Futuro

L’AI può aiutarci a capire come impariamo il significato delle parole

L’apprendimento del linguaggio dipende dall’esperienza o da condizioni preesistenti? Per rispondere alla domanda, i ricercatori della New York University hanno addestrato l’intelligenza artificiale con gli stessi dati e stimoli che riceve un bambino
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11 marzo 2024 Aggiornato alle 07:00

Cercare risolvere il mistero di come gli esseri umani apprendono il linguaggio durante l’infanzia è stata una delle sfide che più ha appassionato e fatto discutere gli studiosi e le studiose di linguistica.

Fino a oggi si sono prevalentemente fronteggiati due schieramenti. Il primo è formato da chi ritiene che il cervello umano alla nascita sia una sorta di foglio bianco e che, dunque, l’apprendimento dipenda esclusivamente dall’esperienza. Il secondo invece, in pieno contrasto, sostiene che sarebbe impossibile acquisire il linguaggio senza condizioni preesistenti che ne facilitino l’apprendimento. In questo secondo caso, dunque, il cervello nascerebbe con il “programma” per imparare a comunicare con le parole già preinstallato.

Di recente la disputa, grazie al contributo dell’intelligenza artificiale, ha visto prove a favore della prima ipotesi. Un gruppo di ricercatori e ricercatrici della New York University (Nyu) ha infatti condotto un esperimento (i risultati sono stati pubblicati all’inizio di febbraio sulla rivista Science) in cui un modello di AI è stato “addestrato” con gli stessi dati e stimoli che riceve un infante durante il suo processo di apprendimento.

L’AI ha imparato guardando il mondo proprio attraverso gli occhi di Sam, il bambino australiano coinvolto nello studio che per un’ora a settimana, per 19 mesi, ha indossato una videocamera frontale che registrava tutto quello che vedeva e udiva nella sua vita quotidiana. Le 61 ore di filmati, che includevano circa 37.000 frasi degli adulti di riferimento di Sam mentre gli insegnavano a riconoscere parole e oggetti, sono state poi “date in pasto” a un modello AI programmato solo per riconoscere la connessione tra immagini e parole che apparivano contemporaneamente, ma non per creare relazioni di significato.

I risultati dello studio mostrano che, nonostante l’intelligenza artificiale sia stata esposta a un numero non particolarmente rilevante di stimoli (i video, infatti, rappresentavano appena l’1% del tempo di veglia del bambino) e non sia stata in alcun modo pre-programmata per l’apprendimento del linguaggio, l’AI è in grado di assegnare a ogni oggetto la parola corretta, da una lista di 4, nel 62% dei casi (ben maggiore della probabilità matematica del 25%).

L’esperimento sembra dunque avvalorare la tesi di chi sostiene che è l’esperienza l’unico fattore alla base dell’apprendimento linguistico, anche in assenza di schemi preesistenti. La disputa, comunque, è lungi dall’essere risolta. Per ora si è trattato solo di imparare ad associare le parole alle immagini, e i più scettici si stanno già chiedendo se si otterrebbero gli stessi risultati sorprendenti con nomi astratti o in contesti più complessi.

Il modello, per esempio, ha mostrato difficoltà nell’apprendere parole simili usate nello stesso contesto (come nel caso di “hand”, mano, e “sand”, sabbia). Rimane anche da considerare la specificità dei risultati, ottenuti dai dati raccolti da un singolo bambino e quindi difficilmente generalizzabili.

Nonostante i limiti, però, i dati dello studio consentiranno sicuramente un avanzamento nel dibattito e potranno aprire nuove affascinanti strade da percorrere per arrivare più vicino a comprendere meglio come funziona il nostro cervello. Inoltre, non è da sottovalutare la portata che potrebbe avere nel mondo dell’AI.

Fino a oggi il modo di apprendimento di modelli come ChatGPT era lontanissimo dal nostro: una persona avrebbe bisogno di centinaia di migliaia di anni per processare la mole di testi che vengono forniti agli algoritmi. L’esperimento della Nyu ha mostrato la possibilità di un altro approccio che potrebbe rendere l’AI più simile a noi, più umana.

Entusiasmante o inquietante? Potrà dircelo solo il futuro.

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