Futuro

L’abuso di alimenti ultraprocessati è connesso a più di 30 malattie

Lo studio pubblicato sul British Medical Journal, che ha coinvolto oltre 10 milioni di persone, ha analizzato la relazione tra cibi “confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati” e l’insorgenza di patologie cardiovascolari, disturbi d’ansia, depressione e diabete
Credit: KoolShooters 
Tempo di lettura 4 min lettura
8 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00

Il nuovo studio pubblicato sul British Medical Journal – Bmj valuta gli effetti dei cibi ultraprocessati sulla salute umana. La ricerca, che ha coinvolto oltre 10 milioni di persone, ha trovato evidenze scientifiche della correlazione tra consumo di cibo prodotto industrialmente e più di 30 patologie.

I cibi ultraprocessati, si legge sulle pagine dell’Airc - Associazione Italiana Ricerca Cancro “sono gli alimenti confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati direttamente, frutto di ripetute lavorazioni industriali”; già nell’agosto del 2022, sempre sul Bmj, un articolo aveva dimostrato che un elevato consumo di questi alimenti aumentava il rischio di tumore del colon-retto del 30% circa.

Questa volta il gruppo di ricercatori internazionali (la prima firmataria dello studio è Melissa Lane della Deakin University) ha mostrato che le diete ad alto consumo di alimenti ultraelaborati possono essere dannose per molti sistemi del corpo umano.

In particolare, la ricerca ha mostrato che una maggiore assunzione di questi cibi è associata a un aumento di circa il 50% del rischio di morte correlata a malattie cardiovascolari, dal 48% al 53% per quanto riguarda l’insorgere di disturbi d’ansia e mentali (22% quando si tratta di depressione), un’incidenza del 12% in più per il diabete di tipo 2, ma anche di obesità e problemi di sonno.

La particolarità di questa pubblicazione consiste nell’aver analizzato i risultati di precedenti studi diffusi negli ultimi 3 anni, prendendo in considerazione quelli con determinate caratteristiche (per esempio escludendo quelli finanziati da aziende impegnate nella produzione di cibi ultraprocessati) e di aver messo a sistema tutte le informazioni raccolte (la somma totale di partecipanti nelle analisi aggregate è stata di 9.888.373 unità) tramite un’analisi scientifica di tipo statistico. La maggior parte degli studi presi in esame riguardava la popolazione adulta, a eccezione di 5 ricerche che includevano bambini e adolescenti nell’esame dei risultati legati a malattie mentali e respiratorie.

La ricerca ha poi evidenziato che gli alimenti ultraelaborati differiscono dagli altri a causa dei numerosi processi di trasformazione che rendono il prodotto finale più povero sotto il punto di vista del profilo nutrizionale, con elevati valori di zuccheri aggiunti, grassi saturi e sodio. Ma gli effetti negativi per la salute non sono completamente spiegabili con la composizione nutritiva e la densità energetica di questi cibi: a essere colpevoli sono anche le proprietà fisiche e chimiche associate ai metodi di lavorazione industriale, nonché agli ingredienti di scarsa qualità e ai sottoprodotti utilizzati per la preparazione che incidono direttamente anche sulla digestione, sulla sazietà e sull’assorbimento dei nutrienti.

Un articolo del Washington Post, inoltre, dichiara che negli Usa il 58% dell’assunzione giornaliera totale di cibi energetici è rappresentato da alimenti ultraprocessati e, che a causa dei deboli standard normativi, questi prodotti sono giunti anche nei menù scolastici (in Uk la situazione è molto simile).

Di fronte a queste cifre preoccupanti, il mondo accademico non resta a guardare: tramite un editoriale pubblicato su Bmj, ricercatori internazionali hanno chiesto alle Nazioni Unite di sviluppare un quadro normativo per regolamentare la produzione dei cibi altamente lavorati, come già fatto per il tabacco. Sappiamo che questi alimenti creano dipendenza, come l’alcol: è tempo di agire.

Leggi anche
Alimentazione
di Mariangela Di Marco 3 min lettura
Alimentazione
di Manuela Sicuro 6 min lettura