori delle Big Five dipendono dai servizi offerti da quest’ultime. Per esempio, Airbnb si avvale di Google Maps e dei servizi di identificazione di Meta e Google. Spotify si appoggia a Google Cloud, mentre Netflix ad Amazon Web Service; o ancora, i videogiochi dipendono interamente dagli App Store gestiti da Apple e Google.

Le Big Five stanno estendendo la loro presenza in quasi tutti i settori. Il punto è che queste piattaforme sono diventate così pervasive e i servizi offerti così capillari, che viene facile paragonarli a funzioni di pubblica utilità, poiché forniscono servizi fondamentali: in effetti senza la mediazione di queste piattaforme lo scambio di prodotti, servizi e informazioni sarebbe impensabile.

Non sorprende, dunque, che l’Ue abbia deciso di intervenire per tentare di mitigare questo strapotere.

Cosa cambia con l’introduzione del Digital Markets Act?

Verso una concorrenza più leale

Il Digital Markets Act rappresenta una pietra miliare nella strategia digitale dell’Unione europea, mirando a ridefinire il panorama dei servizi digitali attraverso regolamentazioni più severe per le grandi piattaforme online, spesso etichettate come gatekeeper del mercato digitale. L’obiettivo principale del Dma è garantire che il mercato digitale rimanga equo e aperto, prevenendo comportamenti monopolistici che possono soffocare la concorrenza e limitare le scelte per i consumatori.

Novità introdotte dal Digital Markets Act

Il Dma stabilisce criteri specifici per identificare le piattaforme online come gatekeeper, basandosi su fattori quali la loro posizione economica dominante, l’impatto sul mercato interno e l’attività in più paesi dell’Ue. Questi gatekeeper sono soggetti a obblighi specifici per prevenire abusi di posizione dominante.

Il Dma mira a creare un ambiente di mercato più accessibile per le piccole imprese e le Startup, assicurando che non debbano subire condizioni commerciali ingiuste o restrittive per poter operare sulle piattaforme dei gatekeeper. Introducendo regole più stringenti per i colossi, il Dma vuole favorire l’innovazione e dare ai consumatori europei accesso a un’ampia gamma di servizi e prodotti, migliorando così la qualità e la varietà delle opzioni disponibili.

Cosa cambia per gli utenti

Gli utenti beneficeranno di maggiori informazioni sui servizi che utilizzano e avranno più libertà di scegliere tra differenti fornitori, grazie alle misure che impediscono ai gatekeeper di bloccare l’accesso a servizi concorrenti.

Con il Dma ci sarà un controllo più severo sull’uso dei dati degli utenti, limitando la capacità dei gatekeeper di tracciare gli utenti per pubblicità mirata senza un consenso esplicito.

Gli utenti e le imprese avranno maggior accesso ai dati generati sulle piattaforme dei gatekeeper, migliorando così le possibilità di innovazione e concorrenza.

Il Dma impedisce pratiche quali la pre-installazione obbligatoria di app e servizi, offrendo agli utenti la possibilità di scegliere e rimuovere facilmente software o app non desiderati.

In sintesi, il Digital Markets Act si prefigge di trasformare il settore digitale in uno spazio più competitivo e innovativo, dove gli utenti hanno il controllo e la libertà di scelta, mentre le imprese di ogni dimensione possono prosperare su un terreno di gioco livellato. La sfida sarà ora nella sua attuazione e nel monitoraggio costante del mercato per assicurarsi che gli obiettivi vengano effettivamente raggiunti.

La promulgazione del Dma segna un momento cruciale nella nostra comprensione e interazione con il mondo digitale, evidenziando una transizione da un’era di espansione digitale quasi incontrollata a una di maggiore responsabilità e equilibrio. In questa svolta filosofica, vediamo emergere una riflessione più profonda sull’essenza della tecnologia e sul suo ruolo nella società.

Per dimostrare la loro conformità con il Dma, questi gatekeeper devono ora presentare relazioni dettagliate sulle azioni intraprese per allinearsi alle disposizioni della normativa. Queste relazioni, soggette a verifica indipendente, devono includere anche una descrizione dettagliata delle metodologie impiegate per il profiling dei consumatori, accompagnata da una versione accessibile al pubblico del documento.

La Commissione europea è incaricata di esaminare l’efficacia di tali misure di conformità. Questa valutazione si baserà non solo sulle relazioni presentate, ma anche sul feedback di varie parti interessate, raccolto durante sessioni di lavoro dedicate alla conformità. Durante queste sessioni, i gatekeeper avranno l’opportunità di illustrare le strategie adottate per rispettare i requisiti del Dma.

Tecnologia: servo o padrone?

La proliferazione delle piattaforme digitali ha trasformato radicalmente il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo. Tuttavia, questo rapido sviluppo ha sollevato interrogativi fondamentali: la tecnologia serve l’umanità o ne diventa padrona?

Il Dma cerca di ribadire il principio della tecnologia a servizio del bene comune, ponendo l’accento sull’etica e sulla responsabilità delle grandi piattaforme nel plasmare un ecosistema digitale che rifletta i valori di equità, trasparenza e inclusività.

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