Diritti

Albania, aborti selettivi: “mancano” 21.000 bambine

La cultura patriarcale spinge le famiglie a volere un figlio maschio. Per questo, molte gravidanze vengono interrotte quando gli screening prenatali rivelano che il feto è una femmina
Credit: Ilzy Sousa
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
11 marzo 2024 Aggiornato alle 08:00

In Albania “mancano” migliaia di bambine. Almeno 21.000 negli ultimi 10 anni, secondo i dati dell’United Nations Population Fund (Unfpa) riportati in un articolo di Agence France-Presse (Afp). Questo è il risultato di anni di aborti selettivi, in una Nazione in cui nel 2020 continuavano a nascere 111 maschi ogni 100 femmine. La causa? È sempre la stessa: la cultura patriarcale, che spinge le famiglie a riporre le proprie speranze in un figlio maschio e, quindi, a impedire che le femmine vengano al mondo.

Quello degli aborti selettivi non è una novità. Già nel 2012 la giornalista Marjola Rukaj aveva scritto, riportando le parole di una sociologa attiva nel campo dei diritti delle donne, “non è un problema nuovo nella società albanese. Nel sistema patriarcale tradizionale si pensa che le figlie nascano per essere date al marito, e quindi siano in qualche modo esterne alla famiglia. E tradizionalmente non portano il cognome di famiglia. Se una famiglia ha solo figlie femmine, si dice che la famiglia si estinguerà”.

Per questo, quando i genitori scoprono che il feto è di sesso femminile, molto spesso la decisione è quella di interrompere la gravidanza. Secondo una ricerca delle Nazioni Unite, circa un quarto delle famiglie che hanno già una figlia femmina ha dichiarato che sceglierebbe di abortire piuttosto che avere un’altra bambina.

I figli sono una fonte di protezione e sostegno, “un bisogno rafforzato dalle incertezze del contesto economico e sociale dall’uscita dal comunismo all’inizio degli anni ‘90”, ricordava già nel 2012 il rapporto Sex Imbalance in Birth in Albania. Negli ultimi decenni, però, la probabilità di rimanere senza un figlio maschio è notevolmente aumentata a causa del declino della fertilità: i genitori, quindi, sono ancor meno disposti che in passato ad avere figlie femminine (non volute) in attesa del maschio che potrebbe non arrivare. A questo si aggiunge la modernizzazione rapida delle attrezzature riproduttive disponibili, lo sviluppo del sistema sanitario privato e la liberalizzazione dell’aborto, che hanno consentito ai genitori ricorrere ai moderni metodi di selezione prenatale del sesso.

Tra il 2000 e il 2020, l’Albania era la quarta Nazione al mondo per differenza tra le nascite di ragazze e ragazzi. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando, soprattutto grazie all’aumento dell’istruzione e campagne di sensibilizzazione. Il fenomeno però persiste, con tassi superiori alla media europea (1.058) e biologica (104/105 maschi ogni 100 femmine).

L’aborto, che nel Paese è legale dal 1995, è consentito fino alla 12° settimana di gestazione. Interrompere la gravidanza per motivi legati al genere del feto non è possibile, ma la disponibilità di screening prenatali che permettono di conoscere il sesso cromosomico del feto a 7 settimane con un accuratezza del 90% rende molto difficile arginare il problema: come provare che si vuole abortire proprio per la doppia X?

Passate le 12 settimane, ricorda lo studio del 2023 Gender Gap, Intra Household Bargaining and Sex Selective Abortion in Albania, “la procedura può essere eseguita illegalmente in cliniche private in tutto il Paese, senza prove o segnalazioni alle autorità” oppure ottenendo una giustificazione medica da parte di uno specialista, specificando un motivo legalmente accettabile affinché l’aborto sia consentito.

Secondo i rapporti sulla corruzione in Albania, ricordava ancora Rukaj, i medici risultano essere tra le categorie più corrotte del Paese, il che renderebbe piuttosto facile dimostrare che l’aborto è necessario a causa di patologie fisiche o per la salute mentale della donna.

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