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Carnevale di Rio: quando la storia si riscrive ballando

Il Brasile è un Paese grandissimo con un carnevale grandissimo. A Rio de Janeiro, le scuole di samba sfilano e mettono in scena quello di cui i libri di storia non parlano
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17 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

Maschere, coriandoli, facce colorate e cuori in festa. Questa settimana, in ogni angolo di terra, grandi e piccoli hanno festeggiato il Carnevale. Dalle signore imparruccate a quello di Venezia alle fanfare del mardi gras di New Orleans, è dall’antichità che gli umani riscrivono le regole del mondo durante la settimana che precede la Quaresima. Stiamo così bene, truccati, travestiti e mascherati durante il Carnevale, che c’è da chiedersi se non è la sola settimana dell’anno in cui siamo davvero noi stessi…

Se c’è, però, un luogo nel mondo che, durante il Carnevale, si trasforma più degli altri in una gigantesca festa mobile, quello è il Brasile. Il Brasile è il Paese più grande dell’America Latina. Lì c’è la più grande foresta del mondo, la Foresta Amazzonica, una delle città più grandi del mondo, São Paulo, e il più grande Carnevale del mondo.

Ogni città e ogni villaggio di questo Paese grandissimo - che si estende su quasi 9 milioni di chilometri - organizza feste e sfilate, che si chiamano blocos, con tante persone che ballano e cantano marchinhas.

In Brasile, i carnevali più famosi sono quelli di Salvador, Recife e Olinda. A noi stranieri, invece, piace il carnevale di Rio de Janeiro. Qui, oltre ai blocos per le strade, c’è un’enorme sfilata dentro un posto molto speciale, una specie di stadio lungo lungo che si chiama sambodromo.

Ogni anno, 12 scuole di samba sfilano per vincere il primo premio. Ognuna ha più o meno un’ora per percorrere i 700 metri del sambodromo e mostrare il proprio enredo, un tema deciso l’anno prima poco dopo il Carnevale appena concluso. In un anno, i membri della scuola costruiscono i giganteschi carri allegorici e mettono a punto le coreografie e centinaia di costumi. Ogni scuola ha varie ali con ballerini e musicisti: c’è la commissão de frente che apre le danze, le passistas, che ballano il samba no pé, le baiane, la bateria, un’incredibile orchestra di percussioni preceduta da una bellissima regina.

Quando noi stranieri vediamo la sfilata al sambodromo, siamo colpiti dall’esplosione di forme e colori dei carri allegorici, dal tremolio di ballerine e ballerini, dai costumi luccicanti e allegri, dal ritmo forsennato dei tamburi. Quelle che non vediamo subito però sono le storie che ognuna di queste scuole racconta.

Sai, i libri di storia raccontano sempre le cose a metà, un po’ come io ti racconto sempre le cose a metà. Ognuno parla sempre e solo dal suo punto di vista. I libri di storia sono spesso stati scritti dai maschi, dagli Europei che hanno solcato i mari e conquistato terre senza preoccuparsi di chi ci vivesse prima del loro arrivo. Il Carnevale di Rio permette di “leggere”, attraverso i canti e le danze, le storie del Brasile che non si leggono mai.

Quest’anno, per esempio, la scuola di samba Salgueiro ha organizzato il suo enredo intorno allo Yanomami, un popolo originario del Brasile (e cioè presente in Brasile da ben prima che arrivassero i coloni portoghesi) che, negli ultimi anni, è stato vittima di una grandissima crisi umanitaria.

Oppure c’è stata la scuola Portela che ha dedicato il suo enredo a un libro chiamato Defeito de cor, « difetto di colore », della scrittrice Ana Maria Gonçalves, l’ottava donna nera a pubblicare un libro in Brasile, neanche vent’anni fa. La scuola ha reso omaggio alle madri nere e al loro ruolo importantissimo nella società brasiliana. Su uno dei carri, c’erano 16 mamme che hanno perso un figlio o una figlia a causa della violenza. Una di queste, la signora Marinete, era la mamma di Marielle Franco, una politica bravissima che è stata uccisa nel 2018 da amici dell’ex-presidente brasiliano. Dopo la sfilata, il libro è finito in tutte le librerie!

Poi c’è stata la scuola Paraíso do Tuiuti, che ha messo in scena la revolta da Chibata, un importante ammutinamento in cui i marinai neri, capeggiati da João Cândido, si opposero alle botte che prendevano dai marinai bianchi per il solo fatto di essere neri. Sul carro, l’eroe João Cândido è stato interpretato un rider nero che l’anno scorso è stato preso a colpi di guinzaglio da un’orribile signora bianca.

Come vedi, la storia passa ma spesso si ripete…

La scuola vincitrice si chiama Viradouro e il suo bellissimo enredo era dedicato al culto del serpente delle guerriere Mino del regno Daomé, nell’attuale Benin, culto che poi è arrivato fino Bahia e fa parte del patrimonio delle religioni afrobrasiliane.

Dappertutto nel mondo, ma in Brasile si vede meglio, il Carnevale è una festa che non è solo una festa. È una festa che sembra lì per farci dimenticare le ingiustizie ma serve proprio a ricordarcele. È lì per ricordarci di tutte le storie che non sono entrate nei libri di storia ma che fanno sempre in tempo a farlo. È lì per ricordarci che siamo vivi e che, se siamo vivi, dobbiamo essere giusti.

Come hanno cantato i membri della scuola Salgueiro in lingua yanomami: «Ya Nomaimi! Ya Temi Xoa!» («Io non muoio! Io sono ancora vivo!»)

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