Diritti

Linguaggio disumanizzante: quali sono gli effetti?

Moltissimi studi internazionali mostrano come le persone che utilizzano metafore o insulti animali tendono a essere più inclini a discriminare gli altri
Credit: DeepMind 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
3 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

Animali (umani), bestie sadiche, disumani. Nelle ultime settimane abbiamo sentito utilizzare più volte questi termini. «Una caratteristica importante con cui tutto questo si combina, nella retorica che permette ai civili di essere disumanizzati e uccisi sia da Hamas che da Israele, sono le affermazioni secondo cui i civili non sono realmente civili - ha spiegato alla Bbc Emma Briant, professoressa associata di notizie e comunicazione politica alla Monash University di Melbourne - Entrambi hanno fatto questa affermazione. Hamas lo ha fatto su Al Jazeera, sostenendo che i coloni nei territori occupati non sono realmente civili. Israele ha ripetutamente confuso il popolo palestinese con Hamas. Nella propaganda, spesso la creazione di campi “noi” e “loro” basati sui valori fondamentali precedono la retorica della disumanizzazione, quindi siamo già predisposti a un’ideologia di esclusione e sfiducia».

Anche prima della “guerra totale” dichiarata da Israele alla Striscia di Gaza in seguito agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, però, il linguaggio disumanizzante è stato una realtà costante. Alcuni minimizzano, ma come ricorda la Bbc in un lungo articolo dal titolo The harm caused by dehumanising language, le ricerche dicono che dovremmo essere tutti iper-vigilanti sulle parole che usiamo e sentiamo.

«I gruppi vittime di odio, disprezzati e diffidenti sono spesso descritti in modi disumanizzanti, sia palesemente attraverso metafore animali che più sottilmente usando descrizioni meno umanizzanti tipicamente umane - ha affermato Nick Haslam, professore di psicologia alla University of Melbourne in Australia - Ci sono sorprendentemente poche prove che il linguaggio disumanizzante causi un comportamento violento, ma molte prove dicono che lo accompagna». Cosa significa? Che le persone che utilizzano un linguaggio disumanizzante sono più inclini a trattare male gli altri.

Per esempio, secondo uno studio condotto dagli psicologi Florence Enock dell’Alan Turing Institute e Harriet Over della University of York, l’uso degli insulti animaleschi (come “serpenti” o “scarafaggi”) per indicare un gruppo di persone è in grado di modificare la percezione della desiderabilità sociale e aumentare la disponibilità delle persone a accettare che venga fatto del male a chi appartiene a questi gruppi.

Un risultato che si parla con quello di uno studio della University of Kent del 2013, secondo cui più i partecipanti cristiani associavano parole disumanizzate in relazione ai musulmani, maggiore era la loro disponibilità dichiarata a sostenere la tortura dei prigionieri di guerra musulmani. Quando, invece, i ricercatori avevano sottoposto ai partecipanti cristiani un testo sulla cultura musulmana che conteneva parole che descrivevano qualità unicamente umane come “passione” e “ambizioso”, questi erano meno propensi a scegliere in seguito parole disumanizzanti e a sostenere l’uso della tortura.

Ma sono moltissimi gli studi che vanno in questa direzione, come quello che ha scoperto che il confronto tra gli immigrati e i parassiti o le malattie porta ad atteggiamenti più negativi nei confronti dell’immigrazione; oppure il sondaggio statunitense che ha rivelato che coloro che mostrano pregiudizi razziali nei confronti dei latini potrebbero essere incoraggiati a sostenere centri di detenzione per immigrati a scopo di lucro.

L’effetto della disumanizzazione è più che mai evidente nell’analisi di Adrienne de Ruiter della University Of Humanistic Studies di Utrech, che ha analizzato le testimonianze di Primo Levi e ha scoperto che la disumanizzazione che lui e altri dovettero affrontare nei campi di sterminio nazisti “aveva la funzione di spogliarli, agli occhi delle loro guardie, di eventuali ragioni morali contro i maltrattamenti. Invece di essere letteralmente considerati animali o mostri dai loro perpetratori, erano visti come esseri umani che non contavano”.

Questo studio però, ha una particolarità: quella di aver mostrato come un gruppo di persone possa essere contemporaneamente disumanizzato e umanizzato. “Gli studiosi hanno notato che si dice spesso che le atrocità di massa, come i massacri e il genocidio, possono aver luogo solo dopo che le vittime sono state prima disumanizzate - ha spiegato la ricercatrice - Tuttavia, uno sguardo più attento al modo in cui i presunti autori di disumanizzazione trattano effettivamente le loro vittime rivela che i primi non sembrano sempre considerare le seconde come completamente meno che umane”. La disumanizzazione deve essere intesa come qualcosa di molto più ampio degli insulti animaleschi o dell’oggettivazione, si tratta di “un fondamentale misconoscimento morale” che va ben oltre il linguaggio.

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