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Chi era Aleksei Navalny, il principale oppositore di Putin?

Venerdì 16 febbraio le autorità carcerarie russe hanno comunicato che l’ex avvocato di 47 anni sarebbe morto per un malore all’interno della colonia penale artica dove era stato trasferito a dicembre 2023
Credit: EPA/TOLGA AKMEN
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
20 febbraio 2024 Aggiornato alle 11:00

“Ascoltate, ho qualcosa di molto ovvio da dirvi. Non potete arrendervi. Se loro decidono di uccidermi, significa che siamo incredibilmente forti. Dobbiamo utilizzarlo, questo potere, per non mollare, per ricordare che siamo una forza enorme che viene oppressa da questi individui malvagi. Non ci rendiamo conto di quanto siamo forti in realtà. L’unica cosa che serve al male per trionfare è che le persone buone non facciano nulla. Quindi non siate inattivi”.

Le parole pronunciate in russo da Aleksei Navalny, morto a 47 anni nella colonia penale IK-3, nell’estremo nord della Russia, dove era rinchiuso da dicembre, risuonano come un testamento, oggi.

Provengono da un documentario che porta il suo cognome, Navalny, che segue l’ascesa politica dell’uomo che per l’Occidente è diventato l’oppositore più noto di Vladimir Putin e documenta un’indagine condotta dall’organo investigativo Bellingcat sul suo avvelenamento e sulla sua successiva incarcerazione.

Circa un anno fa quella pellicola conquistò il premio Oscar come miglior documentario. La statuetta venne ritirata dai figli e dalla moglie Yulia Navalnaya mentre lui era imprigionato.

Oggi quella stessa donna accusa Putin di essere responsabile dell’assassinio di suo marito e raccoglie la sua eredità politica: «Continuerò il lavoro di Aleksei Navalny. Continuerò a lottare per la libertà del nostro Paese. E vi invito a starmi accanto».

Ma chi era Aleksei Navalny?

Nato il 4 giugno 1976 a Butyn, in Russia, figlio di un ufficiale dell’esercito sovietico e di un’economista, ha vissuto la sua infanzia in diverse città non distanti da Mosca.

Nel 1998 si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università russa dell’Amicizia tra i Popoli (Rudn), a Mosca, dove è rimasto per esercitare la professione legale e continuare gli studi.

Prima di prendere una laurea in Economia all’Università Finanziaria nel 2001, sotto il governo della Federazione Russa, Navalny si iscrive a Yabloko, un partito politico social liberale da cui viene espulso nel 2007 per aver danneggiato il partito con “attività nazionalistiche”, anche partecipando a una marcia di estrema destra. Navalny ha sempre sostenuto di essere stato cacciato per divergenze con il leader Grigory Yavlinsky.

Dal 2008 acquista notorietà attraverso il suo blog navalny.com, da cui prende di mira le aziende statali e i magnati pro-Putin e li accusa di corruzione.

Nel 2011 guida le più grandi manifestazioni mai organizzate da quando Putin è diventato presidente, nel 2000, mosse dalle denunce di frode nelle elezioni parlamentari russe di quell’anno.

Quell’anno fonda la Fondazione anticorruzione, un’organizzazione che diventa la piattaforma principale in cui il suo team denuncia presunte corruzioni tra i funzionari politici russi. Nel 2013 si candida a sindaco di Mosca, riceve poco più del 27% dei voti e perde contro Sergei Sobyanin, alleato di Putin, attualmente in carica.

Quattro anni dopo Navalny programma di candidarsi alla presidenza, ma un tribunale russo lo condanna con l’accusa di frode e gli impedisce di partecipare alle elezioni del 2018.

Navalny si oppone alla decisione e organizza proteste e boicottaggi a livello nazionale contro la rielezione di Putin, ma le autorità rispondono duramente, incarcerandolo e accusandolo di riciclaggio di denaro.

Due anni dopo, durante un volo partito dalla città di Tomsk e diretto a Mosca, Navalny si sente male e l’aereo effettua un atterraggio di emergenza. L’attivista viene ricoverato in coma, due giorni dopo viene trasportato in un ospedale di Berlino dove le autorità tedesche confermano che sia stato avvelenato con un agente nervino dell’era sovietica, il novichok.

Dopo cinque mesi in Germania, nel 2021 Navalny torna in Russia e viene arrestato al suo arrivo a Mosca.

Decine di migliaia di manifestanti scendono in piazza per chiedere il suo rilascio. Le autorità russe lo condannano a una pena detentiva di due anni e mezzo di prigione per aver violato la libertà condizionale relativa a una condanna precedentemente sospesa.

Navalny inizia uno sciopero della fame di tre settimane contro la mancanza di cure mediche adeguate nella struttura carceraria. In quel periodo la sua Fondazione anticorruzione viene messa fuori legge da un tribunale di Mosca e i suoi collaboratori più stretti sono costretti a lasciare la Russia per fuggire alla repressione del Cremlino.

A marzo 2022, un mese dopo l’invasione dell’Ucraina, Navalny viene condannato a una pena aggiuntiva di 9 anni per appropriazione indebita e oltraggio alla corte e spedito in un carcere di massima sicurezza.

Cinque mesi dopo viene condannato ad altri 19 anni di carcere con l’accusa di estremismo e a dicembre 2023 non si hanno più notizie di lui per diverse settimane. Il giorno di Natale il suo team dice che è stato localizzato in una colonia carceraria nella città di Kharp, a nord del Circolo Polare Artico, e il 10 gennaio Navalny appare per la prima volta in collegamento video da quella struttura.

Poco più di un mese dopo, i funzionari russi della prigione comunicano la sua morte: Navalny non si sarebbe sentito bene dopo una passeggiata e gli operatori sanitari dell’ambulanza accorsa non sarebbero riusciti a rianimarlo.

Poi parlano di una “sindrome della morte improvvisa” e informano la madre, Lyudmila Navalnaya, che il corpo verrà restituito alla famiglia non appena gli esami sul cadavere saranno conclusi. Centinaia di persone vengono arrestate in Russia per aver preso parte alle veglie in nome di Navalny.

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