Diritti

Italia: cresce la crisi abitativa, ma più di 10 milioni di case sono sfitte

Ogni giorno, circa 150 famiglie vengono sfrattate: le più colpite sono quelle in affitto che vivono in una condizione di povertà assoluta (quasi 900.000). L’assegnazione delle abitazioni popolari fatica a compensare il numero di richieste
Credit: Carlo Villarica 
Tempo di lettura 4 min lettura
26 febbraio 2024 Aggiornato alle 11:15

In Italia ci sono circa 10,7 milioni di abitazioni sfitte su 36 milioni censite, un numero che secondo l’Istat è destinato a crescere di fronte al calo di natalità. Tuttavia il disagio abitativo nel Paese è in aumento: nel 2022 sono stati emessi 42.000 provvedimenti di sfratto e circa 150 famiglie ogni giorno continuano a perdere la casa, spesso senza che ci sia un intervento pubblico di presa in carico delle loro fragili condizioni economiche, sociali e sanitarie.

Lo scorso anno la Cgil ha denunciato un aumento degli sfratti per morosità, saliti a 34.000, e una forte crescita degli sfratti per necessità del locatore (+75,9%) e per finita locazione (+22,4%). Si tratta di altri 8.000 sfratti in un anno che in molti casi hanno permesso ai proprietari di destinare gli immobili ad affitti brevi a scopo turistico, più redditizi rispetto agli affitti che pagherebbero i residenti con un contratto di locazione.

A essere più colpite, sono le 890.000 famiglie in affitto che vivono in una condizione di povertà assoluta, ovvero coloro che non possono sostenere spese minime quotidiane, a cui si aggiungono altre 650.000 nuclei con redditi bassi che sono in attesa di ricevere una casa popolare a canone sociale. Senza contare i quasi 240.000 studenti universitari, nella maggior parte dei casi fuori sede, in grave difficoltà a pagare l’affitto di una stanza.

Tra le forme di sostegno pubbliche attive per garantire un tetto a chi ne ha bisogno, l’assegnazione delle case popolari a livello nazionale fatica a compensare il numero di richieste. Nel rapporto annuale sull’emergenza abitativa in Italia realizzato da Cgil, Sindacato Nazionale Unitario Inquilini e Assegnatari (Sunia) e l’Unione degli universitari (Udu), si osserva che “l’edilizia residenziale pubblica è insufficiente a rispondere alla domanda abitativa delle famiglie più disagiate: la percentuale di alloggi assegnati in rapporto alle richieste presentate presso i Comuni è mediamente inferiore al 5%”.

Se i dati mostrano che l’incremento delle richieste di sfratto è aumentato in modo trasversale da Nord a Sud, il numero di case vuote riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove il 36% degli alloggi non è abitato. A livello comunale, le rilevazioni Istat risalgono al 2019 e mostrano che (tra le città più grandi del Paese) a Roma era inabitato l’11,5% delle abitazioni, a Milano l’11,9%, a Bologna il 12%, a Torino il 18% e a Napoli il 20,3%.

In alcuni casi i cittadini si sono fatti avanti. Oltre alla petizione di iniziativa popolare Per il diritto all’abitare promossa dal Sunia, che chiede maggiori fondi per il sostegno all’affitto e una regolamentazione del mercato degli affitti brevi, in alcune città gli abitanti hanno dato vita a campagne che propongono la restituzione ai Comuni di alloggi inutilizzati per garantire il diritto all’abitare.

È il caso della campagna Senza casa non c’è salute lanciata a Roma nel 2021 da alcuni movimenti e sindacati per ​​limitare gli sfratti, favorire il riuso del patrimonio edilizio già costruito e tassare gli alloggi non abitati. O della più recente campagna nata a Torino Vuoti a rendere, sostenuta da un coordinamento di cittadini e organizzazioni sindacali, ambientaliste e universitarie tra le altre, che vedono nella lotta allo sfitto una leva per aumentare il numero di alloggi disponibili in città introducendo nuove tutele per il diritto alla casa.

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