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Mariasole Bianco: «Ovunque siamo, la nostra esistenza dipende dal mare»

«Ma il futuro degli oceani dipende dalle nostre azioni». È il monito che la biologa marina, presidente della Onlus Worldrise, ha condiviso con La Svolta, spiegando anche chi sono le «tre sorelle cattive» e perché minacciano gli ecosistemi
Mariasole Bianco, biologa marina
Mariasole Bianco, biologa marina
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19 febbraio 2024 Aggiornato alle 16:00

Mariasole Bianco è una biologa marina e divulgatrice scientifica che racconta il suo amore per il mare e gli oceani attraverso la sua Onlus, Worldrise di cui è presidente, oltre che con documentari e reportage televisivi.

La Svolta l’ha intervistata alla fine della sua masterclass in occasione della riapertura del Museo di Scienze Naturali di Torino, dopo oltre 10 anni di chiusura per adeguamenti di sicurezza dovuti a un incendio.

Nel suo intervento è stata molto usata la parola “consapevolezza”: come si sposa questo termine con la riapertura di un luogo come il museo di Scienze Naturali di Torino?

Sono luoghi dove si crea conoscenza e la conoscenza, quando è esposta bene, crea anche consapevolezza perché ci permette di entrare in contatto, di capire di più, di imparare a conoscere un mondo nuovo. E attraverso la conoscenza si può sviluppare anche un senso di amore per questa cosa che si conosce, un fascino, una curiosità che poi ci porta in qualche modo a dire: “che cosa posso fare?”. È fondamentale nel contesto della società in cui stiamo vivendo e soprattutto con le sfide ambientali che caratterizzano il nostro secolo, perché ci aiuta in qualche modo a indirizzare il percorso verso l’azione. Un filosofo inglese diceva che il fine ultimo dell’educazione non è il sapere ma l’azione. E quindi questa consapevolezza, che nasce dalla conoscenza, poi si deve tradurre in azione.

Nelle sue interviste dice «ogni sorso d’acqua che beviamo, ogni respiro che facciamo ci tiene in connessione con il mare»: può spiegare meglio il significato di questa frase?

Il mare è la linfa vitale del nostro Pianeta. Perché siamo connessi al mare attraverso ogni respiro che facciamo? Perché il mare produce più del 50% dell’ossigeno che respiriamo ed è anche in grado di assorbire circa un terzo dell’ anidride carbonica da noi prodotta. È il polmone blu del Pianeta e anche se siamo a centinaia di chilometri di distanza, attraverso ogni respiro che facciamo siamo connessi al mare perché l’ossigeno che respiriamo ce lo fornisce lui e la stessa cosa succede con l’acqua. L’acqua che beviamo deriva soprattutto dall’evaporazione dell’acqua marina che poi naturalmente si riversa nelle nostre terre attraverso le precipitazioni. È importante sottolineare che ovunque siamo la nostra esistenza dipende ed è legata al mare, ma il futuro del mare, la sua salute, dipendono dalle nostre azioni.

Chiamiamo il nostro Pianeta “Terra” ma sarebbe più giusto chiamarlo “Pianeta oceano” visto che per oltre 70% è ricoperto di acqua. Ma perché noi studiamo di più la Luna, i Pianeti, Marte, e conosciamo solo poco più del 5% dei fondali, degli ecosistemi marini, delle nostre coste, vista l’importanza fondamentale degli oceani nel ciclo della vita?

Intanto, per fortuna, siamo arrivati al 20%. E questa è una buona notizia, almeno. Però effettivamente è assurdo avere mappe più dettagliate della Luna, di Marte che dei fondali oceanici. Quando ho scoperto questa cosa mi sono detta che avrei dovuto vederci chiaro. E allora, siccome io sono un appassionata lettrice di polizieschi, ho fatto come mi insegnano i detective: follow the money, cioè vai a seguire i fondi, i soldi e ho scoperto che con il budget che viene dato alla Nasa in un anno, l’esplorazione oceanica potrebbe lavorare per 1.600 anni. Quindi questo ti fa capire subito perché effettivamente abbiamo mappe più dettagliate di Marte che dei fondali oceanici. Stiamo un po’ recuperando per fortuna. Come dicevo nel giro di qualche anno siamo passati dal 5% al 20%, ma dobbiamo fare ancora un po’ di strada. Anche perché effettivamente nei fondali oceanici si nasconde un tesoro per l’umanità.

Come siamo messi con quelle che chiama le “tre sorelle cattive”?

Le tre sorelle cattive sono le conseguenze della crisi climatica sull’ambiente marino: l’aumento delle temperature, la deossigenazione delle acque e la cedificazione delle acque dell’oceano. Questo è un po’ il prezzo che stiamo pagando nei confronti dell’oceano che è il nostro più grande alleato nella lotta alla crisi climatica. Infatti assorbe circa il 93% del calore in eccesso trattenuto in atmosfera dai gas. Se non ci avesse fatto questo servizio la temperatura del nostro Pianeta e della nostra atmosfera in questo momento sarebbe in media di circa 36 gradi superiore! Abbiamo registrato un aumento delle temperature fino a oltre 2.000 metri di profondità. L’acidità, il ph del delle acque del mare è cambiato, l’asticella del ph si sta spostando verso l’acido con un’intensità una frequenza e una velocità che non si vedevano da 14 milioni di anni e sono quadruplicate le zone morte prive di ossigeno, proprio per una conseguenza anche qui dell’aumento delle temperature, causato da una stratificazione tra le acque superficiali più ricche di ossigeno e più calde con quelle invece di profondità che sono più fredde e più povere di ossigeno. Questa stratificazione costituisce una barriera per il riciclo delle acque. Quindi lo inibisce e per questo sono aumentate in maniera considerevole queste aree dove manca l’ossigeno, che è invece fondamentale per qualsiasi specie vivente. Queste sono le tre sorelle cattive e purtroppo non stiamo migliorando da questo punto di vista.

Un’ultima domanda (che nasce dall’esperienza personale): ho viaggiato moltissimo per lavoro e mi sono reso conto che sono le donne (penso a Diane Fossey, la prima che mi viene in mente) che si occupano del nostro Pianeta, cioè della salvaguardia degli ecosistemi, degli animali e degli oceani. Perché?

Intanto mi fa molto piacere che abbia notato questa cosa ma io penso che siamo una grande comunità. Ho fatto due podcast sul ruolo delle donne nel mondo scientifico. Uno è 21st Century Mermaids: sono interviste a ragazze che lavorano nel contesto della conservazione dell’ambiente marino, ma anche in ambito archeologico, nell’ingegneria ma sempre nell’ambito marino. L’altro è Elements che attraverso la voce di cinque donne racconta gli elementi naturali. Sono scienziate e divulgatrici, io ho visto sempre nel femminile anche una forza vitale. Che forse è un po’ la forza di cui abbiamo bisogno in questo momento per reagire a queste sfide con determinazione, ma anche con passione. Penso che nella donna ci sia anche un senso di responsabilità che va al di là del proprio interesse, pensa agli altri, alla collettività a chi genera. Credo che la risposta sia in questi aspetti.

Sono profondamente convinta però che ognuno di noi abbia un ruolo da giocare. Se lavoriamo insieme possiamo fare la differenza, quindi indipendentemente dal genere o dal ruolo sociale che svolgiamo. È una rivoluzione culturale, tutte e tutti devono esserne parte integrante.

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