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Crisi degli oppioidi: 3 titoli per conoscerla e comprenderla

La storia di come la casa farmaceutica Purdue Pharma ha commercializzato il potente farmaco l’OxyContin, quella della famiglia che la guida e una riflessione sulla diffusione degli oppioidi tra le categorie marginalizzate

Di “crisi degli oppioidi” si parla ormai da anni. Quella che negli Usa è una vera e propria epidemia è iniziata alla fine degli anni ’90, ma ha avuto un’accelerazione a partire dal 2016, dopo che sul mercato è comparso il Fentanyl (un oppioide sintetico estremamente pericoloso), e durante la pandemia.

È una storia lunga, con diverse ondate (oppioidi da prescrizione, eroina, oppiodi sintetici) e un milione di morti, quasi 100 ogni giorno. Una storia che è cominciata con un nuovo farmaco per la terapia del dolore a base di ossicodone, l’OxyContin, spinto dalle compagnie farmaceutiche attraverso una campagna di marketing capillare e aggressiva (tanto quanto ingannevole) come la panacea di ogni male, nascondendo i potenziali effetti collaterali ai medici che la prescrivevano in buona fede a pazienti di ogni età. O, più esattamente, mentendo deliberatamente: secondo la campagna promozionale, infatti, l’aspetto differenziante rispetto agli altri antidolorifici non era solo una maggiore efficacia per periodi più prolungati, ma il basso potenziale di dipendenza.

“Una miracolosa cura a ogni genere di dolore, senza pericolo di dipendenza”: ecco come è stato presentato ai medici dalla casa farmaceutica. Peccato che questa cura miracolosa abbia contribuito a causare la morte di circa 400.000 persone per overdose dal 1999 al 2017.

Prurito, nausea, tremori: quello che il marketing a un certo punto non è più riuscito a nascondere è che i pazienti sperimentavano rapidamente i sintomi da astinenza se non assumevano il farmaco in tempi via via più brevi. E che, non riuscendo a procurarsi gli oppiodi da prescrizione, si sono rivolti all’eroina e, in seguito, agli oppiodi sintetici come il Fentanyl, che, soprattutto se prodotto illegalmente, continua a cambiare e può essere trovato in combinazione con eroina, pillole contraffatte e cocaina, aumentandone la pericolosità.

La situazione negli Stati Uniti rimane drammatica. Queste sostanze, però, sono sempre più diffuse anche in Europa e in Italia, che da qualche giorno ha alzato l’allerta per il Fentanyl portandola a livello 3, il massimo.

Noi vogliamo suggerirti 3 libri che parlano della crisi degli oppioidi per provare a capire un fenomeno che troppe volte sembra un romanzo ma che è invece drammaticamente reale.

Painkiller, di Barry Meier, Mondadori, 228 p., 13€

Per capire la crisi degli oppiodi bisogna tornare alle sue origini. Ed è esattamente quello che fa questo libro (a cui è ispirata l’omonima serie Netflix con Uzo Aduba, Matthew Broderick e Taylor Kitsch), che ricostruisce come la Purdue Pharma abbia commercializzato - e soprattutto promosso - l’OxyContin, trasformandolo in un affare miliardario sfruttando proprio quella caratteristica che il marketing negava esplicitamente, le cui evidenze scientifiche sono state nascoste: la dipendenza.

Ma questo libro non racconta solo chi ha monetizzato una delle più grandi catastrofi sanitarie degli ultimi anni, ma anche chi ha provato a denunciare quello che stava accadendo, chi ha indagato e chi, dopo una semplice prescrizione del medico di fiducia, ha sviluppato una dipendenza da oppiodi.

L’impero del dolore, di Patrick Radden Keefe, Mondadori, 696 p. 24€

Ma chi c’è dietro la Purdue Pharma? Chi, per dirla terra-terra, ha intascato i 35 miliardi di dollari di entrate generate dal successo dell’OxyContin a spese di coloro per colpa di quelle sostanze hanno incontrato la dipendenza e a volte la morte? Una delle famiglie più ricche degli Stati Uniti, il cui nome era celebre ben prima degli anni ’90: i Sackler.

Questo libro racconta la loro storia, “una storia di ambizione, filantropia, crimine e im­punità, corruzione, smania di potere e avidità”. Non solo il successo dell’impero farmaceutico negli anni ’60 grazie al Valium, la filantropia e il mecenatismo con il quale il loro nome è stato associato alle più prestigiose istituzioni culturali del mondo, fino allo scandalo della spregiudicata campagna di marketing dell’Oxy, ma anche gli aspetti meno conosciuti, “dalle strade trafficate della Brooklyn di inizio Novecento alle residenze sul mare di Cap d’Antibes, fino ai corridoi del potere a Washington”.

Demon Copperhead, di Barbara Kingsolver, Neri Pozza, 654, 22€

Questo non è un libro sulla crisi degli oppiodi. Il Premio Pulitzer 2023 è un romanzo sull’esistenza, sul dolore, sulla speranza, sulle vite di chi è considerato o si considera “marginale”. Ma è anche un bellissimo racconto di come gli oppioidi da prescrizione si siano diffusi proprio tra le comunità lasciate ai margini e sull’effetto deflagrante di quella diffusione sulle vite di coloro che hanno incontrato la dipendenza che, ricorda l’autrice, “è una malattia, non un fallimento morale”.

Un libro che non giudica, non assolve, non vuole scandalizzare ma che ci mostra “l’epidemia” senza mai nominarla esplicitamente e la fatica, enorme, di chi non riesce a uscirne. Ci sono tantissimi motivi per leggere la storia di Demon Copperhead, novello David Copperfield trapiantato in una comunità degli Appalachi meridionali: uno sguardo pieno di rabbia e compassione sulla diffusione degli oppioidi è sicuramente uno di questi.

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