Diritti

Una statua per Marielle Franco

Politica e attivista brasiliana per i diritti umani, ha ispirato donne e nuove generazioni. Oggi, in quello che sarebbe stato il suo 43esimo compleanno, Rio de Janeiro la celebra con una statua
Un murale nel centro di Rio de Janeiro dedicato a Marielle Franco
Un murale nel centro di Rio de Janeiro dedicato a Marielle Franco Credit: FABIO MOTTA/ESTADAO CONTEUDO
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27 luglio 2022 Aggiornato alle 15:00

La prima volta che andai a trovare Marielle Franco nel suo ufficio, era ancora coordinatrice della Commissione per la difesa dei diritti umani e della cittadinanza. Ci avevano presentate amici in comune perché entrambe svolgevamo una ricerca accademica sullo stesso argomento: le UPP, Unidades de Polícia Pacificadora, un programma del Governo dello Stato di Rio de Janeiro per introdurre il concetto di polizia comunitaria nelle favelas della città. Nel 2012 eravamo in moltə a occuparcene per capire dove avrebbe potuto portare e a cercare di rivelarne eventuali falle o punti di forza.

Quando arrivai al suo ufficio, Marielle stava ricevendo la famiglia di un poliziotto ucciso in una sparatoria. Lì per lì mi parve un atteggiamento strano da parte della coordinatrice della commissione per diritti umani, quegli stessi diritti che la polizia carioca viola ogni giorno. Io stessa, solo qualche giorno prima, avevo assistito al brutale fermo di un ragazzino buttato giù dalla bicicletta da due agenti armati di mitra perché sospettato di aver rubato un cellulare. Quando le chiesi come mai seguisse anche i casi dei poliziotti mi rispose che stava solo ascoltando una madre che aveva appena perso suo figlio.

Quanto fosse rivoluzionario il suo approccio lo capii solo dopo, approfondendo e studiando le dinamiche sociali e il razzismo sistemico nei quali il Brasile è immerso fino al collo. Per moltə giovani delle periferie entrare nelle forze dell’ordine rappresenta l’unica via d’uscita dalla povertà alternativa al traffico di droga e alla delinquenza, in una società che da una parte o dall’altra della barricata li considera solo carne da macello.

Secondo i dati dell’Onu, nel Paese sudamericano unə giovane nerə muore ogni 23 minuti. Marielle questa realtà la conosceva bene: aveva perso un’amica d’infanzia a causa della violenza nelle favelas.

Lei stessa era una donna nera, originaria di una delle aree più povere e complicate della città di Rio, il Complexo da Maré, congiunto di favelas che ospita oggi circa 140.000 persone. Era una donna, una ragazza madre, era bisessuale. Incarnava nel suo corpo tutte le lotte che ha portato avanti fino alla sua morte. Lotte per la giustizia sociale, contro la violenza dello Stato nei confronti deə suə cittadinə, contro il razzismo, il sessismo, la discriminazione delle persone della comunità LGBTQIA+.

Tutto quello che faceva, Marielle Franco lo faceva con passione. Il suo paradigma guida era quello dalla “politica con affetto”. Il suo corpo era politico e lei lo sapeva. Conosceva l’importanza di esserci, di essere presente tra la gente, di mostrare la sua partecipazione e il suo esempio perché altre donne nere potessero uscire dall’ invisibilità e prendere, nella società e in politica, il posto che spetta loro.

Il 14 marzo del 2018, sei giorni dopo aver affermato la sua legittimità di fronte alla Camera Municipale di Rio de Janeiro con il celebre discorso “Não sarei interrompida” (Non sarò interrotta), una raffica di colpi di pistola ha spezzato la sua vita, tentando di fare lo stesso con il suo progetto politico e le sue lotte.

Oggi, 27 luglio, Marielle Franco avrebbe compiuto 43 anni e proprio in queste ore, nel centro di Rio de Janeiro, viene inaugurata una statua in grandezza naturale in suo onore, simbolo tangibile che nonostante le resistenze reazionarie la lotta continua. Chiunque l’abbia uccisa voleva togliere di mezzo lei e la sua visione politica ma ha ottenuto l’effetto contrario.

«Abbiamo fatto un patto: ci siamo promesse che Marielle era un seme di cui noi saremo statə i frutti. Volendo metterla a tacere, hanno risvegliato migliaia di altre voci in tutto il Paese» dichiara Paula Nunes, esponente della Bancada Feminista e consigliera comunale a São Paulo. Come lei, sono in molte le donne ad aver raccolto l’eredità di Marielle e a portare avanti il suo progetto politico.

Una di queste è la sua compagna di una vita, Monica Benicio che nel 2020 è stata eletta per la carica di consigliera comunale a Rio e l’8 marzo di quest’anno è riuscita a far approvare alla Camera della capitale carioca il Programma Municipale per la Lotta al Femminicidio.

Alle elezioni municipali del 2020 sono state 3.521 le donne a ottenere un seggio, il 22% in più rispetto alle elezioni precedenti. Per la prima volta nella storia del Brasile donne afrodiscendenti arrivano a ricoprire ruoli politici diventando consigliere, prefette e perfino deputate statali come Renata Souza o federali, come Taliria Petrone. Anche persone della comunità LGBTQIA+ hanno guadagnato più visibilità e accesso alla rappresentanza politica. Il 7 ottobre del 2018 l’Assemblea Legislativa dello Stato di São Paulo ha visto l’elezione di Erica Malunguinho, prima deputata nera e trans al mondo.

La presenza di queste donne sulla scena pubblica è fondamentale perché fanno politica e prendono decisioni a partire dalle loro esperienze, dalle loro comunità, portando con sé le istanze della parte più marginalizzata e oppressa della società, e così facendo hanno iniziato a cambiare un Paese storicamente costruito su dinamiche di dominio patriarcale, razzista e classista; dinamiche che ancora sperimentano in prima persona con minacce di morte, insulti e persino un (fortunatamente sventato) attentato alla vita, come nel caso di Taliria Petrone.

Marielle Franco ha tracciato questa strada e l’ha tenuta aperta perché altre donne potessero intraprenderla. Come disse una volta: «Riteniamo che il progetto politico in cui ogni donna ne aiuta un’altra ad avere una vita migliore debba essere realizzato questo potrà accadere solo se le donne che occupano posizioni di potere ne accoglieranno altre e faranno loro posto. Siamo diverse ma non disperse».

Tutte queste donne così diverse si sono unite sotto la guida dell’esempio di Marielle per poter andare avanti, insieme, nella costruzione di un mondo migliore e più giusto, diventando a loro volta guida e ispirazione per altre donne più giovani che si uniranno alla lotta. Come ha affermato Anielle Franco, sorella di Marielle e fondatrice dell’Istituto a lei dedicato, in relazione all’ inaugurazione della statua: «È importante che creiamo riferimenti a chi davvero ha costruito e guida questo Paese, in particolare per le nuove generazioni e per una popolazione, nera e periferica, che ha bisogno di essere riconosciuta e onorata».

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